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[minuta di pro-memoria - in Messina]
Il sac.te Riccardo Gil è nato a Manzaneva, Prov. di Terruel (Spagna),
da nobile e ricca casa di Torrjas, che fu delle prime della Provincia (Aragona).
Fece
[i]
suoi studî in Spagna, fu militare, poi
all’università dei Domenicani
alle
Isole Filippine: ed è
sacerdote ben addottrinato in filosofia e teologia,
ma
e di principî piuttosto
esageratamente rigidi, come del resto sono quasi
tutti un po’ tutti
gli
ecclesiastici gli spagnuoli, specialmente anche
di alcune regioni.
Egli fu sempre di vita illibatissima, sacerdote di molta preghiera e di sincera
e profonda pietà; ma, come ho detto, di una pietà buona per sé più che per gli altri,
perché
troppo rigida austera
particolarmente per noi italiani, ed eccessivamente scrupoloso,
non fatto quindi per tirare il popolo.
È mortificatissimo nel vitto, e fin trascurato nel vestire; ritengo per certo
in spirito di penitenza.
Venne
pellegrino a piedi dalla Spagna a Roma, in
qualità di pellegrino mendicando
il
pane; mentre da giovane
ebbe pare abbia avuto
un periodo di vita brillante,
molto amante della musica e dei cavalli, uso Spagna.
Io
lo incontrai in Roma a principio del 1910: lo vidi raccolt
molto raccolto,
lo vidi pregare e mi fece buona impressione.
Viveva
di carità elemosina.
Ho preso informazioni di lui presso un istituto spagnuolo,
a
via Monserrato, e mi diedero
dissero che era un angelo di costumi.
Ho
trovato invero in lui spirito di bontà, umiltà e del
di vero sacerdote,
secondo
l’Evangelo di Gesù Cristo, quantunque di
una religione un po’ un po’ esagerata
un po’ formalista e alquanto esagerato.
nel
Lo presi con me, e lo
confortai conducendolo
e anche lo condussi
in
udienza privata dal S. Padre Pio X , poi me lo portai a Messina, e
indi a Reggio Calabria
dove
lavoravo ero
stato dal Papa ero stato nominato Vicario gen.le
dopo il terremoto,
e
per la morte di molti sacerdoti
ecclesiastici messinesi rimasti sotto le macerie.
Cercavo modestamente di cooperare alla rinascita della città.
Ero
avevo anche Ero anche
l’incaricato per gli orfani del terremoto,
per
i quali avevo aperto
lavorato ad aprire alcuni orfanotrofî,
e molti ne avevo ricoverati in altre città.
Lo trasferii poi a Reggio, e indi a Cassano Ionio, dove appunto avevo aperto
una casa-scuola
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professionale per orfani calabresi che, tolti dalla zona del disastro, avevo portato
in provincia di Cosenza con l’intendimento che non fossero sbalzati lontano
dalla
loro terra, né snaturati i loro
nei costumi della loro gente,
poiché ogni gente ha i suoi costumi, e sono buoni agli occhi suoi, - e anche per secondare
il grande programma sintetizzato nel motto sapiente dell’On. Chimirri:
gli orfani calabresi alla Calabria, e non dispersi come figli senza terra.
Così
po i rimasti vincoli di
famiglia si tenevano più stretti, e meglio si potevano
tutelare gli interessi degli orfani.
Il
sac.te Riccardo Gil, amante
della inclinato a vita di solitudine, venne
trasferito
al Santuario della Catena, presso Cassano Ionio, il cui annesso edificio era diventata
la casa di tanti poveri orfanelli del terremoto. Ivi stette 13 anni.
Nel maggio del 1923 lo chiamai a Tortona col pensiero di inviarlo alle missioni,
come egli insistentemente mi richiedeva, in paesi di lingua spagnuola.
Ma poi venne chiamato d’urgente in famiglia, per la grave malattia di suo padre.
L’8
di agosto del 1923 gli moriva il padre, don Gil giunse in
Ispa al suo paese qua
che era gi morto.
Il 18 ottobre del 1923 era tornato dalla Spagna e si trovava a Tortona.
Stette
provvisoriamente in alcuni nostri istituti, sempre dando
con una condotta civilmente
e
sacerdotalmente ottima, benché semp
un po’ esagerato nelle cose di religione.
Lo destinai poscia alla parrocchia di Ognissanti in Roma, dove rimase tre anni,
cioè fino alla fine del 1927.
Condotta morale sempre lodevolissima. Incapace di mentire e di far male
ad una mosca, il sac.te Riccardo Gil è scrupoloso fino alla esagerazione, fino a veder talora
peccato dove non c’è ombra di male. Tutto il suo studio è di vivere da santo sacerdote
fino
a martoriarsi, fino a far diventare pesante la religione, che
mentre invece non è,
non
dev’essere che un soave
raggio soave di Dio.
Tutto
il suo impegno è di secondare i voleri del cielo, ma, purtroppo,
come il nostro
Manzoni
disse parlando di quella tal Donna Prassede (che doveva esser una
spagnuola
anch’essa),
egli, il pio ed illibatissimo Sacerdote Don Gil talora prende per
ispirazioni
e per rivelazioni del cielo il suo cervello.
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Ragione
per cui, pur avendo dell’individuo
di lui come persona, e come sacerdote,
ogni stima, non ho ritenuto che avesse le doti dell’apostolato,
e
non lo mandai alle in
missione all’estero, come più volte mi aveva chiesto,
sovratutto perché troppo scrupoloso.
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