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Nella sua risposta il sig.r Teologo Testone dà (ai profani) una ragione
degli applausi ricevuti, e pare voglia farsene un vanto.
Noi l’avevamo capita al volo dalle prime parole del suo brindisi,
ma
abbiamo usato prudenza, e anche dopo non ne abbiamo parlato
scritto
(guardate un po’, caso!), per non aver l’aria di malignare sulle intenzioni sue.
Ma
ora che egli stesso ci tira su questo terreno, sentiamo
di doversi discendere
permettano
i
lettori che permetta, sig.r. Direttore che vi
discendiamo un momento. volentieri di
cuore.
Lei dunque ci dice, sig. Teologo, che nel suo brindisi volle sottolineare più volte
alcune parole, perché era spiaciuto ai più l’invito fatto ad un forestiero di tenere il discorso
di
circostanza! lasciamo
Ammettiamo pure questo, e ci permetta omettere il resto che lei vi aggiunge,
a
scopo suo. Quelle parole che ella
sottolineò, sig. Teologo, o dovevano essere
un rimprovero a chi aveva invitato il forestiero, o erano una sgarbatezza al forestiero stesso,
che
era là presente; e ciò Lei
il nostro Teologo lei
sig.r Lei il nostro teologo
Teologo
avrebbe fatto nientemeno che in rappresentanza di tutto il clero della diocesi.
Che ve ne pare? In quest’ultimo caso siamo dolenti di constatare
che
egli il nostro teologo
avrebbe mancato più che ad una regola elementare di galateo,
ad un obbligo grave verso del forestiero e verso di noi: l’ospitalità e l’invito hanno pure
le loro convenienze, i loro doveri.
Che
se il Sig.r Teologo
egli voleva far sentire al Comitato delle feste, o a
chi
per
esso, la sua e l’altrui disapprovazione per la scelta fatta,
Le vi pare, Sig.r
Direttore
che
fosse dovesse esser
proprio quello il momento?
Era conveniente, era lecito a lui servirsi di un brindisi che voleva essere tutta la voce
del
clero di una diocesi, che
doveva di un brindisi
che doveva essere tutto
cantico un inno
di gioia e di felicitazioni a persona veneranda e venerata, per provocare applausi
che
turbassero anche ad uno solo
solo dei presenti la serenità della festa?
O[h] quam parva sapientia regitur mundus!
Ma
diamo un passo avanti. Si scandalizza di noi il sig.r Teologo,
perché abbiamo creduto dover segnalare un pericolo saltando via, dice lui,
l’autorità che governa e veglia ogni diocesi.
Ma
non siamo noi che facciamo ridere gli avversari, ma si fa.
Egli dice che facciamo ridere gli avversari; ma a noi pare che li faccia ridere
colui
che alle lodi dei giornali
della voce democratica anticlericale
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che lo esalta quale una vittima dell’antimodernismo, e agli insulti che i giornali gettano
contro
il Sommo Pontefice la
legittima autorità del Sommo Pontefice e contro
l’autorità
diocesana non risponde: ma siamo noi che
dobbiamo invece
gli
scandalizzati, poiché modernismo bell’e buono fu
ci parve quello di infliggere
un pubblico biasimo al pranzo e poi sul giornale a quella stessa autorità che, in assenza
del
Vescovo, veglia e governa la diocesi e lui
che dalla quale direttamente aveva
creduto
di
poter invitare quel forestiero ci risulta formali
modo essere stato invitato quel forestiero.
Ma
veniamo a scoprire il bubbone del modernismo che da anni si è
cercato e ancora
oggi si cerca di nascondere: ormai esso minacciava cancrena.
Prima di tutto non è vero che tutto il brindisi del sig.r Arciprete Testone sia stato
da tutti i presenti applaudito.
Quando egli uscì nelle inattese parole: «sono un parroco condannato a domicilio
coatto intellettuale», gli applausi, lo abbiamo detto sin dalla prima corrispondenza,
furono di pochi, di un crocchio; gli altri ne rimasero disgustati.
E quegli applausi - appunto perché di un gruppo di giovani - non erano,
sig.r. Teologo, una prova delle perfetta ortodossia delle sue parole; potevano anzi essere
un ben cattivo indizio, un segno che il maestro aveva fatto degli scolari;
Ma
In diocesi non ci fu e non c’è ombra di modernismo? Ciò
si dice
Noi
abbiamo qui davanti il giornale nostro
«Il Popolo», settimanale, democratico
cristiano di Tortona; su esso don Testone scrive da anni. Di questo giornale ne abbiamo
la intera collezione dal primo numero tortonese - milanese, quando c’era quel tale là
piccolino, ma pepato che ha dato modo ad alcuno di andare su e giù di qui a Milano
per
aggiustarlae certi
conti, sino al numero ultimo, su cui il teologo Testone sente
il bisogno di dare una botta a quelli «di quell’altro mondo, nel quale si aspetta dall’odio
di classe e dalla corruzione delle masse l’assurdo salvatore» e che noi male
non ci apponiamo lo proverebbe il suo abile difensore, il quale dalle colonne
della Voce democratica, anticlericale di qui nel N 17 del 4 settembre,
dice che la grandissima maggioranza del clero (falsissimo!) «o la pensa come lui
o
simpatizza con lui», perciò ha coronato
l’accenn di applausi
«l’accenno del don Testone
alla balorda punizione che lo ha colpito».
Anche la Voce democratica dunque pensa che egli alludesse alla sua destituzione
con
le parole che sono un p
da noi riferite nella nostra prima corrispondenza.
Ebbene
esamineremo vediamo a
volo sulla guida di appunti nostri
da questo giornale
e da altri appunti e diarî nostri se da noi non ci fu e non c’è ombra di modernismo.
Per
ragioni facili a comprendersi e che, se non il teol. Testone, alm
altri, ci certo,
vorrànno
tenerci buone, come un delicato riguardo verso di lui in
quest’ora,
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di
lui non ci occ passiamo avanti, e allarghiamo la
tesi.
E ciò serva a dimostrare che questa polemica la facciamo unicamente a sostegno
della
buona dottrina di sani
principî, della serietà di vita e di
azione di che devono
avere
quelli
che intendono vogliono
efficacemente lavorare per la causa santa della
Chiesa
e
del popolo, e non
solamente pel popolo, e più ancora per
quelli ad investire
monito
di
quelli che sono preposti alla educazione ed istruzione del
giovane loro della gioventù.
E premettiamo che non diremo tutto, che diremo il più poco possibile di ciò
che
conosciamo. Ma dove noi taceremo, dove ci fermeremo, basterà av
levare che altri levi
avanti lo sguardo per vedere degli abissi, e per ricordare...
Oh
vedrete! che che sarà
proprio purtroppo il
caso di ripetere: che
non c’è peggior
stato
di quel malato che non sente più il male, che
e si crede sano del tutto.
Da noi dunque non ci fu e non c’è ombra di modernismo?
Tacciamo
di certi dolorosi
precedenti e lunghi
precedenti; ma l’azione democratica
cristiana
del svolta tra noi dal
Sig.r Ghisola non ci parve mai seria, e non parve mai tale
a
nessuno degli uomini più saggi e anziani della diocesi. che
giovani
L’azione democratica cristiana dell’Avv. G. B. Valente, la ricordate?
Che giovamento ha portato alla nostra diocesi? Ai posteri l’ardua sentenza!
Benché i posteri, in qualche modo, siamo noi, e possiamo già dirne qualche cosa.
L’Avv. Valente fu uno dei cinque che a Roma mandarono al Vaticano una specie
di ultimatum pro don Murri: fu neofito delle idee democratiche cristiane sbagliate
di
Don Murri: fu
collaboratore di Murri.
A Torino era al «Popolo», aveva stampato una certa intervista un certo programma,
faceva
una certa democrazia cristiana equivoca prima, condannata
deplorata dopo:
quel
giornale cadde diede
dolori, poi cadde e l’Arcivescovo di Torino ne potrebbe dire
qualche
cosa. A Roma fondò da se
«il garofano bianco» e venne a Tortona
col «garofano bianco».
Qui venne assunto come propagandista diocesano dell’idea democratica cristiana:
diresse
per anni il nostro povero
«Popolo» e stampo’ sul Popolo articoli che diedero
fastidî e dispiaceri, divulgò idee che
non vogliamo è bello
non ricordare: - era il modernismo
della democrazia cristiana.
Citeremo
così qualche episodio
coserella: il pope russo Gaponi, famoso scismatico si
capisce
e rivoluzionario, pope che
per avere dapprima capitanata la rivolta contro il
palazzo
d’inverno dello Czar, poi
finì che poi terminò
con una fine oscura e misteriosa,
senza
compianto, fu presentato dal
ai nostri buoni
credenti cristiani del
lettori del «Popolo»
del
tortonese quasi un eroe «democratico - cristiano».
Si adoperava un vocabolario dispettoso ed iroso contro le disposizioni pontificie
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che moderavano l’azione democratica cristiana e la mettevano sul binario:
un linguaggio irriverente contro parecchi Eminentissimi Cardinali: Sua Em.za
il
sig.r. Card. Merry del Val, Segretario di Stato di sua Santità
si era chiamava
«il Cardinale Spagnuolo» vero è che l’autorità diocesana richiamò e dovette
anche
imporsi, ma non veniteci più a dire che non c’era
ci fu non ci fu mai
ombra
di modernismo.
Ci
fu un periodo Abbiamo diversi
periodi di spiccata tendenza verso la
vera
autonomia:
an periodi di vero
cloroformio dottrinale modernista.
Non
Era democrazia autonoma e murriana quella che veniva a fare tra noi
il sig.r tortonese di Torino.
E il propagandista Regondi, l’avete conosciuto?.
E
certi giovincelli di Novi
democratici - cristiani di Novi Ligure che dav
hanno dato
a bizzeffe, anche per le stampe del retrogrado, e del fegatoso, e del recalcitrante, a sacerdoti
rispettabilissimi per costumi e dottrina, e che non puzzavano ceto di errori dogmatici,
né di indisciplinatezza verso la Chiesa e il Papa?.
E
tutti quegli altri di Broni, alcuno
corrispondente alcuno del «Popolo»,
che fecero poi quel famoso proclama, e defezionarono così chiassosamente,
non erano autonomi e modernisti?
Ah in diocesi non ci fu ombra di modernismo?!
Noi
Fummo ai convegni democratici cristiani della diocesi, da quello del
monte
sopra Nazzano in poi, e potremmo dare di essi qualche notizia peregrina;
ma fermiamoci a quello di Voghera.
Che
ha potuto fare
Baravalle contro gli altri quasi tutti? Gli
altri
E quasi tutti gli altri borghesi chi erano?.
E
quel il reverendo ex
Direttore del Popolo, che nell’ultima
nella festa federale
della diocesi, a Stazzano, dovette essere da Mg.r Vescovo richiamato, perché sosteneva
giovani autonomi, non lo ricordate più?.
E
codesto Qui si diceva
da parecchi si diceva e si dice tuttora ogni male
dei giornali devoti alla Santa Sede, e che fecero la campagna contro il modernismo,
come l’Unità Cattolica, la Riscossa, la Liguria del Popolo, e si guarda con occhio nero
chi li legge e chi li sostiene.
Parecchi sono gli adoratori di Rocca d’Adria e dell’Unione di Milano;
parecchi che prendono l’imbeccata da don Vercesi, che più di una volta venne
a catechizzare tra noi, e anche ad edificare noi chierici, e a chiamare «cerotti»
le gravi opinioni dei più dotti teologi, quali un S. Alfonso, un De Lugo, un Suarez un Guri,
un D’Annibale.
Non
Se mi giungesse a
sostenere Per la verità dichiariamo che non parliamo
qui
di
don Testone; ma se uno mi
giungesse a dire che dei dogmi se ne
fa un batuffolo
perché gli basta il Crocifisso, - che impressione le farebbe, Signor Direttore?
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Eppure questo si è detto qua attorno.
Se,
dopo aver predicato al popolo sulla vita e miracoli di San
Martino, vescovo di
Tours
un celebre santo che illustrò la Francia nel medio evo, terminato il
sermone
con
tanta enfasi e con tanta eloquenza pronunciato, non si vergognasse un
intrigo quel
di
proclamare ai convenuti che egli non crede a
quanto ha predicato che ne
penserebbe?
le parrebbe un buon sintomo?
Secondo noi ne deriverebbe questa terribile conclusione che a certi messeri
diventa lecito ciò che ripugna ad ogni animo onesto di inorpellare dai sacri pergami
il popolo cristiano con delle favole (che tali sono secondo loro i miracoli e i prodigi
con i quali Iddio si compiace glorificare i suoi santi), facendole passare nel calore
dell’oratoria per verità e per fatti inoppugnabili.
E che dire di quel genio portentoso che chiama l’angelo delle scuole
San Tommaso d’Aquino una testa piccina, e tratta da gabbiani, da asini
e con altri epiteti volgari tanti autori e tanti uomini egregi che emersero ed emergono
fra gli altri per integrità di vita, per sodezza e copia di dottrina?
Come
si potrebbe definire chi dicesse
insegnasse che avesse sostenuto
che
il Loisy è il principe degli esegeti?
e ne E ne avesse
sostenute le opinioni
sulla risurrezione? E distribuite le opere? E questo è avvenuto presso di noi.
Un
altro Ne ho riscontrato
conosco un altro che professa immenso lo spazio,
eterna la materia, fenomeno il miracolo e miracolo il fenomeno, mistero il segreto e segreto il mistero: che sostiene trasmettersi a distanze pel fluido magnetico gli occulti pensieri
(nuovo
genere sistema di
telefono senza fili) e ascrive a cause puramente naturali
i fatti tutti dell’ipnotismo e dello spiritismo. Ma non vi pare modernismo questo,
che pure è a pubblica conoscenza?
O non ce ne sarebbe d’avanzo di tutto questo po’ po’ di roba, per provarvi se ci fu o
no ombra di modernismo?
Or
è un anno, «Il Popolo», giornale democratico cristiano di qui, che
non fu è sempre
summa via regia delle direttive pontificie, portando il ritratto di don Testone, lo chiamava:
il nostro maestro! Noi che non vogliamo imputare a lui tutte le balorderie del Popolo,
giornale non ufficiale, non gli abbiamo fatto le congratulazioni; ma siccome qualche cosa
significava
anche quella parola abbiamo anzi aspettato invano da
lui che egli
con una sua parola scindesse le sue responsabilità.
E qui ci fermiamo di proposito e speriamo non ci si costringa
a passare certe soglie.
Ma gridando e starnando che non c’è ombra di modernismo, si crede forse
di
addormentarci o di
intimidirci?
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No, noi non vogliamo più oppio, e il bavaglio non ce lo mettere più.
Quel
fogliaccio democratico di ten
anticlericale di Tortona che lo sostiene forse
don
Testone, per farci stare
imporci silenzio ci dà del botolo ringhioso, ma a noi gli
rispondiamo
a noi basta rispondergli una volta tanto che i
botoli ringhiosi li potrà trovare
nelle
case di certi preti
modernisti, dove tra le altre nobili occupazioni si dà anche
largo campo alla canicoltura.
No
non m noi non taceremo.
Modestamente, ma con fra
sincerità e franchezza
esponiamo il desiderio che si faccia cessare una buona volta una stampa che vive
di equivoci e di sottointesi, una stampa che da più anni si è addestrata a nascondere
il proprio veleno modernistico in un inciso, in un monosillabo, in frasi sparse qua e là,
in una lettera minuscola invece della maiuscola e viceversa.
Cessi la feroce avversione al giornalismo fedele e forte nel sostenere
le buone dottrine e gli insegnamenti e i voleri del Papa.
Noi non taceremo! Non tollereremo un’azione cattolica leggera; uomini e idee
di cui domani dovremo vergognarci. Vedete quello che ci è capitato fin qui.
Certi
propagandisti dell’idea democratica cristiana che furono tra noi, e
che erano
come
il sale l’anima di tutto il movimento, si ha fin
vergogna in qualche
oggi di nominarli:
certi
duci dell’azione cattolica e Direttori del Popolo, si pure
ha pure oggi quasi
vergogna
di nominarli.
Noi
non taceremo, e
A difesa della Chiesa e a salute del popolo, spezzeremo la penna
prima di deporla: noi non taceremo.
L’Affetto
al Papa è nella diocesi
nei nostri posti paesi
schietto e profondo,
ma
appunto per questo non vogliamo
via via i mezzi termini
e le mezze misure:
non vogliamo dei tentenna con tendenze modernistiche: non vogliamo più oltre
il
confusionismo delle idee: non vogliamo che si faccia
tradiscano
i nostri sentimenti cattolici!
¨