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«Noi troppo odiammo e sofferimmo - Amate!»
Il 13 giugno è la festa di S. Antonio da Padova!
Ancora una volta la dolce festa del Santo aprirà a speranza milioni di cuori
che di S. Antonio hanno sempre esperimentata la virtù potente
e la bontà veramente celeste. Tutti sentono che questa è l’ultima festa del Santo
che i nostri soldati passeranno in guerra.
E noi, che del culto benefico del grande Taumaturgo
abbiamo fatto l’aspirazione del modesto nostro lavoro, ci prepariamo a solennizzarla
con ritemprato fervore. Noi pregheremo più umilmente il Santo dei miracoli
di renderci degni della sua efficacissima protezione: di difendere,
di sostenere i nostri soldati; di custodire, di crescere i nostri orfanelli, che sono suoi:
di benedire, di consolare i nostri benefattori, che sono i suoi!
È bello che il nostro bollettino rammemori nella gioconda occorrenza
il patrono da cui esso e la Colonia agricola degli orfani prendono nome:
è bello celebrare la grande figura di Sant’Antonio, di lui che sentì
e altamente espresse tutte le divine virtù del cristianesimo, tutte le più feconde
e ineffabili energie della chiesa cattolica.
Sant’Antonio di Padova è nome di fede, di pace, di carità!
Ecco perché il 13 giugno la cristianità intera benedirà a S. Antonio,
a questo nobile e popolarissimo frate, che davvero fu ed è il Santo del popolo.
A soli 36 anni egli morì, il 13 giugno del 1231. e, in quel breve volgere di vita,
quante opere quali fatiche! quale ala spiegò il santo nei cieli sereni
dell’apostolato di Cristo! Nella solitudine di Monte Paolo si raccoglie in meditazione
e preghiera; ma dopo, come Mosé, discenderà dal monte
con lo splendore di Dio nell’anima e nella parola, sicuro ed armato,
alla missione alta di fede e di pace che gli ha dato il Signore.
E tutta la sua vita sarà luce di fede! E dove passa estingue gli odî,
e scrive la parola della concordia e della carità!
Sant’Antonio fu sempre là dove fu l’anima del popolo. - Intendiamolo bene noi,
ché è l’ora!
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Chi più di lui cercò e visse la vita e la povertà stessa del popolo?
Chi di lui più benemerito della pace tra le città e castella d’Italia, della proprietà
e cristiana ascensione delle classi più umili.
Alla sua figura, radiosa nelle tenebre del medio evo, forte e dolcissima
tra la ferocità e il sangue di Ezzezino: alla sua figura, dopo sette secoli,
guardano ancora oggi e s’inchinano con ammirazione e amore
non solo le umili schiere dei pî devoti ma potenti intelletti, ma uomini di studio,
credenti e non credenti. - E perché?
Tempi di divisioni e di odî, tempi di errori religiosi, di contrasti civili,
di guerre fratricide, incessanti, sanguinose furono quelli che videro
Sant’Antonio di Padova.
In questo mirabile frate, che la «sapienza del mondo»
calcò con «la pazzia della croce», secondo la indimenticabile espressione di San Paolo,
uscì con petto infocato di apostolo, e soffiando sui popoli la carità,
e dell’amore di Cristo vivificando le plebi: vivendo pei poveri di Cristo
e Cristo servendo e amando svisceratamente nei poveri, -
seppe con illuminata eloquenza, con la santità e l’olocausto stesso
di tutta la sua giovane vita, imporsi ai potenti e a turbe immense di popolo,
e tutti trascinare dietro di sé, e tutti portare tra le braccia a parte di Cristo.
L’Italia della età sua e gli oppressi e gli afflitti d’ogni fatta ebbero in lui
un araldo insuperabile di pace e di conforto, un insigne maestro e propugnatore di vita
veracemente cristiana e civile. Ecco perché in questa nostra,
che fu detta «l’ora dei popoli», è bello ricordare Sant’Antonio di Padova,
il quale di tutti i frati di San Francesco, che pur sono i frati popolari per eccellenza,
è il frate più popolare: come egli è ritenuto, oso dire, per l’umanitario
e il più popolarmente benefico di tutti i Santi, per l’opera mondiale del pane ai poveri.
E quanti non hanno lo spirito velato da passioni settarie:
quanti onesti ancora serbano in cuore il culto delle cose alte generose e benefiche,
non possono non inchinarsi reverenti a lui.
E i credenti e divoti di Sant’Antonio molto da lui si aspettano,
in questa trepida ora.
Se la pace è oggi il sospiro dei popoli, pace dev’essere non di deboli, né di vili:
ma di forti, ma di onesti, che si onorino nel nome di cristiani e di italiani:
tale la pace debb’essere, o non sia!
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Ebbene, quella appunto è la pace che Sant’Antonio predicò
e portò ai popoli de tempo suo: una pace figlia della grazia di Dio e della virtù:
della carità e della giustizia, pace ai popoli nel diritto e nel possesso di quella libertà,
a cui Cristo ci ha liberati.
È questa, e questa solamente, la pace voluta da Cristo e dal suo Vicario:
la pace giusta che dovrà rinnovellare il mondo.
O perché mai volle Iddio serbare incorrotta la lingua di S. Antonio,
se non perché la voce di lui si ridestasse oggi, nunziatrice di tal pace?
Angelo del cielo, come già gli angeli sul mondo corrotto e feroce, passa,
o Sant’Antonio, sui campi insanguinati, e canta la pace di Dio!
Congressi come quell’dell’Aja, sarebbero la più indegna ironia della pace.
No! vano è sperar pace dagli uomini: fugace e vana è la pace loro!
Qual mano d’uomo potrà oggi arrestare nella sua corsa sfrenata e brutale
la macchina della guerra?
La pace noi la invochiamo sopra tutto dal cielo!
Pace, pace! o Sant’Antonio, sull’uragano spaventoso che minaccia: pace!
all’avvicinarsi del giorno a te sacro!
Pace! «..... o genti umane affaticate!
Tutto trapassa e nulla può morir:
Noi troppo odiammo e sofferimmo. Amate!»
Don Orione.
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