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Roma [- Ognissanti] 7 Febbrajo 1926
+ Anime e Anime !
Mio caro padre in Gesù Cristo, [Mons Grassi]
La grazia e la pace di n. Signore siano sempre con me e con tutti i servitori
e figli in X.sto di v. Eccellenza rev.ma.
Son giunto a Roma il 3, per accompagnare, come mi pare averle detto,
due
chierici, che il 4 da Brindisi dovevano partire
imbarcarsi per Rodi.
Invece
forse perché il mare
era brutto, non imbarcarono poterono
partir che partire
il
5, ci siamo salutati qui.
Dio li assista, che i giornali riferiscono in questi giorni di frequenti naufragi.
Ho sentito dolore vivissimo per la morte di don Semino.
Ero
stato a visitarlo dopo l’operazione, e mi avevano xxxx
assicurato
che essa era andata molto bene.
Giunto a Roma la prima lettera la scrissi a lui, subito, dopo poche ore.
In verità non so spiegarmi cosa fosse, fatto sta che nel viaggio
non
me lo potevo togliere dalla mente, e per tutta la notte che
durò il viaggio
dal
2 al 3 mattino, me lo vedevo sempre mi
pareva di vedermelo davanti.
E sì che non ero stato a Voghera il dì prima ma la domenica 3l genn. -
Così,
subito il dopo pranzo del 3 non
riposai, ma quasi per aver pace
dovetti
mettermi a scrivergli, per darmi pace.
E, cosa strana, scrivevo e piangevo;
e
mi davo dello sciocco, e non potevo trattenermi dal
piangere;
sentivo
era un dolore profondo, ma calmo, una gran pace e
insieme un amore dolcissimo,
e
fraterno che mi sollevava e portava a pregare per
l’amico lontano.
Mi
chiusi in camera, perché non mi sorprendessero così
a piangere così! -
E, poiché mi venne fuori una lettera che era più una preparazione alla morte che altro,
la
mandai ho mandata a don
Coda, nel timore che le mie pazzie
potessero potesse
non dirò far male al malato, il cui animo ben conoscevo,
ma essere interpretata chissà come dai parenti.
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Così
E a don Coda dissi: a
don Coda vedi vedrai tu se è il caso o meno di
leggergliela.
Forse
m Mentre scrivevo egli moriva, povero don Semino!
La mano di Dio ci aveva condotti per parecchi anni su e giù per i monti
e le
valli della diocesi! ed egli, - quando io mi credevo figliastro
figlio dell’aquila,
ed ero in quell’età in cui più l’uom vaneggia, - mi prese come per mano
e mi insegnò a lasciare i paroloni e a predicare Gesù Cristo.
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