V061T057 V061P089



Gli orfanelli di Sant’Antonio


          Ai cuori generosi


 Se vi è un’opera interessante e pietosa, essa è veramente quella che da’ un tetto,

un pane onorato ed una cristiana e civile educazione agli orfani.

 La carità di Gesù Cristo, l’amore del prossimo e della Patria

vogliono che non lasciamo senza appoggio i fanciulli più abbandonati e più infelici.

 Vi sarà un’anima che possa pensare alla sorte di questi figlioli, senza commuovessi?

Vi sarà un cuore caritatevole alla cui generosità si faccia invano appello,

nel nome divino di Gesù, per questi piccoli esseri, i più cari a Dio, i più cari agli uomini,

in queste giornate di guerra.

 Ma spesso si dimenticano gli infelici, perché non si è a contatto con l’infelicità,

e gli orfani sono spesso toppo piccoli, troppo ignari della loro triste sorte

per poter implorare la pietà di quelli che li ignorano, o che pure potrebbero venir

loro in aiuto.

 Sia dunque lecito farlo a chi, fiducioso nella Provvidenza del padre che è nei cieli,

e nella generosità dei cuori, ha assunto la responsabilità di ridare una famiglia

ai poveri orfanelli.

 Da parecchi anni, nel nome benedetto di Sant’Antonio è sorta alle porte di Cuneo

la Colonia agricola pei fanciulli orfani o abbandonati.

Essi frequentano le scuole elementari della città

e vengono poi avviati ai lavori campestri; giacché non fu certo un bene per l’Italia

l’aver distolte tante braccia dall’agricoltura.

 Di anno in anno la nostra Colonia andò prendendo uno sviluppo consolante;

gli orfani diventarono numerosi, e sono ormai una schiera.

 Essi vengono condotti sul campo ed istruiti nell’agricoltura pratica e razionale:

seguono da quattro anni il corso governativo di bachicoltura:

hanno scuola di frutticoltura: crescono esperti nell’allevamento degli animali da cortile

e di stalla: hanno una belle conigliera, e presto avranno anche le api.

            V061P090


 La stalla della Colonia agricola fu premiata (2° premio).

 La conigliera ebbe quest’anno il 1° premio (Medaglia d’Oro)

dal municipio di Cuneo.

 La scuola di bachicoltura, che la cattedra ambulante tiene alla Colonia,

è sussidiata dal Ministero, che la ha in molta considerazione.

 La nostra Colonia concorse per i bozzoli, ed ebbe ripetutamente il premio.

 Chi da Cuneo va verso San Dalmazzo, per poco che s’intenda di campagna,

è tratto a fermare il suo occhio su la Colonia, pel modo onde i terreni sono condotti,

e per la qualità e l’abbondanza dei loro prodotti.

 Questo non diciamo per prendere posto sulla fiera delle vanità ché, avanti a Dio,

sentiamo bene di essere servi inutili, e il modesto nostro lavoro altro non è

che parte del nostro elementare dovere.

 Ma, per chi ancora non ci conosce, è pur bene si sappia che la nostra

non è solo opera di fede e di beneficenza, e che l’Istituto di Cuneo

non è un semplice ricovero di orfani, ma vuol essere anche e più,

opera di utilità pubblica e sociale.

 Noi vogliamo mantenere gli orfani nella religione dei padri;

vogliamo crescerli alle virtù e ad un lavoro onesto, intelligente e remunerativo,

che li prepari e li formi lavoratori robusti, temperanti, morali, gentili, franchi:

per la vita, per la famiglia per la patria.

 Com’era facile a prevedersi, nella buona ed operosa cittadinanza di Cuneo

e in tutte le autorità sì ecclesiastiche che civili, come nelle amministrazioni

e pî Istituti cuneesi, noi abbiamo trovato molta benevolenza e largo appoggio.

 I nostri orfani non hanno mai mancato di nulla, grazie alla generosità di tutti,

e specialmente di alcuni insigni benefattori e benefattrici la cui carità,

fatta con tanta modestia, sarà particolarmente scritta nel libro della vita e nei nostri cuori.

Che se qualche dispiacere ci fu, fu questa la maggior grazia che il Signore ci potè fare: purificarci col dolore. Ogni ferita del nostro amor proprio è il fiore doloroso

e purpureo per cui passa purificandosi, la vita.

 Né sarà mai che vogliamo ricordare i dolori passati; ai dolori non ci fermiamo:

sit Nomen Domini benedictum: Ave Maria e avanti!

            V061P091


 Ma, dallo scoppio della guerra, i tempi parvero alquanto cambiarsi.

Dirò anzi che alcuni, nel maggio del 1915, dubitarono che non potessimo

più tirare innanzi. Altri poi, forse troppo umanamente prudenti,

avrebbero voluto che avessimo senz’altro messo il catenaccio alla porta,

e chi c’era, c’era, e basta! perché dicevano, troppi bisogni della guerra

fanno appello alle risorse della pubblica carità, e per gli orfani non ci sarà più pane.

 Ma la carità conta su riserve che il calcolo umano non conosce.

La carità tiene vigile il cuore e guarda ben alto: la carità è divina e perciò inesauribile:

essa trova sempre qualche cosa pei poverelli di Cristo. Che se da una parte, in verità,

le sorgenti della beneficenza parvero inaridirsi,

dall’altra la fede nella Santa Provvidenza di Dio aumentava ogni di più,

più aumentavano sine fine i fanciulli derelitti e gli orfani da accogliere.

 Il tempo di guerra è una difficoltà grave per le borse, certamente; ma è, viceversa,

un incitamento di più per i cuori.

 Non è forse adesso che si sente più viva la pietà per le vittime dirette

e indirette della guerra?

 E noi abbiamo conosciuto, in quest’ora difficile, dei cuori ben generosi!

Ah il cuore italiano, il cuore cristiano è ben grande!

 Lo diciamo alto a gloria di Dio e ad incoraggiamento dei buoni:

sono sedici mesi di guerra guerreggiata: agli orfani che già avevamo

si aggiunsero altri orfani: ma i generosi non mancarono mai:

Sant’Antonio pensò sempre ai suoi orfanelli!

 Tanti padri, rispondendo all’appello della patria, ci hanno affidato

ciò che avevano di più caro, i loro figli; e se sono partiti entusiasti di andare

a battersi da valorosi contro il nemico, egli era perché sapevano i loro bambini

in luogo sicuro; e la morte stessa a parecchi di essi è dovuta sembrare meno dolorosa

poiché avevano la nostra promessa che i piccoli orfani avrebbero presso di noi

ritrovata una famiglia.

 E oggi, davanti alle continue domande di accogliere i poveri orfani della guerra,

non noi staremo un momento in dubbio: prima ci verrà a mancare il posto da ricoverarli

che il cuore da riceverli.

 Sant’Antonio ci verrà in aiuto!

 Ogni orfano che ci viene portato, noi, a nostra volta, lo portiamo davanti al Santo:

perché lo guardi e lo conosca bene, e perché lui provveda: gli orfani sono i suoi!

 Ci verranno in aiuto, non ne dubitiamo, anche i nostri bravi soldati:

si tratta dei loro figli o dei figli dei loro camerati.

 Ci raccomandiamo perciò agli zelanti cappellani militari,

sicuri che questi orfani saranno l’oggetto del loro affetto perenne!

 Ci aiuteranno ancora tutti i cuori generosi!

            V061P092


 E noi non ci arresteremo, ma allargheremo le braccia e il cuore

per accogliere il più gran numero degli orfani dei nostri soldati.

 Questo vuole da noi Gesù cristo: questo da noi vuole l’amore di patria,

che è tra i più profondi e sacri amori del cuore umano, perché è amore del prossimo.

 E, nel nome di Sant’Antonio, eccoci qui col nostro Bollettino,

che da oggi parta in fronte e la nostra fede e il nostro amore: Sant’Antonio e gli orfanelli!

 Eccoci coraggiosamente all’opera: Charitas Christi urget nos! Anime e Anime!

orfanelli e orfanelli!

 Mancheranno prima gli orfani, che la carità di Cristo che ci arde e ci affoca il petto!

 Ma abbiamo bisogno di maggior locale: abbiamo bisogno di maggior aiuto!

 Ed è per questo che facciamo un caldo appello a tutti i cuori generosi.

La carità non ha partito: la Patria non ha partiti, oggi. Non guardate se siamo preti o frati:

guardate che ci facciamo padri dei vostri orfani!

 La nostra fede è anche olio che tiene accesa la lampada del nostro patriottismo;

non abbiamo vergogna del nostro Dio e del nostro Papa! -

e siamo fieri d’essere preti e frati.

 Vi diremo di più: sappiate che, viva Iddio! vogliamo essere preti o frati

dalla testa ai piedi: di buona e di salda lega. Oh! non siamo una setta noi

da aver da nascondere l’esser nostro: nel modesto nostro lavoro

non abbiamo nessun sott’inteso, nessun sottofine. Non veniamo

e non siamo di nessuna chiesuola; siamo, per divina grazia, figli umili

e fedeli della santa chiesa di Roma della chiesa madre e cattolica:

e tali vogliamo essere o morire: senza titubanze, a fronte alta, senza macchia

e senza paura. Guardateci bene nell’anima: ascoltateci bene nel cuore:

avete avanti a voi dei cattolici e degli italiani, che si onorano di essere e di dirsi tali.

 Niente paura dunque di noi; non paura del nostro abito; per carità,

non è più l’ora da perdersi in simili sciocchezze.

 La chiesa non è un partito, e non ad un partito abbiamo consacrate le energie

e la vita noi, piccoli figli della Provvidenza Divina; ma ad un’alta idealità

che è vocazione religiosa e apostolato santo di bene.

            V061P093


 Delle cabale della politica, non c’intendiamo. La nostra politica è la carità,

una politica così larga che non vede partiti: la politica del Pater Noster.

 In tanta apostasia dalla fede, in tanta onda che ci preme di egoismo e di odio

ché tutt’altro che sacro, vogliamo amare e far amare Iddio, la chiesa e la Patria

con la carità: vogliamo con la carità trionfare su tanti cuori ostili o ribelli!

Charitas Christi urget nos! «Già troppo odiammo!» ha gridato il Carducci,

che morì credente e, pare, qualcosa di più, e fu troppo debole per dirlo forte.

 «Conoscerò che siete miei figli, se v’amerete a vicenda!» ha detto Gesù Cristo.

E in questa divina voce, che è amore e luce, sentiamo che Dio ci ha chiamati a dare

senza volgare mercede e senza alcuna viltà la nostra vita pei fanciulli più abbandonati.

 Non dubitate, no; la nostra educazione ha spiccato carattere cristiano e di italianità.

 Vi daremo dei giovani che crederanno a Dio più che alle miserie della umanità:

che crederanno alla Patria perché credono al Vangelo, Giacché questa guerra ci prova

che la moderna civiltà, gli studì, le magniloquenti dottrine non sono sicuro riparo

alla barbarie: volgeranno anzi tutto l’anima dei giovani ad un altro elemento,

alla virtù: il resto ha fatto fallimento!

 E non dubitate: gli orfani troveranno dei padri!

 Ma abbiamo bisogno di aiuto, e parlo ai generosi.

 Chi da’ agli orfanelli di Sant’Antonio, presta a Dio!

 Don Bosco lasciò scritto che la carità ai piccoli fanciulli è l’opera di misericordia

più efficace. E «Iddio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!».

 Che ciascuno dia secondo i suoi mezzi,

ricordando lo scopo particolarmente santo dell’opera:

il sacrificio sino all’olocausto della nostra vita per crescere all’onesto vivere cristiano

e civile gli orfani, i pegni più sacri dei nostri bravi soldati e della Patria.

 Il soldo della vedova sarà il benvenuto come il pezzo d’argento del negoziante

od il biglietto del banchiere, e tutti avranno diritto allo stesso titolo di riconoscenza

dei nostri orfani.

 Soldati, a voi la mia ultima parola! - La elemosina la chiedo

e la aspetto anche da voi. La vostra offerta, per quanto modesta, sarà la più gradita

e benedetta: sarà il conforto della carità dei fratelli che combattono:

l’atti più gentile e commovente verso gli orfani dei commilitoni caduti!

            V061P094


 Soldati, gloria, pace e benedizione sopra di voi!

 La vostra elemosina va, oggi, pei figli dei vostri camerati; ma, domani, chissà?....

ah! pensate: - domani forse essa andrà .... per i vostri figli!...

 Vedo una turba di fanciulli che si avanza, e porta scritto sulla fronte:

Divina Provvidenza!

 Dio mio, son essi!

 Un’onda di pianto mi soffoca ...

 Cuori generosi, a voi!


                   Sac. Orione

         dei figli della Divina Provvidenza.

¨