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Amiamo il Papa!


          Messina, 3 Luglio 1912


 Sono vent’anni oggi, che si apriva nel giardino del nostro Ven.mo Vescovo

quel piccolo e modestissimo Oratorio festivo S. Luigi,

da cui ebbe poi inizio per misericordiosa disposizione di Dio,

la Piccola Opera della Divina Provvidenza.

 Ricordo che erano presenti due Eccell.mi Vescovi: il nostro e Monsignor Daffra,

Vescovo allora eletto di Ventimiglia. Vi erano pure Mons. Campi e Mons. Novelli,

e parecchi altri signori canonici e sacerdoti.

Monsignor Novelli era stato da Mons. Vescovo posto come Direttore,

e lo coadiuvava il teol. Testone, ora arciprete di Casteggio. Vi era il caro maestro

Giuseppe Perosi che suonava e i chierici del Seminario di Tortona che alternavano

cantici in onore di S. Luigi, e specialmente un inno che restò indimenticabile,

musicato in occasione del centenario dell’angelo della gioventù.

 Consentitemi, o cari figlioli e amici, che io colga la bella occasione

di ricordare quanto allora è stato da me detto a quei giovanetti, di parlarvi

di un dovere strettamente attenentesi a quello di amare Gesù Cristo Signor nostro,

vo’ dire il dovere di amare il Papa.

 Amare il Papa è uno dei primi e più dolci doveri del cattolico: ma assai più, o cari,

è dovere di noi Figli della Divina Provvidenza, poiché la massima fondamentale

dell’Istituto nostro è sempre stata sino ab initio, quella di rivolgere tutti i nostri pensieri

e le nostre azioni all’incremento e alla gloria della santa chiesa di Gesù Cristo:

a diffondere e radicare nei cuori nostri e dei piccoli un amore soavissimo

al Vicario di Gesù Cristo.

 Uno scrittore moderno ha voluto osservare che gli antichi Ascetici

scrissero poco dell’amore dovuto alla chiesa e al Papa, mentre invece ai giorni nostri

se ne scrive e parla molto. Questo, o cari, è segno dei tempi: è segno di nuovi bisogni,

di nuovi pericoli: ché, se anticamente se ne fosse parlato e scritto di più

e con più amore forse avremmo avuto meno eresie.

 La Piccola Opera della Divina Provvidenza si consola nel ricordare

di aver cominciato con un grido di «Viva il Papa» e con un palpito di amore vivissimo

al Vescovo, alla chiesa e al Papa. Essa, durante il suo cammino si è pasciuta

di questo dolce amore e solo di questo divino amore a Gesù, al Papa e alle anime

vuole vivere e morire.

 E supplichiamo ogni giorno Iddio che non permetta mai che essa risenta

delle massime che oggi sconvolgono tante teste: di quello spirito funesto di novità,

di insubordinazione, di superbia nel pensare parlare ed operare per cui si pretende di dare

da taluni una smentita ai dottori maggiormente stimati e venerati dai cattolici:

si osa screditarli, quasi si compatiscono, e si trascorre poi quasi sino ad attentare

alla divina costituzione della chiesa, e a scalzare, se fosse dato,

le radici stesse della nostra santa fede.

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 Ma è necessario, o cari miei, di fondarci bene negli insegnamenti del Signore,

che ci vengono in securo modo dal sommo Pontefice, dalle sacre Congregazioni di Roma

e dai Vescovi; - e guardarci specialmente oggi, dai nemici interni, seminatori di zizzania

e avvocati della morte più che della verità.

 Figli della Provvidenza, noi lasciamoci reggere dalla Provvidenza,

ma a mezzo della chiesa, che Dio ci ha dato, e stiamo perinde ac cadaver nelle sue mani.

 Lasciamoci guidare, portare, maneggiare ovunque si sia e comunque si voglia

dalla sede apostolica e dai Vescovi che sono uniti con lei.

 Siamo sordi, quando alcuno ci parli senza Papa,

o non esplicitamente in favore del Papa e della dottrina sana ed esatta della chiesa;

costoro non sono piantagione del padre celeste, ma maligni germogli di eresia

che producono frutto mortifero.

 Quelli che non sono concordi in un solo cuore coi Vescovi

e col successore di S. Pietro, per me sono colonne sepolcrali e tombe di morti,

su le quali sono scolpiti soltanto i nomi degli uomini vani che portano

con ipocrisia il titolo di cattolici. Poiché come in realtà essi non partecipano al calice

della madre chiesa e del Vicario di Cristo, così, affetti da malattia difficilmente incurabile,

c’è da temere assai che muoiano nella impenitenza, e non partecipino alla resurrezione

della vita eterna dell’anima e del corpo nella incorruttibilità dello Spirito Santo, -

essi che sono i corruttori della pura fede per la quale Gesù Cristo fu crocifisso, -

e che vanno macchinando con molte astuzie contro la s. chiesa di Roma

madre e maestra di tutte le chiese, nella quale risiede la pienezza dell’Autorità

fondata sulla terra da nostro Signore Gesù Cristo.

 Miei figlioli nel signore e amici: amiamo la s. chiesa, amiamo il Papa

e i Vescovi passionatamente. Nati in questi difficili tempi, tempi di nuovi pericoli,

non cediamo mai, mai, mai di porgere al mondo esempi luminosi di affetto sviscerato,

di umiltà, di obbedienza intera, di carità verso la chiesa e il Papa.

Teniamo presente l’augusta povertà cui è stata ridotta la sede apostolica:

le catacombe morali che alla chiesa madre di Roma

e al Papa si vanno dalle sette preparando, - e teniamoci grandemente onorati

se ci fosse dato di fare o patire qualche cosa per la santa causa della chiesa e del Papa,

che è la causa stessa di Dio.

 Amiamo la s. chiesa con tutta la nostra mente, avendo sempre come nostre

tutte quante le dottrine di lei e del suo capo visibile, il romano Pontefice:

i desiderî di lei e del romano Pontefice! Amiamola con tutto il nostro cuore,

come da buon figlio si ama una madre, e tal madre, qual’è la chiesa! -

come da un buon figlio si ama un padre, e tal padre qual’è il S. Padre!

 Partecipiamo vivamente alle grandezze della chiesa e del Papa:

ai dolori, ai timori, alle speranze della chiesa e del Papa:

sentendo in tutto colla Chiesa e col Papa.

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 Il Papa! ecco il nostro credo, e l’unico credo della nostra vita e del nostro Istituto!

 L’apostolo Paolo, nella 1ª ai Corinti, ha detto anatema chi non ama Gesù Cristo;

ma anatema, o miei figlioli, sarà pure chi non ama il Vicario di Gesù Cristo, il Papa!

 Oh noi beati, se potessimo fare qualche cosa in difesa del Papa! Noi più beati,

se Dio ci rendesse degni di dare pel suo Vicario anche la vita!

Sarebbe un sacro pegno della vita eterna che il Signore ha promessa

e preparata in cielo ai suoi servi fedeli.

 Noi siamo pochi, piccoli e deboli, ma la nostra gloria o cari figli della Provvidenza

e amici, ha da essere che niuno ci vinca nell’amare con tutte le nostre forze il Papa

e la chiesa, che è la sposa diletta di Gesù Cristo: la santa e immacolata sposa

del verbo umanato. La chiesa è cosa sua, è l’opera sua, come dice

l’apostolo S. Giovanni al cap. XVII. Ed essa è anche la madre nostra dolcissima,

e, sino alla fine dei secoli, l’oggetto delle compiacenze di colui

che è la compiacenza del celeste Padre: la Colonna di verità,

com’è il termine ultimo di ogni eterno consiglio.

Niuno dunque ci vinca nella sincerità dell’amore nella devozione,

nella generosità verso la madre chiesa e il Papa: niuno ci vinca nel lavorare,

perché si seguano i desiderî della chiesa e del Papa, perché si conosca, si ami la chiesa

e il Papa. Niuno ci vinca nel seguire le direttive pontificie tutte: senza reticenze

e senza piagnistei, senza freddezze e senza riserve. Adesione piena e figliale e perfetta:

di mente di cuore e di opere - non solo in tutto quanto il Papa, come Papa,

decide solennemente in materia di dogma e di morale; ma in ogni cosa,

qualunque siasi ch’egli insegna, comanda o desidera. Niuno ci vinca nelle attenzioni

più affettuose al Papa e ai Vescovi e nel sacrificarci e anelare ad ogni giorno

e ad ogni ora a renderci quasi olocausti viventi di riverenza e di amore tenerissimo

alla chiesa e al dolce Cristo in terra, il Papa.

 «Ci preservi il Signore, vi dirò o miei figli, con Ausonio Franchi, -

il celebre e troppo presto dimenticato autore dell’Ultima critica - ci preservi il Signore

dall’arroganza e temerità stoltissima di farci noi giudici degli ammonimenti

e dei precetti del Papa. Ci salvi dalla diabolica superbia di voler noi regolare,

limitare i suoi diritti, i suoi poteri».

 «Non spetta a noi di giudicare chi tiene sulla terra il luogo di Dio:

Chi è il rappresentante sommo della sua Autorità e l’interprete infallibile della sua parola.

 A noi tocca solamente di credere tutto quanto egli dice,

e di fare tutto quello ch’egli vuole».

 «Che il giudizio del Papa sia il criterio dei nostri giudizî:

la sua volontà sia la legge del nostro volere e la norma del nostro operare».

 E non solo i suoi ordini formali, ma anche i suoi consigli,

i sui semplici desiderî siano ritenuti sempre e sempre secondati come la espressione

di quello che piace a Dio, che Dio vuole da noi, e che noi, con la grazia di Dio,

abbiamo da osservare senza discutere.

 Il Papa si deve riguardare come il Signore medesimo; «quando parla il Papa,

parla Gesù Cristo» diceva sempre il ven.le Don Bosco.

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 Stare in tutto col Papa, vuol dire stare in tutto con Dio: amare il Papa,

vuol dire amare Dio: né Dio si ama davvero e il sempiterno pontefice Gesù Cristo

Figlio di Dio, se davvero non si ama il Papa. Amare Dio, amare Gesù Cristo,

Dio e Salvatore nostro, e amare il Papa è lo stesso amore.

 Il nostro amore, Gesù Cristo, è stato crocifisso.

 Deh! che noi siamo tutti e siamo sempre un cuore, una mente e un’anima sola

nel cuore adorabile di Gesù Cristo crocifisso, e crocifissi insieme con Lui!

 Il nostro amore, il Papa, è moralmente crocifisso.

 Deh! che noi siamo tutti e sempre un cuore, una mente e un’anima sola

col capo visibile della chiesa, che è il Papa: sul calvario con lui:

crocifissi insieme con lui!

Gesù si ama in croce, o non si ama affatto, diceva il ven.le padre Ludovico

da Casoria; e del Papa è la stessa, identica cosa: il Papa si ama in croce:

e chi si scandalizza della umiliazione cui è ridotto chi non lo ama in croce,

non lo ama affatto.

 E più che mai in questi tempi malaugurati nei quali la chiesa è lacerata

con istrazio crudele delle sue viscere, adoperiamoci, o miei figlioli e amici,

a lenirne, come meglio ci è dato, i dolori, studiandoci di essere a tutti esempio

e modello di virtù, affinché la nostra vita e tutte le nostre operazioni

attestino di qual madre siamo noi generati, - e la chiesa

e il Vicario di Gesù Cristo di noi, benché sì poveretti abbiano sempre a compiacersi

e si onorino.

 E così, e solo così, sarà con noi la benedizione di Dio!


          Sac. Luigi Orione

            dell’Opera della Divina Provvidenza.

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