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[l’azzurro è carattere di stampa]
Instaurare omnia in Cristo !
L e t t e r a ===== =====
== == C o n f i d e n z i a l e
Ai Religiosi della Divina Provvidenza:
Ai nostri antichi allievi:
Ai benefattori.
Al caro ch.co Curetti con affetto nel Signore
Don Orione d. D. P.
21 Giugno [1]912
Tortona - Scuola Tipograf. S. Giuseppe
Casa della Divina Provvidenza
1912
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Carissimi in Gesù Cristo,
Il 19 aprile di quest’anno sarà giorno di eterna
ricordanza. Erano le ore 12, quando fui introdotto dal
nostro Santo Padre Pio X, in udienza privata.
Egli era là, tutto bianco e sorridente, nel suo
studio, in piedi, avanti al tavolo di lavoro, che mi
guardava collo sguardo pieno di amore dolcissimo. Io
sentivo un grande bisogno di prostrarmi ai suoi piedi
e di ascoltarlo su più cose, benché lo avessi veduto
solo dal giovedì santo, 4 aprile, quando aveva otte-
nuto di ascoltarne la Messa, e soddisfare ad un mio
vivo desiderio di far la Comunione pasquale dalle
sue mani venerate. Mi sono dunque inginocchiato
avanti a lui con tutto l’amore di figlio, baciandogli
affettuosissimamente il piede e la mano. Il Papa
sedette, e con tutta la bontà di padre volle farmi
sedere vicino, ed essere informato, e con molto affetto
domandò notizie anche assai particolareggiate della
nascente Congregazione. Egli si degnò anche ora,
come sempre, mostrare uno speciale amore verso la
Piccola Opera della Divina Provvidenza, e qui pure
si vede l’umiltà grande del Vicario di nostro Signore
Gesù Cristo. Io era tutto confuso a tanta affabilità; ma
ho potuto riferire quello che voi, o miei carissimi
fratelli: sacerdoti, eremiti, chierici e coadiutori, fate
con l’aiuto che ci dà la Provvidenza del Signore; e
osservava che il Santo Padre si commoveva gran-
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demente, e si interessava della nostra piccolezza, caro
Santo Padre! - del nostro nulla, e ad ogni buona
notizia sorrideva come chi ascolta cosa che gli piace,
e se ne rallegra in Dio.
*
Egli parlò anche d’un’opera assai importante e
desideratissima da lui, da compiersi in Roma, fuori
Porta S. Giovanni Laterano: opera non solo di culto,
ma di tutto un lavoro pratico di formazione cristiana
e per la gioventù, e a bene religioso, morale e civile
d’una intera e considerevole popolazione: Fuori Porta
S. Giovanni, ancora qualche anno fa, non c’era al-
cuna chiesa aperta al culto, mentre la popolazione
cresceva ogni dì più, e tocca forse oggi i diecimila
abitanti. Per circa due chilometri la via Appia Nuova
è fiancheggiata da ville e da osterie, da case popo-
lari e anche da alcuni palazzoni che sono veri vivai
umani.
Un giorno, (era il 9 dicembre 1906), il S. Padre mi
disse: «Sai che fuori Porta S. Giovanni, si è quasi
come in Patagonia? Vedi, là molti sono cristiani per-
ché da piccoli li hanno portati a battezzarli in San
Giovanni Laterano; ma, nel resto, c’è tutto da fare».
Qualche tempo prima un Arcivescovo dell’Ame-
rica aveva chiamato la Piccola Opera della Provvvi-
denza al Brasile per affidarle una immensa plaga da
evangelizzare. Il Signore permise allora che non si
andasse, ed ecco che il Santo Padre designa la nostra
missione alle porte stesse di Roma, e poscia l’altro
lavoro che voi sapete, dopo il terremoto.
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Per la bontà e l’aiuto di sua Eminenza rev.ma
il signor Cardinale Respighi, Vicario di sua San-
tità, e rev.mo Mons. Faberi, assessore del
Vicariato, si potè affittare un locale a un chilometro
dalla Porta. Una doppia rimessa da cavalli venne
ripulita e trasformata in chiesuola provvisoria, e
aperta al pubblico. Si cominciò con gli Esercizî Spi-
rituali, che dapprima vennero disturbati da ulcuni male
intenzionati, i quali, per ispirito settario, non volevano
vedere i preti: oggi vi sono là quattro sacerdoti che
lavorano e non possono far tutto, e altri operai
evangelici, pieni di buona volontà e di salute, si
stanno preparando per andare a sviluppare con essi
altro lavoro. Già si fanno all’anno dalle dieci alle
dodici mila Comunioni che vanno a formare il fondo
spirituale di altro lavoro che verrà: si istituì un
Circolo giovanile: la Compagnia dei luigini: la fio-
rente Unione delle madri cristiane: e si pubblica
anche un bollettino quindicinale «La Croce!».
Ora sorgerà in quei pressi, per munificenza del
S. Padre, una bella chiesa che sarà parrocchia, e che
lo stesso S. Padre, interrogato da me un giorno, come
desiderava che si chiamasse, disse: «Si chiami la chiesa
di Ognissanti».
Vicino alla chiesa mi pare che la divina Prov-
videnza si degnerà far sorgere un ampio oratorio
popolare a bene della gioventù tanto insidiata nella
fede e nei buoni costumi; annesse vi saranno le opere
parrocchiali specialmente pei padri di famiglia e per le
organizzazioni operaie cristiane: si apriranno scuole
serali e di religione: vi sarà la biblioteca del popolo:
vi sarà il teatrino, poi un bel cinematografo e quanto
occorre ai giorni nostri per fare un po’ di bene e
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per salvare le anime. A questo santo fine è inutile
vi dica che mi rivolgerò fidente a chiedere l’aiuto
spirituale e materiale di tutti i miei benemeriti amici
e Cooperatori della Provvidenza, poiché non vi na-
scondo che, per quest’opera voluta dal Papa e di
supremo bene per migliaia e migliaia di anime, occor-
rerà, o cari miei benefattori, denaro e molto denaro;
ma il denaro la Provvidenza del Signore lo manderà
anche per mano vostra. Intanto pregare e lavorare
bisogna, e pregare e lavorare in Domino: senza diffe-
rire e senza interruzione: con alacrità e insieme con
pace di spirito, e da tutti che vogliono aiutarci: che
vogliono salvare anime: e da ciascuno, secondo la
grazia di Dio e le sue forze.
*
Anime e anime! ecco il nostro sospiro e il nostro
grido: Anime e anime! E lavorare con umiltà, con
semplicità e fede, e poi avanti in Domino, senza
turbarci mai: avanti con fiducia che poi Dio fa tutto:
Egli, che solo conosce le ore e i momenti delle sue
opere, e ha tutti e tutto nelle sue mani! Avanti con
fede vivissima, con confidenza intera e filiale nel
Signore e nella sua chiesa, poiché è ben povero
quell’uomo o quella umana istituzione che si crede
di fare!
È il Signore che fa, e nisi Dominus aedificaverit
domum, in vanum laboraverunt qui aedificant eam!
Su più cose avevo dunque bisogno di conoscere
chiara la volontà di Dio, e perciò, quando mi trovai
avanti al Santo Padre, senza lasciare la riverenza
somma che gli si deve, fatto animoso dalla sua bontà
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ho aperto al Papa l’animo mio, esponendogli tutto
ciò chemi pareva dovergli dire. E la parola del
Vicario di Gesù Cristo venne chiara, precisa e piena
di fede e di paterna bontà.
O Dio mio! che dolcezza è mai parlare col no-
stro S. Padre Pio X! Egli ha le parole di vita eterna.
Quanta serenità e purissima fiducia nel Signore è mai
nel cuore del Papa! Quanta divina luce lo guida
nel governo della chiesa!
Se, prima di andare a lui, in certe cose cam-
minavo quasi nel buio, come già dissi, dopo essermi
posto ai suoi piedi, quasi bambino, mi parve in un
subito che la dolce luce di Dio piovesse sopra di me
così da vincere e fugare ogni tenebra, e che essa
andasse crescendomi soavemente sull’anima, e splen-
desse all’interno tanto da trovarmi a camminare nella
luce bella e alta del sole. E non faticavo più a
discernere, ma era quasi condotto, e l’andare m’è ve-
nuta agevole e leggero, e non mi resta che a cam-
minare veloce in quella soave e santa grazia di amore
di Dio e delle anime, umilissimamente, nella esulta-
zione dello spirito, e benedicendo in cuor mio al Signore,
sempre buono e misericordioso.
Cosicché vi confesso, o cari figlioli e benefattori
miei, che questa udienza papale non fu solo dolcissima
gioia per me; ma sento che essa mi ha tutto rinno-
vato in Cristo, e confortato a servire la chiesa, poiché
ha lasciato in me più vivo e possente desiderio di
consacrarmi interamente ad amare Dio e a spargere
nei cuori, specialmente dei piccoli e del popolo, il dolce
amore di Dio e del Papa. Oh le consolazioni ineffabili
che si provano a stare umili e fedeli ai piedi della
chiesa e della sede apostolica!
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*
E qui, o carissimi miei fratelli nel Signore, e
a voi, antichi allievi, e anche a voi, ottimi benefattori
dei nostri orfanelli, che sempre mi avete aiutato con
sì larga carità di cuore e di opere, anche nei momenti
di maggiori angustie e tribolazioni, non debbo tacere
un fatto di capitale importanza, memorabile assai per
la vita e l’avvenire della piccola Congregazione, e
della quale anzi può dirsi il solenne natale.
Come già a me, così a voi tutti, i quali amate la
Divina Provvidenza: siete cresciuti tra le sue braccia
materne, o la servite e soccorrete nei suoi fanciulli
poveri e abbandonati, esso riuscirà di immenso e insu-
perabile gaudio
Benché, nell’atto ch’io sto per parlavene, ho quasi
vergogna, poiché so bene quanto sono miserabile
e, di favore sì insigne, sento dovermi ancora umiliare
avanti a nostro Signore e alla sua e nostra santis-
sima madre: e, mentre ne ringrazierò sempre la bontà di
Dio e del Santo Padre, sono portato ad esclamare:
a Domino factum est istud, et est mirabile in
oculis nostris!
In quei santi momenti adunque, vedendo tanta
confidenza, tanta paterna e divina carità del S. Padre
verso la Piccola Opera, io ho osato domandargli una
grandissima grazia.
E il S. Padre mi disse, sorridendo: sentiamo un
po’ cos’è questa grandissima grazia.
Allora Gli esposi umilmente come, essendo fine
precipuo e fondamentale del nostro Istituto quello di
rivolgere tutti i nostro pensieri e le nostre azioni
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all’incremento e alla gloria della chiesa: a diffondere
e radicare nei nostri cuori in prima, indi nei cuori dei
piccoli l’amore al Vicario di Gesù Cristo, - Lo pre-
gava, dovendo fare i voti religiosi perpetui, di degnarsi,
nella sua carità, di riceverli nelle sue mani, essendo
e volendo essere questo Istituto tutto amore e tutta
cosa del Papa.
E il S. Padre, con quanta consolazione della mia
anima non potrò esprimerlo mai, mi disse subito e
assai volentieri di si. Lo ringraziai, e l’udienza con-
tinuò. Ma, quand’essa era sul finire, domandai a sua
Santità quando credeva dovessi io ripassare per i
santi voti. E allora il nostro Santo Padre mi rispose:
Ma anche subito.
*
Dio mio! che momento fu mai quello!
Mi gettai in ginocchio davanti al Santo Padre:
Gli strinsi e baciai i piedi benedetti: trassi di tasca
un librettino che i piccoli Figli della Divina Provvidenza
conosceranno, e che io già aveva portato meco, pre-
sentendo la grazia: apersi là ov’è la formula dei
santi voti, e dove, avanti, aveva messo già il segno.
Ma, in quel momento sì solenne e santo, ri-
cordai che sarebbero occorsi due testimoni, secondo
le norme canoniche, e i testimoni mancavano poiché
l’udienza era privata.
Allora levai al S. Padre gli occhi, e osai dirgli:
padre santo, come vostra santità sa, ci vorrebbero due
testimoni, a meno che la santità vostra si degnasse
dispensare.
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E il Papa, guardandomi dolcissimamente e con
un sorriso celeste sulle labbra, mi disse:
Da testimoni faranno il mio e il tuo angelo
custode!
Oh felicità di Paradiso! Caro Signore Gesù
come mi avete confuso per quel po’ di amore che,
per grazia vostra, ho avuto a voi e al vostro dolce
Vicario in terra! Siatene benedetto in eterno, o mio
Signore, siatene benedetto in eterno!
Prostrato dunque ai piedi del S. Padre Pio X
come ai piedi stessi di nostro Signore Gesù Cristo:
alla presenza di Dio Padre, Figliolo e Spirito Santo:
invocata la mia dolce Madonna e beatissima madre
nostra, la SS. Vergine Maria, Immacolata madre di
Dio: il glorioso San Michele Arcangelo: il carissimo
mio San Giuseppe e i beati Apostoli Pietro e Paolo,
e tutti i santi e tutti gli angeli del cielo, - ho
emesso i miei voti religiosi perpetui, e una speciale
e solenne promessa: un esplicito e vero giuramento di
amore sino alla consumazione di me e di fedeltà
eterna ai piedi e nelle mani del Vicario di Gesù Cristo.
E due angeli facevano da testimoni, e l’angelo
stesso del nostro S. Padre!
Mi chinai profondamente sino a terra, mentre
il Papa stendeva la sua mano benedicente sulla povera
mia testa, e io la sentiva la benedizione apostolica
scendere e avvolgermi tutto e dentro e fuori, come se
Dio scendesse su di me, mentre la voce soavissima
e santa del Papa continuava ancora in una ben grande
e consolatissima e amplissima benedizione!
O Signore, quanto siete mai buono, caro Signore!
Sia tutto a onore e gloria vostra!
Benedetto sia il Signore per tutti i giorni!
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Confirma hoc Deus, quod operatus es in nobis:
Alleluja!
Miei figlioli, lodiamo il Signore: Alleluja!...
Alleluja!
E la sua misericordia, che dalle nubi discende
sino alle minime creature, confermi quello che egli ha
operato.
Alleluja! - Confitemini Domino, quoniam bonus:
quoniam in saeculum misericordia eius.
Diamo lode al Signore perché è buono, perché la
misericordia di lui è in eterno!
Laudate, pueri, Dominum: laudate Nomen Domini!
- lodate, o fanciulli, il Signore: benedite al nome
Santo del Signore!
Quoniam confirmata est super nos misericordia
eius: et veritas Domini manet in aeternum! - Impe-
rocché la sua misericordia si è stabilita sopra di noi:
e la verità del Signore sta in eterno!
*
E qui mi è dolce ricordare che i primi voti cano-
nici furono emessi nella gioconda solennità di Pasqua,
anniversario della mia prima Messa, nella cappella del
palazzo Vescovile di Tortona, e nelle mani del nostro
Veneratissimo Mons. Vescovo, Igino Bandi. Furono poi
essi rinnovati in Roma, un anno dopo, nella Basilica
di S. Pietro, e all’altare della confessione, giù, alla
cripta e sopra la tomba del beato Apostolo Pietro,
sempre nelle mani del nostro Eccell.mo Vescovo di
Tortona, e in occasione d’una sua visita ad limina
Apostolorum. E furono rimessi là, pel fine suo proprio
che ha l’Istituto.
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La terza volta li ho fatti ancora in Tortona, sempre
nelle mani del nostro ven.mo Vescovo, in luogo un
po’ differente, se volete, dalla Basilica di
S. Pietro, cioè nella nuda e ben squallida cappella
delle carceri, e presenti i poveri prigionieri; nella circo-
stanza che s. Ecc. rev.ma Mons. Vescovo si era pie-
tosamente recato a distribuire la Pasqua ai carcerati.
Domandai di emetterli in quel recinto di dolore e
di infelicità, e perché luogo a me carissimo, ove da
chierico andava, coll’aiuto di Dio, insieme col rev.mo
canonico Ratti, e dove la bontà del Signore mi aveva
largite singolari misericordie.
La Piccola Opera è nata ai piedi di Gesù sacra-
mentato, della Madonna SS. e del Vescovo, e, in
qualche modo, tra quella casa di pena e di miserie
morali e l’ospedale di Tortona. E il Signore da più
anni mi da la dolce consolazione che un nostro caro
Sacerdote abbia la cura spirituale dell’una e dell’altra
Casa di dolore.
Ma più ancora ho desiderato rinnovarli là i santi
voti, perché intendeva così liberissimamente darmi
tutto, e come legato mani e piedi: mente e cuore e
volontà, da vero e dolce prigioniero d’amore, nelle
mani della s. chiesa: intendeva starmene, vivo e
morto, legato ai piedi della chiesa, ai voleri e de-
siderî della chiesa: e, come di me, per divina grazia,
così ho inteso sia di tutti voi, o miei cari figli
nel Signore, e dell’Istituto della Divina Provvidenza:
o che esso non sia!
*
Prima di uscire dall’udienza, ringraziai sua Santità
dal profondo dell’anima, e gli ho protestato che, con
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l’aiuto del Signore, avremmo sempre e sempre pre-
gato per lui e per la s. chiesa: che saremo sempre
con lui! E implorai una benedizione grande com’è
grande il suo cuore, come è il cuore di Dio, non
solo su di me, ma pure su di voi, o cari miei
figlioli della Divina Provvidenza: sacerdoti, eremiti
chierici e coadiutori tutti: su voi, carissimi miei
orfani: su voi, giovani studenti e artigiani: su voi,
cari e piccoli lavoratori delle nostre Colonie agricole:
su voi, miei sempre indimenticabili e carissimi antichi
Allievi di ogni Casa. E il Papa benedisse a tutti, tene-
rissimamente.
E debbo confessarvi che allora il S. Padre mi
prevenne e tolse quasi le parole di bocca, ricordan-
dosi egli di voi, o miei benefattori, o pie e generose
nostre benefattrici. Mi disse di portarvi la sua bene-
dizione, e vi posso assicurare che anch’egli si degnò
fermarsi su di soi e su tutti i nostri con benevolenza
particolarissima. Benedisse con soave effusione a
tutte le opere da noi intraprese, e a tutte le nostre
e alle vostre famiglie.
Comunico pertanto a tutti la più ampia e conso-
lante benedizione apostolica, esortandovi tutti a pregare
fervorosamente pre il Vicario di G. C., e per la sua
preziosa conservazione.
Il S. Padre Pio X sarà sempre il nostro sommo
Benefattore.
Ho voluto baciargli il sacro piede e la mano per me,
e pio anche per voi; e in quell’atto ho rinnovato in cuor
mio per me e per tutti della Provvidenza il nostro giura-
mento grande di fedeltà al Papa, di attaccamento al
Papa: di stare, con l’aiuto del Signore, sempre piccoli
e umili ai piedi del Papa: di ascoltarlo come ci par-
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lasse Dio: e di seguirlo sempre, come dobbiamo
seguire ogni giorno Iddio: di difendere, anche sino
alla morte, la libertà, la indipendenza piena ed effet-
tiva della s. chiesa di Dio: tutti i suoi diritti: i suoi
Vescovi e il suo capo visibile, il padre della nostra
fede e delle nostre anime, il Papa!
E quando ho levato il capo dalla mano del
S. Padre, essa forse gli rimase bagnata di qualche
lagrima soave e dolcissima. E così, coll’anima traboc-
cante di gaudio spirituale, e recitando più di un Te
Deum, sono disceso; e, uscito dal Vaticano, andai in
S. Pietro a sciogliere inni e azioni di grazie alla infi-
nita misericordia del Signore.
Haec dies quam fecit Dominus: exultemus et lae-
temur in ea!
E parevami che anche i nostri carissimi e indi-
menticabili fratelli, i quali tutti si consumarono d’amore
dolcissimo al Papa e alla madre Chiesa e alle anime
in quest’Opera della Divina Provvidenza, e che già ci
hanno preceduti, piccoli agnelli di Dio, nella celeste
Patria, ove speriamo siano, fossero là attorno a me
attorno alla tomba di S. Pietro ad esultare col loro
povero padre! E che vi fossero i loro angeli e i loro
santi coi vostri angeli e i vostri santi, o cari miei
figli! E i due testi angelici fossero là con gli angeli
di tutti i nostri orfanelli e alunni! E che tutti i santi
e beati protettori nostri e delle Case e della Con-
gregazione, e della stessa beatissima madre della Di-
vina Provvidenza si fosse degnata discendere col coro
delle sante vergini e martiri a magnificare insieme il
Signore!
E cosa sarà dunque il Paradiso?
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Ah! che la memoria del nostro S. Padre Pio X
passi benedetta da tutti i piccoli figli della Divina
Provvidenza! Passi benedetta la sua memoria di gene-
razione in generazione! Che tutti si specchino in lui,
mirabile per virtù e per prudenza e per sapienza di
governo! La sua fortezza apostolica sarà singolar-
mente grande, a terrore e confusione dei nemici della
chiesa di Roma, nemici esterni ed interni: e la sua
fede divina e incrollabile, perché fede di Pietro, starà,
a confronto dei veri figli fedeli della chiesa e a salva-
guardia della civile società.
La semplicità e la carità di questo umilissimo e
grande Papa: la sua generosità verso ogni sventura: la
pietà profonda e la divozione sua alla SS. Eucaristia:
la vita pastorale e la perfezione a cui egli vuole edu-
cata l’anima del clero secolare e regolare: l’opera sua
a pro della disciplina ecclesiastica: è sollecitudine illu-
minata, è foco ardente di divino amore.
La Provvidenza ha suscitato in lui, - Papa del
Clero, - a restaurare ogni cosa in Cristo. Da questo
amore, da questa cura quotidiana pel clero, egli
avrà nome grande in terra, e corona più grande in
cielo! E quella sua azione, - che va diritta a Dio e
alle anime - azione ferma e pacifica, modesta e po-
tente, - diffonde già un maggior spirito di fede, e dà
ai popoli una vita cristiana più intensa e pratica.
Deh non sia mai che noi uomini dalla fede
languida! Abbiamo il Papa, e col Papa è la Provvidenza
Divina che sempre sa trarre da ogni male grandis-
simi beni religiosi e sociali. E oggi stesso, mentre
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tutti siamo afflitti per le dolorosissime condizioni fatte
alla chiesa e al suo Vicario, - il celeste agricoltore
già diffonde i semi di una messe di trionfi, destinati a
fruttificare nelle ore delle divine misericordie.
O miei figli, mi pare in questa circostanza di
dovervi aprire il cuore, e dirvi che vedo la chiesa en-
trare negli estremi cimenti. La setta non andrà indietro
e non si fermerà, no: non illudiamoci!
Umiliamoci invece sotto la mano di Dio: bacia-
mola e benediciamola, poiché essa mortifica e vivifica,
deducit ad inferos et reducit!
*
Ma qualunque esse siano le estreme prove che
la podestà delle tenebre, dominante ora nel mondo, si
appresta a tentare specialmente contro del Vicario di
Gesù Cristo, e per fare il deserto attorno a lui, ab-
biamo fede nel Signore che le porte dell’inferno non
praevalebunt!
«Est Deus in Israel: niente ci turbi!» esclamava
il ven.le Don Bosco, in altri terribili momenti per la
chiesa.
Sì, cari figlioli, Gesù Signore è con la sua chiesa,
anima la sua chiesa, e non abbandonerà il suo santo
Vicario nelle mani dei suoi nemici: Gesù nulla ama
più che la libertà della sua chiesa e del suo Vicario.
È venuta però l’ora che tutti prendano posizione
netta: o col Papa in tutto, o contro del Papa! Noi ser-
riamoci umilmente e fortemente attorno a lui, a saldo
propugnacolo del regno di Cristo!
Dobbiamo essere risoluti a dare il cuore, la
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mente, l’anima, il sangue, la vita e tutto pur di fran-
care la chiesa e il suo capo e difenderne la libertà.
La verità e l’infallibilità, racchiuse in un solo
uomo, nel Vicario di Gesù Cristo, non possono essere
in ischiavitù, né in balìa, foss’anche solo apparente-
mente, di alcuna umana potestà. Guai il giorno che
ciò accadesse! Sarebbe giorno di profondissima pertur-
bazione per la cristianità, e di minaccia per l’unità
stessa della chiesa.
Ed è a questo che mirò sempre la setta!
Ma la giornata di Dio, la potenza di Dio non è mai
così vicina, come allora che i nemici della chiesa
ridono di essa perché non la vedono, ridono di essa
perché non la credono, o la pensano così lontana
come se essa non fosse! Allora Dominus prope est!
Del resto chi ha Fede, non abbia fretta, dice il
profeta Isaia: Qui crediderit, non festinet. Il nostro
sentimento, che è cieco e uso a operare colla cele-
rità propria degli istinti, è impaziente di veder la
fine cui vanno a parare gli avvenimenti, e si attedia
per ogni indugio, e i più deboli ondeggiano nel dub-
bio, o cedono.
Niente ansietà, o miei figli, e non dubitiamo mai,
checché avvenga, della fedeltà delle divine promesse.
La Provvidenza di Dio, che alimenta gli uccelli
dell’aria e veste i gigli del campo, provvederà alla
Chiesa: la Provvidenza di Dio, che dal centro della
eternità padroneggia i secoli, non può temere che le
manchi il tempo a compiere i disegni dell’altissimo,
e il trionfo della chiesa.
Riposiamo il cuore abbandonatamente nelle sue
braccia, e lavoriamo e preghiamo - e preghiamo e
lavoriamo: aspettando questo tempo, che sarà quando
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che sia, ma che certamente verrà, poiché l’ultimo a
vincere è sempre Iddio.
*
Ma è necessario, o miei cari, di fondarci bene
negli insegnamenti del Signore, che ci vengono in
securo modo dal Sommo Pontefice, dalle dacre Con-
gregazioni di Roma e dai Vescovi; - e guardarci,
specialmente oggi, dai nemici interni, seminatori di
zizzania e avvocati della morte più che della verità.
Figli della Provvidenza, lasciamoci reggere dalla Prov-
videnza, ma a mezzo della chiesa, che Dio ci ha dato,
e stiamo perinde ac cadaver nelle sue mani. Lasciamoci
guidare, portare, maneggiare ovunque si sia e co-
munque si voglia dalla sede apostolica: questo è lo
spirito e la mente della piccola Congregazione.
Supplichiamo ogni giorno Iddio che non permetta
mai che essa risenta delle massime che sconvolgono
tante teste: di quello spirito funesto di novità, di in-
subordinazione, di superbia nel pensare, parlare ed
operare per cui si pretende dare una smentita ai
Dottori maggiormente stimati e venerati dai cattolici, -
si tenta di screditarli, e quasi si compatiscono, e si tra-
scorre sino ad attentare alla divina costituzione della
Chiesa e a scalzare, se fosse dato, le radici stesse
della nostra santa fede.
Siamo sordi, quando alcuno ci parli senza Papa,
o non esplicitamente in favore del Papa e della sana
ed esatta dottrina della chiesa; costoro non sono
piantagione del padre celeste, ma maligni germogli di
eresia che producono frutto mortifero.
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Quelli che non sono concordi in un solo cuore coi
Vescovi e col successore di S. Pietro, per me sono
colonne sepolcrali e tombe di morti, su le quali sono
scolpiti soltanto i nomi degli uomini vani che por-
tano con ipocrisia il titolo di cattolici. Poiché, come
in realtà essi non partecipano al calice della madre
chiesa e del Vicario di Cristo, così, affetti da malattia
difficilmente curabile, c’è a temersi assai che muoiano
nella impenitenza, e non partecipino alla resurrezione
della vita eterna dell’anima e del corpo nella incor-
ruttibilità dello Spirito Santo, essi che sono i corrut-
tori della pura fede per la quale Gesù Cristo fu cro-
cifisso, - e che vanno macchiando con le molte astuzie
contro la s. chiesa di Roma, madre e maestra di
tutte le chiese, nella quale risiede la pienezza del-
l’autorità fondata sulla terra da n. Signore Gesù Cristo.
*
Miei figlioli nel Signore e amici: amiamo
la s. chiesa, amiamo il Papa e i Vescovi passiona-
tamente. Nati in questi ultimi tempi, tempi di nuovi
pericoli, non cessiamo mai, mai, mai di porgere al
mondo esempi luminosi di affetto sviscerato, di umiltà,
di obbedienza intera, di carità verso la chiesa e il
Papa. Teniamo presente l’angusta povertà a cui è
stata ridotta la sede apostolica: le catacombe morali
che si vanno preparando alla chiesa madre di Roma e
al Papa, - e teniamoci grandemente onorati se ci fosse
dato di fare o patire qualcosa per la santa causa
della shiesa e del Papa, che è la causa di Dio.
Amiamo la s. chiesa con tutta la nostra mente,
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avendo sempre come nostre tutte quante le dottrine
di lei e del suo capo visibile, il romano Pontefice:
i desiderî di lei e del romano Pontefice! Amiamola
con tutto il nostro cuore, come da un buon figlio si
ama una madre, e tal madre, qual’è la chiesa! -
come da un buon figlio si ama un padre, e tal padre
qual’è il S. Padre!
Partecipiamo vivamente alle allegrezze della chiesa
e del Papa: ai dolori, ai timori, alle speranze della
chiesa e del Papa: sentendo in tutto colla chiesa e
col Papa.
*
Il Papa! ecco il nostro credo, e l’unico credo della
nostra vita e del nostro Istituto!
L’Apostolo Paolo, nella 1a ai Corinti, ha detto
anatema chi non ama Gesù Cristo; ma anatema, o
miei figlioli, sarà pure chi non ama il Vicario di Gesù
Cristo, il Papa!
Oh noi beati, se potessimo fare qualche cosa o
patire persecuzione in difesa del Papa! Oh noi più
beati, se Dio ci rendesse degni di dare pel Suo Vicario
anche la vita! Sarebbe un sacro pegno della vita
eterna che il Signore ha promessa e preparata in
Cielo ai suoi servi fedeli.
Noi siamo pochi, piccoli e deboli, ma nostra gloria
o cari figli della Provvidenza, ha da essere che niuno
ci vinca nell’amare con tutte le nostre forze il Papa
e la chiesa, che è la sposa diletta di Gesù Cristo:
la santa e immacolata sposa del verbo umanato. La
chiesa è cosa sua, è l’opera sua, come dice l’apostolo
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S. Giovanni alcap. XVII. Ed essa è anche la madre
nostra dolcissima, e, sino alla fine dei secoli, l’oggetto
delle compiacenze di colui che è la compiacenza del
celeste padre: La Colonna di verità, com’è il termine
ultimo di ogni eterno consiglio.
Niuno dunque ci vinca nella sincerità dell’amore,
nella devozione, nella generosità verso la madre chiesa
e il Papa: niuno ci vinca nel lavorare, perché si com-
piano i desiderî della chiesa e del Papa, perché si
conosca, si ami la chiesa e il Papa. Niuno ci vinca nel
seguire le direttive del Pontefice tutte: senza reticenze e
senza piagnistei, senza freddezze e senza titubanze.
Adesione piena e filiale e perfetta: di mente, di cuore
e di opere - non solo in tutto quanto i Papa, come
Papa, decide solennemente in materia di dogma e
di morale, ma in ogni cosa, qualunque siasi, ch’egli
insegna, comanda o desidera. Niuno ci vinca nelle
attenzioni più affettuose al Papa e nel sacrificarci
e anelare ad ogni giorno e ad ogni ora a renderci
quasi olocausti viventi di riverenza e di amore tene-
rissimo alla chiesa e al nostro dolce Cristo visibile
in terra, il Papa!
«Ci preservi il Signore, vi dirò, o miei figli, con
Ausono Franchi, - il celebre e troppo presto dimen-
ticato autore dell’Ultima Critica, - ci preservi il
Signore dall’arroganza e temerità stoltissima di farci
noi giudici degli ammonimenti e dei precetti del Papa.
Ci salvi dalla diabolica superbia di voler noi regolare,
limitare i sui diritti, i suoi poteri».
«Non spetta a noi di giudicare Chi tiene sulla terra
il luogo di Dio: Chi è il rappresentante sommo della
Sua autorità e l’interprete infallibile della sua parola.
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A noi tocca solamente di credere tutto quanto egli
dice, e di fare tutto quello ch’egli vuole».
« Che il giudizio del Papa sia il criterio dei nostri
giudizî: la sua volontà sia la legge del nostro volere,
e la norma del nostro operare».
E non solo i suoi ordini formali, ma anche i suoi
consigli, i suoi semplici desiderî siano ritenuti sempre
e sempre secondati come la espressione di quello che
piace a Dio, che Dio vuole da noi, e che noi, con
la grazia di Dio, abbiamo da osservare senza discutere.
Il Papa si deve riguardare come il Signore me-
desimo; «quando parla il Papa, parla Gesù Cristo»,
diceva sempre Don Bosco.
Stare in tutto col Papa, vuol dire stare in tutto
con Dio: amare il Papa, vuol dire amare Dio: né Dio
si ama davvero e il sempiterno Pontefice Gesù Cristo,
Figlio di Dio, se davvero non si ama il Papa. Amare
Dio, amare Gesù Cristo, Dio e Salvatore nostro, e
amare il Papa è lo stesso amore.
Il nostro amore, Gesù Cristo, è stato Crocifisso.
Deh! che noi siamo tutti e siamo sempre un cuore,
una mente e un’anima sola nel cuore adorabile di
Gesù Cristo crocifisso, e crocifissi insieme con Lui!
Il nostro amore, il Papa, è moralmente crocifisso.
Deh! che noi siamo tutti e sempre un cuore, una
mente e un’anima sola nel cuore della Chiesa, che
è il Papa: sul calvario con lui: crocifissi insieme
con lui!
Gesù si ama in croce, o non si ama affatto,
diceva il ven.le padre Ludovico da Casoria; e del Papa
è la stessa, identica cosa: il Papa si ama in croce:
e chi si scandalizza della umiliazione cui è ridotto,
chi non lo ama in croce, non lo ama affatto.
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E più che mai in questi tempi malaugurati nei
quali la chiesa è lacerata con istrazio crudele delle
sue viscere, adoperiamoci, o miei figlioli e amici, a
lenirne, come meglio ci è dato, i dolori, studiandoci
di essere a tutti esempio e modello di virtù, affinché la
nostra vita e tutte le nostre operazioni attestino di
qual madre siamo noi generati, - e la chiesa e il
Vicario di Gesù Cristo di noi, benché sì poveretti,
abbiano sempre a compiacersi e si onorino.
E così, e solo così, sarà con noi la benedizione
di Dio!
Il Signore ci guardi e abbia misericordia di noi:
e la benedizione del Signore sia sopra di noi, pegno
della futura nostra resurrezione e dell’eterna beati-
tudine.
*
O Santissima Vergine, Madre di Dio, o dolce
Madonna mia, aiutateci voi che siete anche la madre
nostra!
Siamo i più piccoli servi del vostro divin figlio
Gesù: siamo i figli più piccoli della sua chiesa:
siamo i vostri più piccoli, o dolcissima madre di mise-
ricordia!
Confidiamo in voi: siamo tutti vostri: siamo tutti
nelle vostre mani: aiutateci, Santissima Vergine! -
custoditeci, benediteci, cresceteci nell’amore del vostro
Divin Figliolo e del suo santo Vicario in terra, il
Papa.
Guardate a Gesù vostro e alla chiesa, che è
l’Opera sua, ma che è pure vostra: guardate alle nostre
anime, per le quali avete confuse le vostre lagrime
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col sangue di nostro Signore crocifisso, o cara Ma-
donna nostra, speranza nostra, o madre nostra!
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Quando mi alzai dai piedi benedetti del Papa, ed
ho levato lo sguardo su lui, ho veduto che la fede nel
trionfo e nella pace della chiesa, cui sopra ho accen-
nato, illuminava, direi visibilmente, la sua fronte
serena e bianca, e tuta la bianca e Augusta Persona.
Pentecoste del 1912. [26 maggio]
Vostro affez.mo nel Signore
Sac. Luigi Orione
della Divina Provvidenza
V.: Nulla osta.
Tortona, 25 Giugno 1912.
Can. SECONDO CAMPIGLIO
Revisore Ecclesiastico.
Imprimatur.
Derthonae, die V junî 1912.
+ HIGINUS Episcopus.
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