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          Anime e Anime !

          Tortona, il 3 Agosto 1920


Lettera (voleva essere una nota, invece diventò una lettera) da leggersi due volte in chiesa - al posto della lettura spirituale - durante gli Esercizî di Brà - 1920.




 Cari fratelli sacerdoti della Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza,

e a voi cari nostri chierici e probandi


 In parecchie Case della nostra Piccola Congregazione, da alcuni anni,

per i servizi di cucina e di guardaroba furono assunte le suore, - talora sono suore

che non dipendono affatto dal vostro fratello in Cristo o Padre che vi scrive,

e talora invece sono suore che, in qualche [modo], dipendono e si ritengono anch’esse,

come sono in realtà nate all’ombra della Provvidenza del Signore. -

Ora credo venuto il momento di dirvi il modo con cui deve con esse diportarsi

un Figlio della Divina Provvidenza, sia chierico, sia eremita, sia sacerdote

o sia ancora borghese, alto o piccolo che sia. E desidero che queste norme che vi dò,

vi siano lette, per essere più sicuro che il mio pensiero

e lo spirito della nostra Congregazione giunga a voi inalterato.

 Trattate con riserbo e con rispetto le suore addette alle Case

della Divina Provvidenza, siano esse della nostra stessa Congregazione o no -

esse con molto spirito di sacrificio prestano l’opera loro in molte nostre Case.

È nostro dovere riguardarle con rispetto e con stima; e dobbiamo evitare con esse

ogni maniera sgarbata od espressioni indelicate ed imperiose,

quali si userebbero dai secolari con le serve; ed infine consideriamo come effetto

della loro carità tutto quanto esse fanno per noi e per i nostri orfanelli o giovani

a noi affidati mostrandocene riconoscenti.

 L’abitazione delle suore sia interamente separata da quella dove stiamo noi

o dove stanno i giovani a noi affidati, di modo che niuno possa entrare né uscire,

se non per la porta della loro abitazione che mette all’esterno.

Solo mezzo di comunicazione sia la così detta Ruota, tanto per commestibili,

quanto per abiti, biancheria, arredi sacri e simili.

 Il dormitorio e l’infermeria delle suore sono luoghi rigorosamente riservati ad esse.

 Se, per grave e ragionevole motivo deve entrarvi il Direttore,

sia esso accompagnato da una Superiora, e l’uscio non solo non sia chiuso a chiave,

ma resti aperto e spalancato.

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 Se le Suore hanno da parlare col Direttore o con qualcuno della Casa,

si servano del parlatorio comune, dove vanno i giovani a parlare coi loro parenti

e con le persone estranee, come si usa fare nella Casa di Tortona, e l’uscio sia aperto,

e si parli restando in piedi, e con le più brevi parole. Né mai, senza gravissima necessità,

deve avvenire di sera o di notte; e anche in tale grave necessità

la suora deve essere accompagnata, e così il Direttore o il sacerdote richiesto,

deve essere accompagnato. Nessun sacerdote né chierico, né probando,

né altra persona delle nostre Case può fermarsi a parlare con alcuna suora,

fosse anche quella che fa da Superiora di una Casa, senza licenza

del Direttore di quella Casa, e senza il permesso e la conveniente assistenza della suora

che è o fa le veci di Superiora in quella Casa. E se fosse la Superiora stessa

a cui si avesse bisogno di parlare, essa deve essere accompagnata da una sua consorella.

E nessuna Suora addetta ad una Casa può parlare col Direttore

senza prima rendere avvertita la Superiora sua di quella Casa, in cui la suora si trova.

 E i colloqui siano brevi, il più rado possibile, e non mai senza vera necessità:

siano improntati di gravità, di prudenza, di carità.

 Si eviti ogni familiarità nelle parole e nel tratto e non si scrivano biglietti.

I Direttori veglino attentamente nella scelta e nel modo di portarsi delle persone,

che hanno qualche incarico relativamente alle suore, come sarebbe per la cucina,

la biancheria ecc.

 Le suore avranno una cappella propria per le pratiche di pietà.

Dove ciò non potesse farsi, assisteranno per mezzo di apposito coretto

alle Sacre funzioni, per mezzo di apposito coretto, che metta nella nostra chiesa

ma vi sia la griglia. Per la predicazione, confessione ecc., si osserverà dai nostri sacerdoti

quanto è stabilito dai sacri canoni e dalle disposizioni pontificie.

Le confessioni delle suore non si ascolteranno mai di notte,

e il Direttore dell’Istituto dove esse sono, si guarderà bene dall’essere il loro confessore,

attenendosi anche in questo alle disposizioni date dalla s. sede.

 Il confessore di suore procurerà di essere breve anzi brevissimo,

quanto più gli sarà possibile, avvezzando a ciò le suore, se occorre,

con apposite conferenze in comune. Mai si deve parlare con suore con la scusa di parlare

di cose spirituali.

 Ed ora attenti bene tutti, o chierici e sacerdoti miei in Gesù Cristo.

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 Secondo le norme e la volontà della santa sede apostolica le nostre suore,

le, così dette, nostre suore, come le altre Congregazioni femminili di monache o di suore

non devono dipendere da alcuna Congregazione maschile, bensì dalla loro Superiora,

assistita dal proprio Capitolo, sotto la vigilanza diretta dei Vescovi,

e a suo tempo dalla s. sede, a norma delle nuove costituzioni e dei Sacri Canoni.

 b/ Esse devono avere una amministrazione e contabilità affatto distinta

e separata dalla nostra, e però esse prestano con la loro opera per la cucina o biancheria,

devono essere stipendiate, come qualunque altra Congregazione

che prestasse simili servizi.

 c/  Nelle nostre Case dove esse sono, devon avere ingresso separato,

e nessuna comunicazione fra le loro abitazioni e le nostre, e dove vi fossero dei dubbi,

mi si scriva, che verificherò io stesso, o farò verificare.

 d/ Dovranno considerarsi come di loro proprietà le Case  di loro abitazione,

eccettuata la Casa di S. Bernardino, dove la misericordia di Nostro Signore

iniziò l’Istituto dei figli della Divina Provvidenza che è di proprietà comune.

È l’unica cosa che desidero resti in comune a ricordare che colà siamo nati noi

e nate esse per divina bontà.

 Per le case di loro abitazione esse dovranno d’ora innanzi

sopportare tutti i pesi di imposte, riparazioni etc.

 e/ La loro Superiora potrà togliere le suore dalle nostre Case

quando Essa lo ritenesse conveniente e di bene per le sue suore.

 f/ Fra loro e noi vi sia grande carità, riconoscenza e rispetto;

ma senza alcun diritto di superiorità o dovere di sudditanza.

 g/ Quanto allo spirituale esse dipendono dai rispettivi Vescovi,

a cui spetta nominare i confessori Direttori etc. Quello che qui si dice delle nostre suore,

va inteso pure per qualunque altra Congregazione femminile addetta ai ns/. Istituti.

 h/ Dell’opera nostra, prestata colle debite autorizzazioni,

come se ne valgono altre religiose, così possono valersene anche le nostre suore,

specialmente in questi loro inizî, onde essere ajutate a mantenersi e a crescere

nello spirito di comune origine e fondazione. Ma, quando esse avessero da approfittare

dell’Opera del nostro ministero sacerdotale, converrà che esse stesse

ne facciano domanda al Vescovo.

 l/ Se si deve andare con molta riservatezza e prudenza

con tutte le suore, specialmente questo si deve fare con le nostre:

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 Ricorderò che sua Eminenza il Cardinale La Fontaine Patriarca di Venezia

e nostro grande benefattore e amico, tanto che si degnò di chiamarci a Venezia

a predicare quest’anno ai sacerdoti della Congregazione i santi Esercizî,

dovendo mettere le nostre suore a Caorle in sua diocesi dove egli pure desiderava

che si mettessero per aprirvi un asilo e laboratorio con oratorio festivo

disse al nostro don Ferretti, parroco di Caorle e a me:«Ora che ci vanno le vostre suore

ci vuole ancora più riservatezza con esse, che se ci fossero altre suore». - Poiché voi,

o miei fratelli e figli nel Signore, dovete sapere che prima si erano cercate per Caorle

altre suore, essendo nostro principio e nostra massima che nei nostri Istituti,

non si devono mettere, né assumere nostre suore

se non proprio perché non se ne trovano altre, di altre Congregazioni,

e ciò appunto per evitare ogni possibile ragione o apparenza di relazione.

 Non solo con le suore evitare ogni apparenza di famigliarità,

ma ogni minima apparenza di male. Non ci deve essere relazione alcuna tra loro e noi,

mai, mai mai!

 I sacerdoti della Divina Provvidenza, coll’esempio e colla parola inculchino

ai loro dipendenti che non si rechino neanche presso altre comunità religiose femminili

se non per ubbidienza e col permesso regolarmente ottenuto;

non si fermino oltre il necessario e si comportino sempre nel modo il più edificante.

 m/ Non si accetti l’ufficio di confessore in Istituti di suore o tenuti da suore,

o comecchessia Istituti femminili senza un mio permesso in iscritto.

La domanda mi deve essere fatta per iscritto, e qualunque permesso che io avessi dato

o dessi a voce, resta considerato come non dato.

 Non si facciano poi mai conversazioni con donne

fuori del caso di doverle ascoltare in confessione, e allora non siano conversazioni.

 Ricordiamoci che Don Bosco non andava a visitare le sue suore che rarissime volte, -

anzi la Casa delle sue suore che è in Torino

e proprio sulla piazza di Maria SS. Ausiliatrice, cioè appena a pochi passi dall’oratorio,

Egli, cioè Don Bosco, non la visitava neanche tutti gli anni.

 Il Venerabile Don Bosco era la cortesia personificata, eppure una donna,

una buona signora francese, proprio con quell’entusiasmo dei francesi,

afferratagli per divozione la mano, voleva che le facesse una croce col pollice sulla fronte,

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il Venerabile mio maestro don Bosco, ritirò bruscamente la mano,

e non si ristette dal rimproverarla pubblicamente.

 E ricordo io stesso, al Congresso Catechistico di Faenza,

essendo in quel Collegio Salesiano, durante il pranzo, trovandomi io seduto a tavola

vicino a don Rua, immediato e degno successore di don Bosco,

(tanto stimato per la sua Santità che Pio X disse con me che se don Bosco

non fa presto a farsi far santo, don Rua gli salterà avanti), io stesso ho udito don Rua -

mio confessore e guida per più anni, raccontare che una nobile signora torinese,

assai devota di Don Bosco e sua insigne benefattrice,

era andata al Santuario di Maria Ausiliatrice mi pare nel giorno stesso della sua festa.

E aveva seguito Don Bosco che usciva con molta altra gente dalla porta

che dalla sacrestia del Santuario discende nel cortile dell’oratorio.

 E Don Bosco, discendendo i gradini che mettono sotto i portici

dell’oratorio Salesiano, essendo già vecchio e stanco, per poter discendere la gradinata,

si appoggiava alla parete. Quella benefica signora, donna pîssima e già di età,

vide quello, e offrendo il suo braccio a Don Bosco ben onorata e quasi desiderosa

di poter dire che aveva ajutato a sostenere Don Bosco, gli disse:

«Signor Don Bosco, si appoggi pure al mio braccio». Ma Don Bosco

(rifiutandosi senza però offenderla) rispose bellamente: «Grazie grazie, signora.

Oh sarebbe bella che un maestro di ginnastica, come è stato Don Bosco,

non sapesse più discendere cinque gradini». - E così, vedete, quel mio santo maestro

e confessore, per non dire quel mio vero padre in Cristo celiando,

seppe mantenersi a posto, e non permise che neanche una pia e vecchia Signora

potesse dire di avergli toccato il braccio! Impariamo noi!

 Oh beato Lui! Chi ha mai Don Bosco porgere egli per primo la mano

per salutare una donna, fosse pure sua mamma?

Sarebbe stata mamma Margherita stessa la prima a rimproverarlo.

 Quando mai Don Bosco fece visita anche a buone Signore

o ne ricevette visita per puro trattenimento?

 Ah! Egli temeva!

 Nella santa virtù: «Beatus homo qui semper e st pavidus».

 Impariamo da San Luigi Gonzaga: voi sapete come era anche con sua madre;

ma Iddio consolò poi sua Madre che lo vide e venerò già beatificato.

 Don Bosco aveva già imparato da S. Luigi: aveva imparato dal Ven.le Cafasso,

suo confessore: aveva imparato dalla sua stessa mamma Margherita, vera madre cristiana

e santa madre degna di tanto figliolo, che cioè:

donna e sacerdote hanno da essere distanti l’uno dall’altra come i due poli,

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se non tanto di persona almeno di cuore e di volontà: che la Casa dove sta il sacerdote

non è fatta per le donne, né la Casa delle donne è fatta per il sacerdote;

e che in questa materia non basta che un sacerdote sia innocente, ma è necessario,

è indispensabile che non dia il menomo sospetto, e che tolga ogni apparenza di male.

 Il mio venerabile padre e maestro Don Bosco non alzava neppure gli occhi,

davanti alle donne: era la compitezza in persona, ma era un angelo di costumi,

e aveva un non so che di celeste che rapiva i cuori. Quando avevamo qualche tentazione,

bastava andare vicini a Don Bosco, che scompariva.

 Io vi dico, o cari figlioli, a gloria di Dio che in sette anni

che furono in questa Casa le suore di S. Marta mandate qui da don Daffra,

non ho mai sapute quante erano, né solo come si chiamassero, solo ho poi saputo

dopo qualche anno come si chiamava la loro Superiora,

perché un giorno venne a Tavola il canonico Guffanti e nella sua bonomia disse:

oggi è santa tale, è l’onomastico della Superiora delle suore che sono in cucina.

E benché il canonico Guffanti sia stato un angelo di sacerdote, io non ho visto bene,

e provavo disgusto quando vedevo che andava in cucina a prendere il caffè,

benché abbia più di 80 anni, ed ora gliel’ho proibito, con carità, ma con risolutezza,

e son contento di averlo fatto perché ho visto che qualcun altro prendeva quel vizio

di entrare in cucina. E ora ci sono le nostre suore, ma vi dico davanti a Dio

che non so quante ce ne siano, né come si chiamino, eccetto che so il nome

di quella che ora fa da Superiora.

 E per questo i nostri ragazzi ci stimano: perché vedono che le suore

vanno per una strada e noi per un’altra: se loro vanno a destra, e noi voltiamo a sinistra

e viceversa.

 Il mondo ci guarda sempre con occhi di lince:

guai se ci trova addosso un nonnulla da poterci criticare a questo riguardo!

D’un neo ne fa tosto una macchia d’olio incancellabile.

 Modestia vestra nota sit omnibus hominibus, scrisse San Paolo (ai Filippesi 4 - 5). Dio è severissimo contro colui che manca di modestia, ma la gente del modo,

trattandosi di religiosi, è assai più esigente, sto per dire, di Dio stesso. Ed hanno ragione.

I religiosi devono essere angeli. Figlioli miei in Gesù Cristo,

fate in modo che tutto il cuore, l’anima e la mente sia di Dio,

e tutta la vita vostra sia mortificata e pura e vestita di luce, di candore

e della grazia di Gesù Cristo.

 Raccomandatevi sempre alla SS. Vergine.

 Figlioli miei in Gesù Cristo, che lo sguardo, l’andatura il tratto, il tono della voce,

la natura delle parole, tutto insomma riveli in noi tale illibatezza e santità di vita,

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che il mondo abbia a dire stupefatto: sono questi i veri uomini di Dio -

i veri figli della chiesa e del Papa, i veri figli della Divina Provvidenza.

 Quando mai si è visto Don Bosco a sdraiarsi sul sofà?

E se aveste capito cosa significava l’anno scorso l’aver fatto abbruciare

in mezzo a codesto cortile il sofà!

Non era solo per lo spirito di povertà, era ben altro! E lo capirete bene un giorno!

 Nostro Signore fu calunniato su tutto, ma neanche dai suoi più accaniti nemici

permise di essere intaccato o calunniato sulla bella ed angelica virtù.

 Con questa si va in Paradiso dai religiosi, - senza, senza questa,

anche ci fosse dottrina, zelo etc. - si va all’inferno, e non mai da soli.

Il sacerdote e il religioso, come non si salvano mai da soli, così non si dannano

mai da soli. O si è angeli o si è diavoli circa la santa virtù.

 La virtù della purezza è virtù preziosissima da conservarsi a qualunque costo.

Si debbono fuggire i pericoli e fino le apparenze dei pericoli.

 Nessuna vigilanza è soverchia quando si tratta di custodire la santa virtù.

Non si facciano visite inutili né in patia, né presso parenti, né presso gli amici del secolo.

Non si accettino inviti di pranzi, non si facciano viaggi senza grave necessità,

e specialmente non si vada a passare il tempo delle vacanze in casa dei parenti.

Quelli che non si sentono di sacrificare quest’andata nel secolo,

danno indizio di non essere chiamati allo stato religioso. Dove si bevono buone bottiglie

e dove si fuma, ritenete che là non c’è la santa e bella virtù.

 Non ci scordiamo un momento della presenza di Dio.

 Fu questa la paterna e ultima esortazione che ci fece il santo Padre Pio X,

di indimenticabile memoria, nell’udienza a me e agli altri nostri, convenuti a Roma

per assistere alla posa e benedizione della I pietra della nostra chiesa d’Ognissanti

al quartiere Appio.

 Era il 30 giugno 1914, il giorno dopo la funzione fatta dal Cardinale Vicario:

fu l’ultima udienza collettiva che quel Papa Santo concedesse e fu per noi.

 E con noi era anche quel santo di don Guanella:

e fu l’ultimo discorso fatto dal Papa e fu per noi, che eravamo più di 40 persone,

e ci raccomandò di camminare sempre alla presenza di Dio.

 Non scordiamoci un solo momento della presenza di Dio,

e imitiamo il venerabile Don Bosco che, anche quando se ne stava tutto soletto

in sua camera, e per il suo contegno sacerdotale e perché si ricordava sempre

che era alla presenza di Dio, stava molto composto e neanche si faceva lecito

di incrociare le gambe per riposo.

 E così San Frascesco di Sales, il quale anche quando se ne stava tutto soletto,

seduto in camera non metteva neanche un piede più avanti dell’altro.

La presenza di Dio era il loro primo maestro di urbanità e di modestia.

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 Noi saremo gratissimi a Dio e di ammirabile edificazione e buon esempio,

e spargeremo come un profumo di buon odore che inviterà tutti alla virtù,

se saremo perfettamente modesti e riservati, pure mostrandoci non selvatici,

ma cortesi ed educati e civili: però meglio essere selvatico per un religioso

che troppo spigliato specialmente con persone di diverso sesso,

meglio essere selvatici che essere di modi liberi e secolareschi.

 Tutto in noi deve rivelare e predicare la modestia e la santità,

come diceva San Paolo che scriveva San Paolo a Timoteo:

Exemplum esto fidelium in conversatione (4 - 12)

 E nella vita di S. Caterina da Siena si legge nel breviario che:

«Nemo ad eam necessit qui non melior abierit» (2 Noct. Fest)

 Ah, che altrettanto si possa dire di ciascun figlio della Divina Provvidenza

o carissimi sacerdoti, eremiti, chierici e probandi!

 La grazia di Dio non ci manca, anzi sovrabbonda:

gli esempi buoni e santi non vi mancano: la Vergine celeste, nostra tenera madre,

è sempre lì pronta a prestar soccorso a chiunque ejus sanctum implorat auxilium,

massime a noi, suoi figli prediletti, primi figli di questa nascente Congregazione,

dai quali, dalla santità e illibatezza di vita cioè nostra, dai quali dipenderà tutto l’avvenire,

tutto il benessere spirituale dell’intera Congregazione.

 Ricordiamo che se Iddio benedisse il beato Cottolengo

e ne fece il santo della Divina Provvidenza, è perché ebbe l’anima bella e di virtù grande,

perché tutto candido di purezza illibata. E questo fin dalla sua fanciullezza,

tanto che era conosciuto e chiamato col nome di angelo.

 Tutte le virtù, miei figli prediletti, voglio che siano da noi praticate,

ma quanto alla bella virtù, alla purità, voglio che sia la virtù speciale nostra,

e per questo vi esorto alla Comunione quotidiana, alla divozione filiale alla Madonna,

alla preghiera, alla fuga da ogni relazione pericolosa, e alla mortificazione.

Vigilanza, vigilanza, vigilanza su di noi e su gli altri vigilanza paterna, o sacerdoti,

ma rigorosa, esatta, continua: in fatto di modestia non si transiga, non si transiga,

non si tolleri: - o correzione o espulsione.

 Nessun tratto famigliare anche innocente, e sopra tutto o cari miei,

diamo buon esempio, diamo buon esempio, diamo esempio.

«Le parole muovono, ma gli esempi trascinano» Così dicevano gli antichi.

La nostra vita sia come uno specchio tersissimo

in cui tutti possano continuamente specchiarsi.

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 Il nostro aspetto, il nostro sguardo, il nostro contegno, le nostre parole,

tutto il nostro modo di fare deve spirare castità e angelica virtù.

 E adesso diciamo alla SS. Vergine Immacolata, nostra buona madre,

di coprirci con il suo manto di misericordia, e di darci la sua santa mano,

e di condurci lei che è la nostra madre, la nostra fondatrice celeste,

e la vera nostra guida in questa santa e tanta necessaria virtù, che è nostra forza

e la nostra salvaguardia.

 Ah Madonna Madonna mia, disperdete fin le pietre dei nostri Istituti

il giorno in cui i figli della Divina Provvidenza cessassero dall’essere tali

da non potersi più chiamare, né essere i prediletti del vostro cuore

per questa angelica virtù a voi tanto cara!

 Confidiamo nella nostra madre, o miei cari figlioli anzi confidiamo tanto

nella nostra madre celeste, ma da parte nostra facciamo il nostro dovere

ed edifichiamoci scambievolmente.

 Vi benedico e nostro Signore vi benedica!

E la Madonna ci benedica tutti e sempre!

Custodiat nos Dominus quasi pupillam oculi sui. Et sub umbra alarum suarum

protegat nos!

 E pregate per me! Vostro in Gesù Cristo crocifisso e nella Madonna benedetta

 Affez.mo come padre in Cristo


          Sac. Orione Luigi

          della Divina Provvidenza


 Cominciata jeri sera, 3 agosto 1920 e terminata stamattina 4 agosto 1920 -

Anniversario elezione Pio X e morte di don Gaspare Goggi - tutta di mio pugno,

senza bisogno di segretario.

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