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[il corsivo azzurro è grafia d’altri]


 Carissimi figli,


 Eccovi ristampate le regole per i due Seminari. Ve le consegno in nome di Gesù

e della Chiesa, ve ne raccomando l’esatta osservanza. E senza dubbio obbedirete tutti

e volentieri a queste regole sante, ripensando che per esse riuscirete a conquistarvi

quelle vere e indispensabili ricchezze del sacerdote, che sono la virtù,

il sapere l’obbedienza.

 La virtù! Chiamati, o figliuoli, al Sacerdozio di Cristo, non dovete dimenticare

che alla missione altissima dovete prepararvi studiandovi di arricchire la vostra anima

di tutte le evangeliche virtù. Scorrete appunto l’Evangelo e vedete come il Maestro Divino

profitta di tutte le occasioni per mettere nel cuore degli Apostoli

i germi di ogni perfezione; l’umiltà del cuore, la purezza del costume,

l’ardore della Carità, il fervore dello zelo, la pazienza invittissima, diventano,

dopo la Pentecoste, l’unico patrimonio dei banditori del Vangelo.

Leggete il Pontificale romano e comprenderete di che tempra dovrà essere la vostra virtù per l’esercizio del Santo ministero. Più spesso che cacciare dagli ossessi

lo spirito maligno, dovrete allontanarlo dalle anime peccatrici, più spesso che aprire

e chiudere le porte della Chiesa, dovrete rendervi vigili custodi di quel tempio di Dio

che è la coscienza del cristiano. Leggendo al popolo i libri Santi dovrete parlare e operare

così che mentre la vostra dottrina sarà medicina al popolo di Dio, la vostra vita

sia profumo che diletta la Chiesa di Cristo; portando all’altare i ceri accesi,

sarà necessario che illuminiate il mondo con lo splendore dei vostri esempi,

e quindi occorrerà che siate mondi, casti, immacolati come conviene

ai ministri del Signore e ai dispensatori dei suoi misteri. Così il Pontificale Romano.

Né con meno efficacia descrive S. Bernardo l’ideale dei buoni Sacerdoti che devono essere:

  - Compositi ad mores, probati ad sanctimoniam, parati ad oboedientiam,

mansiseti ad patientiam, subiecti ad disciplinam, vigiles ad censuram, catholici ad fidem,

fideles ad dispensationem, concordes ad pacem, conformes ad veritatem;

e che, dopo d’aver faticato per piacere a Dio, si presentino al Vescovo.

 Fatigati quidem, sed non suffarcinati: simul et gloriantes, non quod curiosa,

se pretiosa quaeque terrarum attulerint, sed quod relinquerint pacem regnis, legem barbaris, quetem monasterîs, ecclesîs ordinem, clericis disciplinam, Deo populum acceptabilem,

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sictatorem bonorum operum?. Ora diverrete tutto questo, e tutto questo farete,

miei dilettissimi chierici, se fino dal Seminario, per mezzo della pietà vi renderete degni

della grazia divina. Ecco perché nelle nostre regole è fatta tanta parte agli esercizî

di pietà. Ma in nome del cielo che le pie pratiche siano non solamente da noi eseguite tutte ma vengano eseguite con viva fede e con acceso amore. È ben grave per i Seminaristi

il pericolo di pregare, di meditare, di ricevere i Sacramenti macchinalmente,

così che mentre i loro occhi, le loro labbra e le loro mani tengano l’atteggiamento

di chi si immerge in Dio per l’orazione, realmente la loro anima e il loro cuore siano

da Dio ben lontani.

 Non questa, non questa è la pietà che da voi si esige, o chierici miei.

Occorre che amiate così la preghiera, che attendiate così agli esercizi di pietà,

che essi diventino per voi il una dolce abitudine della vita e quasi una necessità

a cui il vostro spirito non sappia, ne voglia sottrarsi. Se sarà così, anche usciti,

dal Seminario, conserverete lo spirito di pietà che è pegno sicuro di santa

e operosa vita sacerdotale. Ricordate l’Angelo del Signore a cui in Gerusalemme

viene ordinato di segnare un thau sulla fronte degli uomini che gemono e piangono

per tutte le abbominazioni che si commettono nella santa città,

e ricordate l’intimazione fatta agli altri sei angeli di uccidere senza pietà,

fino allo sterminio e di risparmiare solamente coloro che portavano la fronte

segnata dal misterioso thau. Secondo molti interpreti della Scrittura questo tau

simboleggia la virtù della Croce di Cristo che è principio di eterna salvezza:

ma può ben dirsi che per i sacerdoti thau di salvezza è lo spirito di pietà,

quest quando si estingue questa sacra fiamma al sacerdote, saranno possibili

tutte le prevaricazioni. Seminaristi miei carissimi, le pratiche di pietà

stabilite dalle vostre regole vi siano sacre, sono l’arma invincibile per tutte le vittorie

del presente e dell’avvenire.

 Il Sapere - E con la virtù il sapere - Figliuoli miei carissimi, gli Apostoli

per lo Spirito Santo, ricevuto il giorno di Pentecoste, non divennero solamente dei Santi,

ma anche dei sapienti, per modo che poterono confondere i sapienti superbi di Atene

e di Roma. Ebbene voi, che dovete proseguire l’Opera degli Apostoli,

dove arricchirvi della scienza necessaria per mezzo dello studio, come è stato stabilito

e ordinato dalle vostre regole -

 Nella Scrittura si parla così spesso della necessità della scienza per il sacerdote!

Leggiamo in Malachia: Le labbra del sacerdote custodiranno la scienza

e alle labbra di lui

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si imparerà la legge; perché è l’Angelo del Signore degli Eserciti (II-7).

L’Apostolo Paolo chiama il sacerdote pastore e dottore per indicare che vi è intimo nesso

tra l’ufficio di dottore e il ministero pastorale, e ricordarci così che il sacerdote,

che è sempre partecipe del ministero pastorale, anche se non è parroco,

deve essere un uomo istruito, e nel racconto che fa della sua vita, dice di sé stesso:

«che era stato allevato ed educato ai piedi di Gamaliele, secondo la verità

della legge paterna (Act. XXI - 3/). E lo stesso Apostolo, prigioniero a Roma,

chiede a Timoteo i suoi libri e i suoi manoscritti per studiare anche in carcere.

Dilettissimi seminaristi ecco uno dei principalissimi doveri vostri: lo studio.

Come un giorno avrete l’obbligo di predicare di catechizzare,

di amministrare i Sacramenti, così oggi vi incombe l’obbligo di studiare,

se trascuraste lo studio vi rendereste inabili all’esercizio del Ministero sacerdotale:

quale responsabilità, o figliuoli, per le anime vostre! Non è facile che il seminarista

si convinca che, trascurando lo studio, comprometterebbe la sua coscienza,

ma dovete persuadervene tutti. D’altra parte se le vostre negligenze nello studio

fossero gravi e persistenti, dimostrereste di essere privi di vocazione e il vescovo

dovrebbe licenziarvi. Impiegate scrupolosamente tutte le ore assegnate allo studio,

cominciando fin dai primi giorni dell’anno scolastico. A scuola siate sempre silenziosi,

raccolti, attentissimi. Se avete ritagli di tempo liberi da altre occupazioni,

datevi allo studio. Le materie scolastiche siano il primo e principale oggetto

dei vostri studi, né trascurate di procurarvi quella generale cultura sacra,

letteraria e scientifica che tanto si addice al sacerdote. Può avvenire ed avviene a molti,

che l’intensità dello studio riesca, se non ad estinguere, certo ad affievolire in loro

lo spirito di pietà. Occorre per giusto che, come in ogni opera vostra,

così anche nello studio non cerchiate che Dio e la sua gloria. In fine ricordate

che il sapere vale assai davanti agli uomini, ma è nulla davanti a Dio,

se accompagnato dalla virtù. Quindi, o figliuoli, per quanto sia eletto il vostro ingegno,

felice la vostra memoria, grande il vostro profitto negli studi, deh!

che mai vi prenda quello spirito di superbia da cui, come insegna lo Spirito Santo,

ebbe origine ogni perdizione, mentre è pure scritto: Perdam sapientiam sapientium

et prudentiam prudentium reprobabo (I. Cor. 1 - 19) Non per nulla S. Filippo Neri,

ogni volta che il Cardinal Baronio era giunto al termine di uno dei suoi immortali volumi,

esigeva che per trenta giorni gli servisse la Messa, perché con questo atto di umiltà

fosse precluso per l’anima sua ogni adito allo spirito di superbia. Seminaristi miei,

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studiate con amore, con assiduità, con rettissimo fine, e assicurerete alle vostre intelligenze quel corredo di cognizioni che, associato alla purezza dei vostri cuori,

alla bontà della vostra vita, vi renderà Ministri non indegni del Signore.

L’Obbedienza - Seminaristi miei. Non profitterete in Seminario del sapere e nella virtù,

senza lo spirito di ubbidienza. Questo spirito, figliuoli, sia, in tutti voi

e vi accompagni tutta la vita.

 Come gli Angeli e gli eletti del cielo non hanno volontà propria,

perché la volontà loro è unicamente piacere a Dio, così voi dovere volere sempre

e tutti quello che vogliono le vostre regole, i vostri Superiori, il vostro vescovo.

 Come il sole, le stelle, la terra, dal giorno della loro creazione

seguono i movimenti loro impressi dal Creatore, così voi dovete parlare e operare

sotto la perenne guida della disciplina. Che se non è meraviglia che le creature obbediscano al Creatore è una meraviglia grande che il Creatore obbedisca

alla sua creatura e questo spettacolo lo contemplò il mondo per tanti anni in Nazareth,

dove Dio fu veduto obbedire all’uomo, Gesù obbedire a Maria e a Giuseppe.

Dovete imitare. Badate poi che non solo le più importanti, ma anche le minime regole

dovete osservare, che non dovete obbedire solo al Superiore, ma anche all’ultimo

degli Assistenti, avvertendo [Che in tutti è rappresentata l’autorità di G. C.]


             Fine

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