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«Oh Santa Madonna fateci santi!»
Il Cottolengo diceva ai suoi poveri: «Per me so chi devo amare dopo Dio:
la mia madre, la vostra madre, la madre del Signore e di tutti gli uomini».
Poi alzava gli occhi al cielo e usciva in questa dolce espressione:
«Oh Santa Madonna, fateci Santi!».
E la Madonna lo fece Santo. Le sue virtù più eccelse, la carità, l’umiltà la sua fede
senza limite Egli le aveva attinte ai piedi di Maria: tutta la vita del Cottolengo fu carità,
tutta l’anima sua fu umiltà, tutta la sua opera fu opera di fede nella Provvidenza
del Signore.
E, come suggello divino a queste e alle altre sue virtù, la Madonna gli concesse,
in grado ugualmente sublime, quella virtù che in un Sacerdote specialmente
deve risplendere e che ci fa simili agli Angeli del Signore, la purezza e santità della vita.
E fu un dono meritamente dovuto a Lui che, fin da giovinetto, aveva donato
alla Vergine celeste tutto se stesso.
Nel Santuario campestre della Madonna dei fiori, presso Bra, il Cottolengo,
fanciullo ancora, aveva consacrata alla SS. Vergine la sua verginità e tutta la sua vita.
E la bella e angelica virtù fin dai primi anni splendeva tanto in Lui,
che tutti lo chiamavano: «l’Angelo».
A chi entra nel Cottolengo la prima cosa che si presenta
è l’immagine della Consolata. Il primo sguardo e il primo pensiero di chi va
in quella grande casa dei poveri e derelitti, volle il Cottolengo che fosse
per la Madre del Signore. E i ricoverati la chiamano famigliarmente col nome
di Madonna Portinaia. Quella immagine, infatti, sta a custodire la porta della città
della Provvidenza. Davanti ad essa il Cottolengo accettava i poveri e insieme con essi
si inginocchiava a recitare un’Ave. Poi li benediceva, ed entravano così nella Casa
come sudditi della Madonna. - E ancora oggi chi entra e anche chi esce
deve ogni volta inginocchiarsi e ripetere l’Ave Maria.
E così si fa a Genova, perché realmente Maria è la Madre e la Regina del nostro
Piccolo Cottolengo, e là dentro tutto suo, e deve esser suo.
La Madonna ripete anche a ciascuno dei nostri poveri di Genova, suoi umili figli,
la grande promessa: «Non temere: io sarò con te per soccorrerti».
Queste parole, gettate nel cuore del Beato Cottolengo dalla Madonna,
devono penetrare anche in noi come semi di fede gettati nel buon terreno
della nostra anima. E anche noi, o fratelli, come già faceva il Cottolengo, sempre,
ma specialmente nelle ore dolorose della tribolazione e della prova
dobbiamo confortarci levando lo sguardo fidente a Maria e dobbiam dire:
«Andiamo avanti: la Madonna è con noi».
Questa Casa della Carità, chiamata dal buon popolo di Genova
il piccolo Cottolengo, è «Casa della Madonna», né poteva essere diversamente
in una Città quale Genova che si onora di essere Città di Maria.
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La Vergine è la Patrona e la Madre di tutti i nostri ricoverati. Essi ogni giorno
devono invocarLa per i loro Benefattori e Benefattrici e per la prosperità dei Genovesi;
e cinquanta volte al giorno la supplicheranno con la giaculatoria umile e ardente:
«Vergine Maria, Madre di Dio, fateci Santi!».
Ogni giorno poi i nostri poveri del Piccolo Cottolengo, e quelli alzati
e quelli che sono obbligati a stare a letto, cantano insieme, fondendo le loro voci
di camera in camera, le Litanie in onore della Madonna, Madre e Regina dei Genovesi.
Dal giorno di San Giuseppe di quest’anno poi vi sono anche gli uccellini
coi loro gorgheggi; anch’essi danno il loro tributo, sono i cantori della Madonna.
Con quanto fervore pregano i nostri poveri davanti alla SS. Vergine!
E quanta gioia serena, quanta letizia nei loro occhi sui loro volti, nella loro preghiera
nel loro canto! Se la vita spirituale al piccolo Cottolengo è un incenso e un profumo
il turibolo ardente, il roseto mistico che li nutre è la divozione soave, dolcissima,
veramente filiale verso la Madonna.
La Madonna è il parafulmine di Genova e la carità verso i poveri è quella
che lo tiene su.
Ma di tutti i poveri, il Piccolo Cottolengo è quello che accoglie i più abbandonati,
i rifiutati da tutti. Per esservi accolti infatti bisogna non avere trovato provvidenza
presso gli uomini, perché due provvidenze non ci devono essere. Là però
dove finisce la mano dell’uomo, comincia sempre la mano di Dio, la Provvidenza di Dio.
Oh che ciascuno del nostri cari poveri del Piccolo Cottolengo, oggi, domani,
sempre deponga in segno di ringraziamento ai piedi, nelle mani, nel cuore della Madonna,
Madre della Divina Provvidenza, questa umile, fervida e filiale preghiera:
«Oh Santa Madonna, fateci Santi! O Madre di Gesù, Madre di Dio,
voglio essere il vostro primo divoto, il vostro più caro figliuolo, il vostro Beniamino».
Così pregava il Cottolengo la Madonna. «Chi, o cara Madonna, Vi amerà più di me?
Sono il vostro straccio, ma sono anche il vostro figlio, il vostro caro figliuolo.
Deh! Maria, prendetemi sotto il vostro manto. Sono troppo peccatore,
ma sono sempre il vostro figliuolo, o Madre! Oh Santa Madonna, fateci Santi!
Per me, per tutti, Ve ne prego: Oh Santa Madonna, fateci Santi!»
Udite. Mentre un giorno si lavorava alle fondamenta dell’altare in onore
di Maria Santissima, apparve a un tratto nel sottosuolo un vuoto che nessuno sospettava.
Il Beato Cottolengo che non a caso era presente disse lietamente ad un tratto allora
al suo fedele capo mastro muratore: «Quando sarò morto mi metterai qui,
e il mio capo riposerà sotto i piedi della Madonna».
Fu quello, per riguardo alla Madonna, il suo vero testamento. Ai piedi di Maria,
della sua Mamma diletta, Egli volle dormire, come fanciullo in grembo alla madre,
il sonno delle sue membra stanche nel lavoro e nell’apostolato della carità,
per ridestarsi in grembo alla Madonna, alla sua Mamma, in Paradiso.
Oh Lui beato! Così avvenga di tutti noi, o miei cari!
«Oh Santa Madonna, fateci Santi!».
Don Orione
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