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+          G. P. A. M. !

           [metà (15) 12 - 1902]


Carissimo figliuolo nel Signore,


Ricevo la vostra lettera e, come desiderate, vi rispondo subito in Domino.

Mi sono occupato della vostra escardinazione, per cui c’erano molte difficoltà,

come sa anche il vostro buon parroco; poi ho sospeso dall’occupazione.

Sono anche poi tornato dalla Sicilia con ogni desiderio di potervi affrettare

l’ordinazione, ma non lo potei, mio malgrado, per tutto quello che avvenne subito dopo

e che voi sapete, in cui ho veduto motivi sufficienti per non essere tranquillo

della vostro vocazione spirito religioso.

Ho quindi creduto bene nel Signore di mettervi lì con don Sterpi perché lì aveste

modo di meglio darvi a perfezionare voi medesimo con la pratica di ogni virtù

e con l’acquisto specialmente della santa umiltà, senza di cui e non saremo mai

buoni religiosi e non avremo mai la benedizione di Dio sopra di noi.

Mi ha fatto dispiacere il vostro brigare scrivere per farvi richiamare in Sicilia.

e la lettera del Vescovo di Noto vedete che non fu non l’avreste dovuta fare scrivere,

perché è più che una mezza lezione, specialmente data ad un religioso.

Se voi, con, l’aiuto della divina grazia, vi metterete a dare ai Superiori questa prova

di un buono spirito di umiltà e di vocazione, vi assicuro che è tutto nei loro sospiri

abbracciarvi affettuosissimamente quale fratello che Dio dà loro; - che diversamente,

aveste anche ogni piû bella dote, essi saranno spiacentissimi, ma non potranno mai avervi

desiderare di avervi.

Vedete che vi parlo proprio chiaro, e come mi trovassi in punto di morte, e vi scrivo anche proprio sentendo, per divina grazia, nell’anima un grande amore

per il vostro bene vero.

Voi mi dite ancora che avete fatto tanti sacrificî, e che, se non aveste avuta

buona volontà, non li avreste fatti. E va bene, fino ad un certo punto.

Ora vi domando per la santificazione vostra e pel bene dell’Opera,

a cui desiderate appartenere che domandiate umilmente l’aiuto di Dio, e vi mettiate

a lavorare a sacrificare quell’amor proprio che avvelena anche le opere più belle dello zelo

e dell’attività.

Non sono le opere quanto lo spirito con cui devono essere compiute

a cui dovete mirare, pensando che è lo spirito buono che tirala benedizione di Dio,

e che a nulla varrebbe spogliarci di noi medesimi




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e dare via anche tutte le robe nostre, se non è per ispirito di Dio.

Caro mio figliuolo, fate morire voi stesso, e fate crescere in voi lo spirito di Gesù

Cristo, che è soprattutto negazione di amor proprio e abito di umiltà e carità.

Io pregherò per voi, e pregherò di più che non abbia pregato.

Guardate di pregare anche voi, e così Dio vi aiuterà e vi farà anche comprendere

che, nel caso vostro, fosse anche ragionevole per i superiori il tenervi in questa prova,

non lasciando però mai dall’animarvi e consolarvi per quanto lo hanno potuto.

Che Gesù vi benedica tanto!

Vostro aff.mo in G. C.


           D. Orione