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Apostolato tanto piû necessario al Brasile dove oggi la fede cattolica è assorbita
non piû solo dalla Massoneria come in passato, ma dal protestantesimo, dallo spiritismo,
dal teosofismo; i protestanti dell’America del Nord hanno votato 150 milioni di dollari
per convertire al protestantesimo l’America del Sud; e il Brasile già è corso in lungo
e in largo dagli evangelizzatori a suono di sterline!
E pur troppo, molti deboli si lasciano comprare, e per un misero piatto di lenticchie
vendono la loro anima! Bisogna premunire la gioventù e salvarla!
Bisogna dare all’educazione dei giovani tutti, che la Div. Provvidenza ci invia,
un solido fondamento di fede, affinché la buona riuscita sia assicurata.
E in primis, tutti tutti dobbiamo essere altamente persuasi che a rendere buoni
i giovanetti non v’ha che una sola forza, cioè la verità in tutta la sua estensione,
nella sua forma materiale e imperfetta e nella sua forma soprannaturale e perfetta,
che è la grazia di Gesù Cristo.
I giovani si devono educare come essere ragionevoli e cristiani cioè con i due mezzi:
a) della ragione, - b) e della Fede cattolica, cioè universale ed integra.
Ricordatevi sempre che i mezzi esterni e meccanici non potranno dare mai il bene
che consiste nella verità e nella grazia di Dio ma solo possono disporre gli animi in qualche modo a ricevere e la verità e la grazia.
L’educazione che mettesse ogni sua confidenza nei mezzi negativi esterni
e puramente dispositivi, e trascurasse poi i mezzi immediati e formali,
produrrebbe negli animi giovanili dei funestissimi effetti, produrrebbe una bontà apparente,
posticcia, che si può dire una bontà da collegio, una pietà, che è una inverniciatura,
che non va all’anima, ma che presto presto scompare.
Nostro proprio sistema è di educare cattolicamente reagendo
contro questa formazione cristiana apparente.
Cari
miei figli in X.sto, noi non avremo fatto niente finché non
avremo xx formate
le coscienze veramente cristiane, finché non avremo formato a forte carattere cattolico
gli animi e la vita dei nostri alunni. Dove noi a Tortona avevamo prima,
l’Istituto detto di S. Chiara, c’era, fin dal 1852, incirca, un collegio,
tenuto dal sac.te Prof. Ambrogio Gatti, che io conobbi vecchio, quand’era già stato
Provveditore agli studî a Como, a Lucca, e non so ancora dove.
Era un ottimo sacerdote, che si presto a figurare, per un momento
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quale direttore della nostra prima Casa, poiché egli teneva il titolo di professore,
mentre
io era invece un povero chierico
chiericuzzo che solo avevo gxxxxxx
il passaggio
dalla 2da alla 3ª Elem. fatta al mio paese.
Il
don Gatti era un fedele rosmoniano, ma, come dissi, era
era per altro,
e fu
sempre un sacerdote
sempre di vita
illibata; un era
penitente di Mg.r. Daffra,
o ora Vescovo di Ventimiglia, allora mio Rettore di Seminario.
Ora, quando il sac. Prof.r Ambrogio Gatti aperse il Collegio, dove poi fu l’Istituto
nostro
di S. Chiara, viveva ancora il Rosmini dxxxxx
viveva fosse giâ
ritiratosi a Stresa,
ed era agli ultimi anni.
Ora il don Gatti richiese qualche suggerimento al grande filosofo cristiano
e suo maestro.
Il Rosmini fu, certo, il più grande filosofo che abbia avuto l’Italia nel secolo XIX,
bench’non
esente da qualche
errorei. - e
E allora il Rosmini, che fu pure grande educatore,
xx
xxxxxx fondatore di due benemerite Congregazioni, e
tale che, pur dopo morte,
operò miracoli, - come risulta da canonici processi delle Curie vescovili di Vigevano
e di Milano, - il Rosmini dunque, che il Ven.le Don Bosco e altri Servi di Dio
e uomini grandi ebbero in altissimo concetto, rispose al prof.r don Gatti esortandolo
ad «inculcare per tempo (nella gioventù) la diffidenza del proprio giudizio e la deferenze
e il rispetto all’autorità, prima della Chiesa e poi degli uomini gravi e virtuosi:
dimostrare spesso quanto sia facile che l’uomo, che pronunzia con troppa sicurezza di sé,
cada in errore: La Confessione sia consigliata settimanale e la S. Comunione,
possibilmente, quotidiana: ogni giorno sente bisogno del suo cibo il corpo, -
diamo
all’anima quel pPane
vivo disceso dal cielo che è il suo piû
naturale
e necessario nutrimento per la sua vita spirituale.
Però nelle altre pratiche di pietà usate discrezione e sobrietà: non stancate in esse
i ragazzi, non rendetele pesanti e fin uggiose: le pratiche di pietà sono mezzo, non fine:
tutto, nell’educazione dei giovanetti, le pratiche di pietà, la disciplina
e lo studio dev’essere subordinato alla pietà solida, cioè all’amore di Dio, alla vera virtù
cristiana, alla vera santità, che non consiste nel dire: Domine, Domine; ma in fare,
disse Gesù Cristo voluntatem Patris miei.
E poi unire alla dolcezza la fermezza e una somma ragionevolezza;
e sempre infondere negli animi dei giovani un pensare elevato, nobile generoso, spirituale,
e insistere sulla sincerità, sulla rettitudine sulla purità d’intenzione, sulla presenza di Dio,
sull’agire per coscienza, sul buon uso del tempo, sulla fuga dell’ozio e delle cattive letture
come dei compagni cattivi: tutto questo gioverà
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molto a mantenerli nella santa virtù.
Poi una tenerissima divozione filiale alla Madonna! Ah quanto quanto bene farete,
o figli miei, se farete così! E pregare Dio che avvalori le vostre sollecitudini,
e non usate il rigore, se non come una medicina, nei casi rari e straordinari,
cercando sempre piû di farvi amare che di farvi temere, e anche
quando si è proprio costretti ad infliggere castighi, siano dati con grande amorevolezza
senza passione, senz’ira, ma nella tranquillità della luce, nella pacatezza della ragione,
tenendo bene lo spirito alto e in Dio.
E pregare Iddio e la SS. Vergine per i vostri alunni,
perché il giovanetto non viene corretto e fatto migliorare che dalla grazia del Signore.
Ma
come ho detto di xx
bandire possibilmente i castighi, e di usare il sistema
così
detto preventivo, e anzi
o, meglio, un sistema e tutto e
proprio nostro,
che io chiamerò cristianamente paterno, come paterna fu la prima Casa di Tortona,
apertasi in S. Bernardino, così si bandiranno assolutamente tutti i castighi troppo lunghi,
penosi e umilianti, e mai e poi mai si trascorrerà a battere i giovanetti siano studenti
o artigiani, piccoli o alti, orfani e non orfani, mai piû nelle nostre Case si batteranno
i ragazzi, per nessun motivo. E quando qualcuno di essi mancasse nelle materie piû delicate
e pericolose di tutti, io voglio e ordino in qualità di Superiore che si tenga assolutamente
e a tutto rigore questa massima: «quando siasi trovato un solo fatto d’un giovane
che induce o tenta un altro al peccato d’impurità, si licenzi subito.» Che se poi vi avessero
solo indizi, senza poterne avere una prova, è dovere con ogni assiduità vigilare su di esso
in tutti i momenti, e, alla piû lunga al nuovo anno non accettarlo più,
bastando per non accettarlo avere solo un grave indizio.
Una delle nostre principali regole, nel sistema paterno di educare la gioventù
a vita onesta e cattolica, è di tenere i giovani sempre sott’occhio, e di non lasciarli mai
e poi mai soli né dì né notte, ma senza mostrare di essi alcuna diffidenza:
invigiliamoli come fa il cuore di un padre (anche per questo ho detto:
sistema non solo preventivo (mi pare che ci mancasse qualche cosa a dire solo preventivo) ma cristianamente paterno) che ristianamente ami, il quale padre, perché ama, teme,
o, meglio, anche teme.
Ma, come ho detto, di bandire tutti quei castighi che sono condannati
e dalla pedagogia moderna e dalle leggi vigenti, e ogni altra severa punizione che disdica
a sacerdoti e Religiosi, - così si vieti ai nostri alunni di mettersi le mani addosso,
di tenersi l’un l’altro per mano o di passeggiare tenendosi a braccetto.
Quest’avviso sia dato, e poi ripetuto fin che basti, e ne sarà
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avvantaggiata la moralità e l’educazione seriamente intesa. Ma ciô non basta.
Nessuno di noi usi tale famigliarità coi giovanetti, e ricordiamo la nostra fragilità
e la necessità di mortificare il senso del tatto.
Si bandiscano i piû gravi castighi, ma si bandiscano anche le più leggere e quasi
insignificanti - a tutta prima, almeno - carezze. Niente carezze.
È a tutti vietato d’accarezzare i fanciulli di stringere loro le mani, di passeggiare
avvincolati con loro, di toccare le guance o il mento; e ogni altro atto di sentimentalità
o di morbosità.
Questi e altri atti che possono condurre a gravi disordini contro la moralità,
e dare pretesto ai nostri nemici di calunniarci ed attribuirci intenzioni che non avevamo,
non si devono fare e non si devono mai permettere né in alcun modo tollerare
nelle nostre Case.
Chi amò la gioventù più di S. Filippo Neri? Chi quanto S. Giuseppe Casassanzio?
Chi più assomigliarsi a Don Bosco? Ebbene, nessuno di questi si credette mai lecito
di attirare a sé i giovanetti con tali mezzi e rimproveravano con molto zelo
quelli che facevano diversamente.
Ebbene, ciascuno di noi faccia altrettanto.
Via
le carezze, via le moine, via le scempiaggini xx
via le smancerie posso
che sono sempre suggerita dal disgraziato sentimentalismo grande piaga di certi collegi:
via ogni affetto che in carne desinit.
Via quei regalucci, quelle affannose cure, quegli sguardi quelle parolette, donariola
quae sanctus amor nescit, dice S. Girolamo.
Quindi guerra al beniaminismo, guerra alle amicizie particolari vera peste dei collegi,
che soppianta la virtù piû bella e manda a fallire le vocazioni. Le porte dell’amore
spirituale e dell’amore sensuale, dice S. Basilio, sono molto vicine l’una all’altra,
ed è assai facile scambiare la prima con la seconda: quindi, in guardia sempre:
la nostra anima anzi tutto!
Noi dobbiamo portare alle anime dei fanciulli un grande amore in Gesù Cristo,
ma come a nostri fratellini, amiamoli tutti, senza eccezione alcuna, ameremo anche,
e molto gli ingrati, i cattivi: li ameremo i fanciulli non per le doti che hanno,
non per il loro ingegno non per la loro memoria o perspicacia, non perché vestano bene
o sono di famiglia amica o di civile condizione: non per i bei modi, per la bella voce,
pel sembiante incantevole, no! no!
Allora «videtur esse caritas et est carnalitas» dice l’Imitazione di Cristo.
No, o figli miei, noi ameremo nei fanciulli Gesù Cristo. Tutti li ameremo
e tutti egualmente, e daremo anzi la preferenza ai piû poveri
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ai piû abbandonati, ai piû brutti ai più infelici per l’Amore di Gesù Cristo.
E noi in essi vediamo e amiamo Gesù Cristo molto rispetto porteremo ai fanciulli
poiché
maxima debetur puero reverentia, credo
sia di Quintiliano che scrive
questa
sentenza trixxde xxnassi ma,
certo è di un pagano l’ha detto
pensate
dunque
se non dobbiamo
praticarla noi che siamo cristiani.
Don Bosco aveva pei giovani una specie di venerazione.
E si capisce: sono l’immagine di Dio!, sono i piccoli di Dio!
Sono
i piû cari al cuore di Dio! - x
Fui otto giorni a Bernal, che è il seminario
vivajo
dei
salesiani per l’Argentina e il loro fiorente noviziato. Là
fui condotto nella nuova,
bellissima
loro chiesa, là dove’è
sepolto quel grande vescovo e grande missionario
salesiano che fu Mg.r Costamagna, morto pochi mesi fa.
Pensate
che consolazione fu per me! Dio solo sa ciô
che ho provato sentito
sulla tomba di Mg.r Costamagna.
¨