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fatiche
della mente
quasi
cercando al cor dolce ristoro
E
Tu con mirabil arte
i beni disvelasti, onde alle menti cui,
non offese ancora l’impura nebbia di protervo orgoglio
e
più vivo e più e
sincero diffondi il raggio apparve
dell’eterno vero.
- Canzone -
al venerato amico e maestro don Carlo Bottaro
nelle faustissime nozze d’Argento del Suo Sacerdozio
Di sue vittorie altera
E di conquieste nove
Avida sempre e non contenta mai,
del senno antico erede
Eppur tenace degli antichi errori
volge un’età, che la gagliarda fede
disprezzando degli avi, e d’ogni legge
il fren rompendo, al Cielo stesso intima
fiera implacabil guerra;
E vaneggiando estima filosofemi
con nendaci spiegar
l’alto mistero de l’eterne cose.
E l’insana parola,
che dal superbo seggio
muove dei sofi, si diffonde e vola
per cittadi e villaggi,
e nelle plebi misere i mal sani
desiderî alimenta ed i selvaggi
Odî e il furor, che fé tremende un giorno
le umane belve; e quando la favilla
da la setta nutrita
in pauroso incendio alfin divampa
le rustiche falci, e gli innocenti
arnesi del lavor mutansi in armi
di fratricida guerra;
allor cadono i regi, e fin dall’ime
fondamenta vacillano i più saldi imperi.
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Allor dai fetidi abituri
e dall’ampie officine,
qual torbida fiumana
che i rosi argini atterra,
un popolo furibondo si disserra
avido di vendette e di rapine,
e il nembo a deprecar che lo minaccia
invano al cielo irato
volge il mortal la sbigottita faccia.
O bello e glorioso
E a questa età superba
benefico del par che al tempestoso
Secol che vide la nascente Chiesa
È
il Sacro mistero Sacerdozio
tuo, Don Carlo mio!
Se per gli amati figli
E a suggel della Fé lasciar la vita;
se le fami durar, patir gli esigli
di dubbio e di speranza
pensier’ la vita traggono, spiacenti
A sé stessi e ad altrui; colla parola
Che del cor sa trovar le occulte vie
della spregiata plebe
l’odio placar, che le ribolle in petto
contro i felici della terra; i mesti
ed i tapini nell’oblio languenti
visitar con pudica
di consiglio limosina ed affetto,
non men cara del pan che li nutrica;
del Santuario all’ombra
di
leviti desser mandar
eletta schiera,
che di dottrina armati e di virtude
soavemente austera,
Chiara lucerna e scorta
Sien fra i perigli del mortal viaggio,
E quai scolte fedeli in sugli spalti
Di Sion vigilanti
dalle notturne insidie e dagli assalti
delle nemiche squadre
guardin la plebe d’Israello, e in core
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E sparve irradiando
la terra ed il ciel,
e la luce spargendo
sul servo fedel.
Ma
coglie preso è il
Pareto
da vano timor
E tiene secreto
il don del Signor.
Ma
nutrisca di sangue
Or l’ora di Dio
disteso
è sul suol
sul capo gli sta
Ei
già se ne langue paga
il fio’
sul
letto del duol
e presto morrà
Ma nuovo portento
la Vergin gli appar
¨