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Riservata a don Ravazzano
+ Tortona, il 25 / IV 1918
Caro sig.r economo,
Ho ricevuto la sua gradita lettera, di cui la ringrazio di cuore
avrei voluto risponder subito, ma fui fuori di casa.
Se
l’altro jeri ho mancato e in qualunque
modo ho mancato a parlarLe così
nel
dirle a quel modo quella
parola sinceramente e con umile affetto in Gesù Cristo
Le
chiedo perdono. È anzi per me, se non una gioja
nel Signore, un
sollievo
e un vero conforto poter nel Signore fare quest’atto doveroso.
Mg.r
Vescovo, a cui trasmisi le sue lettere
sulla nostra vertenza
mi
può essere testimonio che scrivendogli
scrivendo o parlando a lui di lei
ho sempre usato non solo rispetto, ma vero affetto, e non ho mai tralasciato di essere
fin
dove si può il suo
difensore e del suo Istituto in tutto ciò che ho potuto,
forse
in più d’un qualche
momento anche con sua meraviglia. Mai,
come
durante questa vertenza, ho cercato di tenere l’anima
piena lo spirito
pieno
di serenità e di buona disposizione. e
di vedere luce da per tutto attorno a lei
e
al suo Istituto.
Ho
l’anima sì, è vero, glie lo dico,
profondamente addolorata
per
l’atteggiamento per me inesplicabile
assunto da lei, caro don Ravazzano,
contro
questa povera povera
Casa; perché lei sa che tutto poi va a
finire
non
tanto contro la mia persona, che io non faccio borsa, ma contro
questi poveri figli.
ma non gliene serbo affatto rancore.
Ancora
oggi non so non riesco
a capire come lei, che sa bene come stanno le cose,
possa da me esigere più di quello che già ho fatto, e voglia continuare
a
tirarmi davanti a dei ai
tribunali Non le e
farmi passare d’aver prese 40.000 lire.
serbo
rancore, ho no!
Tuttavia
io prego anzi e vado
facendo pregare per lei, affinché se a Dio piace,
questa tribolazione finisca.
Mi
affligge di vedere che è proprio don Ravazzano a fare
farci questa parte,
e,
tolto don Sterpi e don Zanocchi, perché
che stanno a Tortona,
nessun
altro de’ nostri miei
preti sa questo. ed io non ho cambiato
il mio xxxxxmento
certe
mie disposizioni per lei, perché le facessero
¨