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Torniamo a Dio!
«Le presenti calamità non avranno fine, prima che gli uomini ritornino a Dio»,
ha detto il Papa.
Anche Alberigo Gentili scrisse presso a poco così nei suoi tre libri De jure belli,
benché fosse un apostata.
Sì, in questi libri trovammo chiaro il convincimento, in cui era lo scrittore,
che, per dar pace giusta e duratura ai popoli e alle nazioni non bastano i giornali,
né i diplomatici, né i Congressi dell’Aja o altri, né i soli cannoni,
né gli eserciti soli bastano: ci vuole, sovra tutto, l’intervento del più alto principio:
ci vuole Dio!
La pace è un dono di Dio! e non si accorda che agli uomini di buona volontà,
come cantarono gli angioli sulla capanna di Betlemme: agli uomini che tornano a Dio
e camminano le sue vie: vita, vittoria e pace!
Alberigo Gentili, quantunque avesse apostatato dal cattolicesimo,
conservava tuttavia un resto di quelle sante massime che aveva attinte
da un’educazione profondamente cristiana, e nel suo trattato De jure belli giunge
a citarvi anche le antifone del Breviario.
Non era più cattolico quell’infelice, ma non si sa ben dire quale protestante fosse.
Pensate che i suoi tre libri sulla guerra si chiudono sempre
con una preghiera per la pace, volendo dirci che è dal cielo che noi dobbiamo aspettarla
e chiederla, e che solo camminando alla luce che viene dal cielo avremo una giusta pace
con la vittoria.
Ed oggi, che la chiesa inneggia al bambino di Betlemme,«al Re pacifico
che s’innalza sopra tutti i Re dell’universo»: oggi che il Vicario di Gesù Cristo,
Benedetto XV, ha chiamato i governi e i popoli a ritornare sinceramente a Dio,
per ritrovare quella pace giusta e duratura che è il sospiro di tutti,
vogliamo dire colle parole di Alberigo Gentili, cioè con le parole stesse di un apostata,
che la pace che Gesù Cristo è venuto a portare sulla terra si troverà
solo nel ritorno della società alla scuola del Vangelo. «Quando i ciechi di oggi
avranno visto e i sordi avranno udito», quando ogni deviazione sarà raddrizzata
ed ogni asprezza appianata, allora, e solo allora, «vedrà ogni uomo la salvezza di Dio».
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Ed invero il Gentili, nel suo 1° libro De jure belli, dopo di aver enumerato
le ragioni di una guerra giusta, si rivolge a Dio ed esclama: «Tu, Padre di giustizia,
Iddio, tu rimuovi da noi questa cagione, facendoci ritornare a te, e leva dal mondo
ogni motivo di guerra. Dà, a Signore, dà a noi, in questi giorni, la tua pace». -
È la preghiera che i sacerdoti fanno al chiudere dell’Uffizio: Da pacem, Domine,
in diebus nostris! Sicché un apostata ha finito il primo libro del tuo trattato
col Breviario romano. (De jure belli, pag. 109).
L’alma pace viene solo da Dio, e non si dà pace senza la giustizia.
Essa poi è riservata agli uomini di buona volontà, che non rubano, che non mentono,
non tradiscono, non conculcano, non vivono nel vizio, non usurpano:
non sono né ambiziosi, né sacrileghi, né spogliatori. A costoro, e solo a costoro,
il Dio della giustizia darà la pace sulla terra, la più preziosa delle paci
quella della coscienza.
Alberigo Gentili conchiude il II libro De jure belli con un’altra preghiera a Dio,
e gli parla così: Tu, o Sommo Iddio, rimuovi da noi, nella tua bontà, la barbarie,
la fierezza, l’inesorabile inimicizia. Fa che il bue e il leone mangino insieme,
e non che il bue impari la fierezza, ma il leone impari invece la mansuetudine.
Vale a dire: fa sì che i tuoi cristiani non imparino dai barbari la maniera di combattere,
ma i barbari, per contrario, vengano ammansati dai cristiani. (De jure belli, pag. 246).
Qui il Gentili allude al vaticinio d’Isaia sulla nascita di Gesù Cristo,
che avrà per cingolo de’ suoi lombi la giustizia, e la fede cintura dei suoi fianchi.
Allora abiterà il lupo insieme coll’agnello, «e, come il bue, mangerà paglia il leone».
Nazioni oggi feroci, crudeli, bestiali al par de’ lupi, dei leoni,
deposta la loro fierezza, si rivestiranno di umanità e di mansuetudine; e gli uomini,
già superbi, gonfi per la carnale loro sapienza, prenderanno docili costumi vivendo,
coi più umili, dello stesso cibo, assisi alla medesima mensa spirituale.
E con questo modo di favellare era preannunciata la pace
che avrebbero portata nel mondo Gesù bambino e la sua chiesa,
emendando le costumanze così dei popoli come degli individui,
e la barbara loro fierezza.
La quale, se oggidì è nata in Europa, si è perché questa ha rinnegato
il bambino di Betlemme, ed ufficialmente e in realtà ha quasi apostatato
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dagli insegnamenti di Cristo e della chiesa, ed è ritornata pagana.
No, non era colla sfrenatezza dei sensi, non con l’empietà, non con l’ateismo
«eretto a sistema di perfetta civiltà» che poteva esserci pace, ordine,
e il morale progresso e l’incivilimento dei popoli!
Finalmente il III libro De jure belli si chiude colla preghiera a Dio
di darci la pace per Gesù Cristo. È tutta un’invocazione alla fede, è tutto un grido che,
senza Dio, non ci sarà pace mai, e che nulla a Dio piace ove non è pace giusta e cristiana.
E il Gentili cita Prudenzio, che cantò: «Nihil placitum sine pace Deo».
E poi ripiglia: Etiam Deus, etiam impone tu bellis finem, tu nobis pacem effice:
placatus iniquitatibus nostris, propitius nonis! (De jure belli, pag. 373).
Donde risulta che egli considera la guerra quale un grande castigo
dovuto a chi ha lasciato Iddio, dovuto ai peccati dei popoli. Ed è un apostata!
Coloro che offendono il Signore, Gesù Cristo e il suo Vicario in terra:
quelli che calpestano la legge di Dio, ci pensino! La prima condizione d’una pace giusta
è la buona volontà di ritornare a Dio.
Ritorniamo dunque a Dio e alla sua chiesa colla semplicità dei pastori di Betlemme,
deponendo gli odi, le vendette, le cupidigie! La pace annunciata dagli angioli
è pace di giustizia, di mitezza e di perdono.
Ritorniamo a Dio! Correggiamo le volontà ribelli e le ingiustizie,
se vogliamo pacificare il mondo; ma ricordiamo che solo la religione cattolica
riesce a questo colla sua fede e con la sua morale.
Ritorniamo a Dio! Smettiamo la superbia, la vanità, l’egoismo le disonestà,
l’avarizia, e cerchiamo le vie di Dio: l’umiltà la preghiera, la fede, la pace col Papa,
l’educazione cristiana della gioventù, la purezza, la carità, e la carità sino al sacrificio!
Ritorniamo a Dio! e avremo una società più perfetta una civiltà più cristiana
e la vera fratellanza delle genti in Gesù Cristo.
Ritornino a Dio i popoli e i governi, a quel Dio che seppe,
che volle dare tutto Sé stesso per gli uomini e per la nostra salvezza
nella grotta di Betlemme prima, sulla croce del Calvario poi!
L’ora del ritorno a Dio sarà l’ora della vittoria e della pace auspicata.
Torniamo a Dio!
Sac. Orione
della Divina Provvidenza
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