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 Ai miei cari chierici e probandi delle Case di Tortona

grazia e pace in Gesù Cristo nostro Signore


 Gli Atti degli Apostoli raccontano (16 - 2) che quando l’apostolo Paolo andò,

nel suo secondo viaggio missionario a Derba e a Listra trovò quivi un certo discepolo

per nome Timoteo, del quale i primi cristiani che erano di Listra ed in Iconio

rendevano buona testimonianza. Doveva esser ancora giovane,

e l’apostolo dovette conoscerne la nonna Loide e la madre Eunice,

perché parl della ricordando poi Timoteo ricorda anche la fede che aveva animate

quelle, fede che avev era

 E p Paolo desiderò condurle condurre con se Timoteo e lo amò in Cristo

di dolcissimo amore e gli impose le mani (II Epist. a Tim. I, 6-7)

e cioè lo consacrò Vescovo, e a. A lui scrisse due lettere che dirò pastorali

per erudirlo e consig in sul modo onde egli doveva istr condursi

e come dovesse istruire e ammaestrare i fedeli a lui affidati.

La prima fu scritta nel 64 o 65 di queste lettere ha una singolare importanza storica

venne ma la II fu venne scritta dal da Roma dal carcere, essa nel 66 o nel 67,

e essa sarebbe perciò l’ultima delle lettere che possediamo del grande apostolo delle

e E genti San Paolo fu infatti decapitato sotto Nerone nel 67 (come dice Eusebio

e la tradizione più sicura) e ques la 2da lettera di S. Paolo

al suo diletto suo discepolo Timoteo sarebbe quindi «il canto del cigno»,

e niente meno che il testamento dell’apostolo delle genti.

 Ora nel leggere stasera questa epistola m’è dolce, o cari miei figli

fare mia una certa soavissima e commovente espressione é che ho trovato

nelle prime rig linee di detta epistola.

 L’apostolo dice prima da carcere dalle carceri dice che «rende grazie a Dio»

e poi «che per il Vangelo soffre fino ad essere incatenato» dice parlando a Timoteo:

«quando faccio menzione di te nelle mie preghiere e ne fo sempre menzione:

giorno e notte». Poiché io ricordo le tue lagrime e mi struggo di vederti

per esser colmato di gioja. E ricordo anche la tua fede sincera...» «Ora anch’io

o figli cari miei figli in G. Cr., faccio menzione di voi e di ciascuno di voi e ne fo sempre

sempre vi ricordo e vi ho davanti e dì e notte e poiché vedi dopo la continuaz.

E poiché non posso essere con a voi ho ricevuto le vostre lettere

e conosco il vostro affetto in G. Cr. e ricordo il vostro, così ho pensato di scrivervi,

e di affidare a S. Giuseppe questa lettera mia perché lui ve la porti

e nel suo mese a Lui consacrato sacro. E dopo che l’avrete letta voi la mandate

vogliate mandarla ai quei ai fratelli [di] Bra e da Bra ai fratelli nos di Cassano Ionio,

perché quello che dico a voi dico anche di loro: quello che sento per voi,

lo sento di essi pure - perché tutti cari mi siete ugualmente onde e

E a tutti e a ciascuno raccomando di ravvivare il dono di Dio

che n tutti e ciascuno ha abbiamo ricevuto e di corrispondere fedelmente a Gesù Dio

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«che vi ha rivolto una santa chiamata, « non già in virtù delle opere nostre,

ma in virtù del suo proprio disegno e della grazia che ci è stata fatta in Gesù Cristo

da ogni eternità»

 E quanto vi dico verrò dicendo serbatelo nel cuore con fedeltà e con l’amore

che è in di figli onde fortificati possiate mantenere mantenervi saldi nel Signore

e Dio vi abbia sempre a ricordare e da confortare nella vostra fedeltà sincera al Signore

e fuggendo fuggire il mondo e le passioni giovanili e rendendovi forti

della forza della preghiera, evitando la perdita del tempo e i discorsi frivoli e moderni

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