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[l’azzurro è dattiloscritto]


Il secreto della virtù

(soffrire - tacere - beneficare)


 Bella è la virtù, e adorna di uno splendore così puro che si fa ammirare

anche dai malvagi, i quali sebbene non abbiano il coraggio di praticarla essi stessi,

la esigono dagli altri.

 Tuttavia si dice è rara, e, se ciò è vero, la ragione è questa,

che la virtù richiede sacrifici, e sono pochi coloro che amino una vita di sacrificio.

Se pertanto io dovessi educare dei giovani io direi loro: volete crescere virtuosi?

abituatevi anzitutto a soffrire, a tacere, a beneficare, anche quelli che vi fanno soffrire.

Qui sta il secreto della virtù: il soffrire è all’anima scuola di virtù,

il tacere è la forza che la conserva; il beneficare è il balsamo che la consola.

 Il soffrire è scuola: «che cosa, dicono i libri santi, colui che non ha patito?» -

(Eccl. 39, 9). E un uomo che aveva potuto conoscere il mondo,

il Conte di Cavour, pronunziò questa sentenza memorabile: «la metà delle idee

e dei sentimenti mancano a quelli che vivono nei piaceri». Difatti non si acquista nulla

di bene o bono senza soffrire. Per essere temperanti, religiosi, amorevoli, umili, casti,

laboriosi, coscienziosi, bisogna poter dire alla fine di ogni giornata:

oggi ho vinto la carne coll’astinenza, lo scoraggiamento con la fede, l’ira col perdono,

la falsa scienza coll’umiltà, la falsa parola col silenzio, l’avarizia col generoso distacco

dai beni a cui non aveva sicuro diritto. Bisogna insomma combattere se stesso,

perseverare nel quotidiano sacrificio delle nostre passioni, patire per essere virtuosi.

Colui che nella vita cerca godimenti non avrà mai che un cuore stupidamente egoista.

Ed ecco la segreta ragione per cui l’educazione di tanti giovani riesce oggidì sbagliata.

Si fanno fare ad essi dei corsi di fisica, di lettere, di aritmetica, ecc., non si fa fare ad essi

un corso di virtù, abituandoli al sacrificio della propria virtù. Si accarezzano,

si accontentano, si procurano ad essi tutti i piaceri. Come faranno così abituati,

a sostenere un giorno con dignità i colpi del dolore? Lontani dalla santa scuola

della Croce, cresceranno egoisti, sensuali, incontentabili, crudeli. Iddio liberi le famiglie

dal flagello dei figli educati, come si dice, «alla moda»

 Non basta però abituarsi a soffrire; per essere virtuosi bisogna saper soffrire

e tacere. La virtù non sarà mai fortunata nel mondo; la sua sorte è di essere

implacabilmente odiata dai malvagi, ed è un inganno dei giovani il credere

che essa possa essere amata e premiata dalla maggioranza degli uomini.

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 Convien dunque rassegnarsi al destino dei buoni che è di essere perseguitati

e vilipesi quaggiù, e non cadere nella debolezza di cercare uno sfogo al dolore

con inutili lamenti. Non si ripara coi lamenti alle nostre sventure o ai disordini

del mondo; invece non si riesce che ad infiaccarci e a dissiparci.

Il bisogno di sfogarci per essere compatiti e consolati dagli uomini

è una debolezza di cui i buoni debbono a poco a poco correggersi:

anche le lacrime devono avere il loro pudore.

 Bisogna saper vivere come se sulla terra noi fossimo solo con Dio;

a Lui confidare le nostre pene, da lui aspettarne il conforto,. Questo soffrire in silenzio,

contentandoci dello sguardo di Dio, moltiplica l’energia dello spirito

e ci prepara un’anima d’acciaio contro i colpi della fortuna, i denti della calunnia,

e le vili tentazioni del rispetto umano. Se nell’afflizione è necessario, parlare,

facciamolo con ispirito di pace, se non ci ascoltano, opponiamo all’ingiustizia il silenzio,

la fermezza nel dovere e la pazienza, ma non una pazienza derivante dal calcolo,

bensì una pazienza cristiana che continua ad amare il nemico. Il solo vero conforto

che dobbiamo cercare sulla terra è quello di beneficare tutti e specialmente

quelli che ci fanno del male, e pregare per essi.

 Il beneficare è il balsamo incorruttibile che addolcisce le pene della virtù.

Nulla v’ha di più consolante che asciugare le lacrime di un fratello

o perdonare un nemico. Forse talora avrem bisogno di consolazione noi stesso

e dovremo invece confortare gli altri; non rifiutiamoci tuttavia alle voci della carità,

e soprattutto non facciam come quelli che, vedendo mal corrisposti i loro sacrifici,

maledicono gli uomini e chiudono la mano con cui li beneficavano:

il compenso noi dobbiamo attenderlo soltanto da Dio. Certo, questa legge di soffrire,

tacere e pur beneficare sembra dura, ma Dio l’ha resa facile e consolante.

In nostro Signore Gesù crocifisso sono tutte le virtù e tutti i dolori,

e così Dio ha resi ugualmente amabili il dolore e la virtù. Amando Gesù Cristo

è impossibile non amare i patimenti da lui «circondati d’un’aureola divina,»

come ben scrisse Pietro Cossa. Quando si legge difatti nel Vangelo

che Dio ha tanto amato il mondo da sacrificare per esso il proprio figlio,

una voce dal fondo del cuore ci dice che noi dobbiamo dunque amar tanto Iddio

da sacrificare noi stessi nel mondo per lui.

 Ad ogni modo soffrir bisogna. Soffrono i buoni e soffrono i cattivi,

ma questi portano la loro croce con ira disperata, quelli portan la croce

con amore guardando Gesù crocifisso: con essa battono alle porte del cielo.

 Soffrire, tacere, beneficare.


         Sac. Luigi Orione

         dell’Opera della Divina Provvidenza

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