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Carissimo Goggi, [Gaspare]
Sabato era tutto stabilito: la domenica mattina io dovevo partire col primo treno
per Genova.
E per questo avevo risposto a Timò; diglielo.
Stavo dunque in cucina, avevo terminato di dire l’ufficio, e Sterpi
non aveva più che qualche salmo. Io gli dico: «chiamami neh!»,
e poso la testa sul tavolo per dormire.
Era quasi la mezza notte. Non avevo ancor accomodato la testa
sulle braccia incrociate che sento una gran forza premermi e le braccia e il capo,
e in quel momento ero sveglio, né avevo ancora dormito.
E mi vedo davanti il nostro caro fratello Montagna, tutto bello
come il sole a mezzogiorno, né io lo potea ben guardare tanto era bello di luce bianca.
Aveva sotto i piedi una tomba chiusa di fresco, e qualche altra cosa.
Né
il suo piede posava per terra, ma si
xxx era sospeso un metro e mezzo in aria,
ed era bello, bello, come Gesù risorto! E mi disse: «Martedi, martedì!»
e poi qualche altra parola.
Io ero sveglio.
Lo volli chiamare, ma la mia lingua era legata; pure ad un secondo
e terzo grande sforzo, uscì in un grido: «Montagna!» -
don Sterpi non aveva ancora terminato, (perché tutto questo avvenne
in meno di due minuti, o in un minuto che sia). - Mi disse: «chi chiami?", gli dico:
C’è
Montagna, è Montagna!» Io dunque E
gli dissi tutto subito, e domenica,
vivamente impressionato, lo contai coi nostri giovani, e non partî,
perché non era per nulla un sogno il mio, e sentivo che qualche cosa era per accadere.
Questo martedì dunque moriva, quasi improvvisamente, De-Filippi Felice,
compagno di montagna, all’ora stessa che il nostro caro fratello era venuto ad avvertirmi.
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Caro fratello, noi siamo un po’ disgustati perché il povero De-Filippi
non poté né confessarsi né comunicarsi, anzi, quando io avvertî i giovani
che uno sarebbe morto presto, egli, voltosi ad un vicino di cappella, gli disse:
«Noi non preghiamo, non lo diciamo il pater noster per quello che dovrà morire,
perché muoiono i buoni, noi che siamo cattivi, non moriamo, noi!»
I giovani tutti, ma specialmente i freddolini sono un po’ impressionati,
tanto più che mandò a domandar loro perdono negli ultimi istanti,
del male che aveva loro fatto, e perdonò anche a loro.
Poi uscì in vaniloquio e disperò per una notte e un giorno. In questo tempo
non fece altro che chiamare Canegallo e dare calci e pugni e morsicate.
Quattro non bastavano a tenerlo.
Fece un’agonia di 4 ore. Gli fecero una gran pompa jeri al paese,
dove la salma fu trasportata; gli onori furono grandi, ma nessuno dei nostri
vorrebbe essere al suo posto. Io tuttavia spero che sia salvo. Ti scrivo un’altra lettera.
Co[grafia cancellata] cercate Gesù Cristo, facciamoci santi!
Vi saluto e vi benedico - Vostro indegno servitore e fratello.
Don Orione
Ignazio [firma aggiunta dal fratello di Goggi]
5 febbrajo [18]97
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