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Dividiamo cogli orfanelli di guerra tutto ciò che abbiamo!
Fu il Pestalozzi grande educatore svizzero, nato nel 1745, morto nel 1827:
uomo stimatissimo per ingegno e per virtù, benché propugnatore
d’un metodo pedagogico su cui molto c’è a discutere, perché,
esagerando un concetto di Loche, pone a fondamento della educazione le matematiche,
quasi fosse lecito non accettare anche le verità provate dalla coscienza e dal cuore.
Egli adunque aveva assunto la direzione d’un istituto a Stanz
(cantone di Unterwalden), fondato per bambini poveri, che la guerra aveva reso orfani
e che, senza l’aiuto della carità pubblica, sarebbero rimasti abbandonati.
Non bastando il tenue sussidio governativo per il loro mantenimento,
quei fanciulletti nella buona stagione lavoravan la terra come fanno i nostri orfani
della Colonia agricola di Sant’Antonio.
Improvvisamente si seppe che la città di Altorf, nell’Uri, era stata incendiata.
Pestalozzi, vivamente commosso, riunì i suoi allievi e loro disse: -
Cari bambini, ho una ben triste notizia da darvi. Altorf è distrutta
e forse più di cento bambini si trovano ora senza vesti, senza cibo, senza tetto.
Volete voi che chiediamo al Governo di darci venti di quei poverini?.
- Sì, sì! - gridarono ad una voce i fanciulletti.
- Ma riflette - riprese Pestolazzi - che noi abbiamo poco denaro,
e non so se il Governo potrà aumentare il sussidio. Probabilmente, per mantenere
e istruire quei vostri compagni, dovrete lavorare di più e far parte ad essi del vostro cibo
e delle vostre vesti. Non dite dunque che siete pronti a riceverli, se non vi sentite sicuri
di saper sostenere per loro amore e senza rimpianto qualche sacrifizio.
Pestalozzi ripeté più e più volte queste considerazioni
e le fece ripetere ai fanciulli, per assicurarsi che avessero ben compreso;
essi perseverarono nella loro risoluzione.
- Vengano, - andavano ripetendo - noi vogliamo dividere con essi
tutto ciò che abbiamo e siamo pronti a lavorare di più, per mantenerli.
I venti orfanelli furono ricevuti e trattati come fratelli.
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I nostri orfanelli di Sant’Antonio, lo diciamo con santo orgoglio,
hanno già detto praticamente la grande parola: da che è scoppiata la guerra
essi lavorano di più, essi si vanno ogni giorno imponendo dei sacrifizî
per tanti altri piccoli fratelli, orfani come loro, e perciò il numero dei nostri orfani
va crescendo di giorno in giorno.
Ma, chi non sentirà il dolore dei piccoli orfanelli di guerra?
Il nostro periodico, che è il giornaletto degli orfanelli,
giunge anche ad egregie maestre e maestri: giunge ad ottime Signore,
a tanti buoni giovanetti, a pie fanciulle a soldati.
Non vorranno i sig.ri insegnanti, ai quali perverrà il nostro periodico,
diffonderlo tra i loro alunni e alunne, e con alta parola di pietà promuovere
una colletta per questi orfani?
Le buone signore e tutti i piccoli lettori del giornaletto
degli orfani di Sant’Antonio non sapranno imporsi qualche sacrificio
per soccorrere gli orfani della guerra? Non sapranno rinunziare a qualche divertimento,
nelle presenti sventure e, mentre le altri fonti della beneficenza, a causa della guerra,
vanno inaridendosi, farsi padri e madri di poveri bambini rimasti senza padre
e senza madre?
La carità ha una grande virtù purificatrice, e rinnovatrice. Dio si placa
soffrendo sui campi di battaglia, ma Dio si placa anche con l’elemosina agli orfanelli,
col privarsi dei godimenti e con qualche sacrificio.
Non è il Signore che ha detto: «quello che farete nel nome mio
ad uno di questi piccoli, l’avrò come fatto a me stesso?»
Ben vengano adunque gli orfani della guerra: noi vogliamo dividere con essi
tutto ciò che abbiamo!
Nessun orfanello soffrirà, senza che noi soffriamo!
La Provvidenza di Dio e le anime pietose non ci abbandonino!
E grazie alla carità che accende i cuori dei nostri benefattori delle collettrici,
ma specialmente degli zelanti cappellani militari, e dei nostri bravi soldati,
accoglieremo altri orfani di guerra, e con essi divideremo anche l’ultimo pane.
Finché l’Italia sia uscita da questo lavacro di lacrime e di sangue più forte
e più grande, non soltanto davanti alle altre Nazioni, ma agli occhi di Dio.
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