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[Minuta]
[Messina] 19. 12. [1]910
Buona
creatura figlia del
Signore,
Ho
ricev Come avrà ha
compeso avrà appreso dal telegramma che Le ho
inviati inviai, ho ricevuto La Sua lettera. Mi
dispiace che assai di
essere stato causa, per
quanto
involontaria, di quello che è avvenuto tra Vostra Sig.ria e Don
Angelo, e mi
dispiace
deploro tutte le parole ingiuriose che egli Sacerdote e religioso Le
ha rivolto o può averle risposto.
Ella
mi scrive
Anche a me, creda, fu cosa dolorosa di non aver potuto scrivere a Sua
Eccellenza Rev.ma, eppure proprio non lo potei.
Veda,
la presente, che doveva scrivere jeri,
e
mi son ridotto mio malgrado a farla a stasera.
Non
lo dico per iscusarmi
tanto sarebbe inutile e anzi male davanti a Dio. A nessuno dei miei
cari Vescovi, dove ho le Case, e dei miei più insigni Benefattori ho
potuto scrivere pel
Natale né pel
Capo d'Anno, né
ho ad alcuni amici
neanche al Santo Padre, e solo all'ultimo gli
ho
mi son ridotto ad inviargli un telegramma tanto più che
perché mi piangeva l’animo di non farmi proprio vivo
che vi erano ragioni specialissime per cui doveva pur
rispond
farmi vivo di
bontà dimostratami al in quei giorni e
e il non farlo era
sarebbe stato assai più che ineducazione. Io domando tuttavia
con profondo sentimento di affetti più che filiale scusa al Suo
Venerato Zio con
Lei
di non essermi fatto vivo. Lo so che ho fatto male e ci pensava me ne
doleva tra me e me, allora benché
e me ne dolgo assai
più
ora per l'incidente doloroso che ne venne, ma che vuole? Io non so
più come fare: ho una testa sola: ho due braccia sole: faccio tutto
quello che un uomo può fare dalla mattina alla sera e poi mi avanzo
sempre tutte le sere una montagna di lavoro benché sto su fin che
posso a lavorare e poi cado morto di sonno e di stanchezza nelle
mani di Dio.
Il
Santo Padre mi ha dato il permesso di dirmi tutto il breviario alla
mattina perché di
sera
dopo mi stanco presto e non lo potrei più dire.
Ogni
mattina mi appunto tutto
il lavoro da fare nella giornata, e alla sera non arrivo mai a farne
un metà: dopo che sono tornato da Roma l'unico tempo di riposo fu
quello che io ho passato lì
venendo a Noto, diversamente non so, poiché anche il tempo di pranzo
si dispone il lavoro, si legge e poi si parla di quello che si è
fatto, di quello che c'è da fare, di
bene quello che io non so più cosa fare
e ciascheduno prendo la sua parte, e poi il giorno dopo riferisce.
Quasi
tutta la vigilia di Natale e buona
par
l'antivigilia e la notte avrò
ho confessato, forse un 200 tra uomini e giovanotti, poi ci fu
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la messa cantata di mezzanotte con la processione col bambino che finì alle 2.1/2 di notte.
Alla mattina ci fu pure un 900, o anche un 950 comunioni, un grande lavoro e al dopo pranzo mi sono buttato un po’ sul letto che non ne poteva più.
Quello
che sinceramente Le assicuro è che ho pregato per suo Zio, sempre
io non
posso fare altro per Lui come per gli altri miei Benefattori ma questo con l'aiuto di dio lo faccio sempre.
Veda:
anche stasera, mentre
un po’ prima di scriverLe ho ricevuto una lettera che ho qui
davanti da Monsignor Perosi che
che lo accludo al quale a Lui
pure non aveva scritto.
Gliela
La
qu
accludo; Ella vedrà che in bel modo anche Lui mi fa
compren
è di rimprovero poiché, mi
fa
senza dirmelo, Egli
mi fa comprendere che Egli
mi scrive mentre io a lui non
con la
non l’ho
fatto
aveva scritto.
Ma io non so proprio più come fare.
Ho domandato più volte al S. Padre che mi togliesse di qui dove per la mia ignoranza, non posso fare niente di bene e farò anzi del male, ma finora Egli non ha creduto di accondiscendere. Io corro di qua e di là, mi stanco e finisco col fare nulla pluribus intentus minor est ad singula sensus.
Pazienza!
Sia fatta la santa volontà di Dio, col
non dobbiamo volere altro.
Ora non potrei proprio venire, forse questa settimana dovrò andare a Roma.
Se
si vuole che io cambi Don Angelo Bariani, datemi
mi si dia un po’ di tempo da poterlo fare e lo cambierò: se si
vuole continuare come prima, sono contento: se si vuole che pensi io
alla Colonia e io ci
penserò
sono contento e forse sarà meglio come Ella infatti mi scrive.
Del
resto tutto sia come può essere nei desideri di Suo Zio e
nei miei desideri
per me sono
mi sono presto intensi.
La
povera e Piccola Congregazione in tutto
questi 10 e più anni La possa
assicuro
che non ha portato via un
soldo
dalla Colonia, né questo ha
mai voluto approfittarlo
ha voluto mai, non è il fine per cui siamo venuti costì, e
Lei
ciò
che del resto tutti sanno
molto ammetteranno
sanno. Siamo contenti di
aver
se avremo potuto con la Divina grazia fare un po’ di bene, e non
cerchiamo altro.
quanto non lo dico per rispondere alla Sua lettera.
Io
aveva qualche desiderio da esporre.
Io
ho sempre avuto per Suo Zio la più grande venerazione e il
S. Padre vi è Chieda
gratitudine, e non lascio occasione,
ove appena lo possa di manifestarlo non sempre
a Lui che
è
così umile e ma
alieno da
credo sia più che convinto dei miei sentimenti come
di
più che figlio nel Signore, ma a tutti, e ai miei Religiosi.
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Nell'Archivio della Congregazione vi è un mio scritto che si riferisce ai suffragi che per 50 anni si dovranno fare all'Anima di Suo Zio e dei Suoi più intimi parenti, e ciò feci in caso di mia morte; io ogni anno celebro già per Lui da parecchio tempo 5 messe, che egli si troverà morendo.
Queste
cose non le avrei dette mai, ma ora gliele manifesto a
Suo
suo conforto di
vostra Signoria;
e Le aggiungo che, quando venisse a mancare Suo Zio, in qualunque
momento Le capitasse mai di avere bisogno di me poveretto, Lei vedrà
quello che con l'aiuto di Dio saprebbe fare la Congregazione,
ed io vivo, ed anche quando non ci sarò più,
poiché tutti i miei Confratelli sono
sentono pienamente con me.
Ricevo
ora Suo lett
espresso poiché ritornando
ora da ritorno
ora da Reggio ove dovetti recarmi jeri.
Prima spedî
inviai jeri
matti
partire Le inviai lunga
lunga lettera
Io
non intendeva scrisse scrivere scriveva a Bariani, ma nel telegramma
che a Lei
non scrissi a Bariani solo gli telegrafai di rimettersi pienamente al
Vescovo e sentirlo
se aveva
dirgli che io era disposto assumermi Colonia. Fermerommi Messina sino
venerdì sera poi Roma sino tutto sedici.
[Non digitata nel volume
Impedito
con dispiacere di venire telegrafai subito da ieri
a Don Angelo dicendogli rimettersi pienamente Vescovo. Sono
veramente addolorato
Facciami comunicare telegramma. Sono addoloratissimo scriv
domando io scusa e scriverò stasera non potendolo oggi.]
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Rev.mo Monsignore,
Le son grata e La ringrazio del cortese telegramma fattomi e di quello fatto
dall'ormai famoso Don Angelo.
La mia riconoscenza e le mie grazie gliele debbo, oltre che per l'atto gentile che mi riguarda, perché Lei seppe vedere in me lo Zio; per l’omaggio che si rende allo stesso Zio, ch'è Vescovo.
Subito feci leggere allo Zio il telegramma di Lei. D. Angelo si recò dallo Zio lunedì, alle ore 11: non portò il telegramma, ma dopo poche parole di scusa allo Zio e a me (parole troppo forzatamente dette, quand'egli subito il sabato dopo pranzo o per lo meno lungo la Domenica avrebbe dovuto, anche per iscritto e per iniziativa propria, chiedere scusa allo Zio ed a me) disse: " D. Orione mi telegrafa se V. E. acconsente di pensar noi
e alle spese e alle entrate, D. Orione non ha difficoltà. " Io gli lessi il telegramma di Lei e lo Zio gli chiese: " Perché non portate il telegramma di Don Orione? "
Lo Zio si disse pronto a lasciare quel peso, ch'egli sostenne per un ideale di carità e perché mai il D. Angelo da solo sarebbe stato capace di dirigere e amministrare.
Ma fu decoroso per un Vescovo pensare all'asino e alle vacche, e alle scarpe e ai panni, e ai legumi e a zappe e ad altro? Perché Lei non intese il bisogno che c'era d'un Direttore capace così, da poter dire al Vescovo, francamente e rispettosamente:
"Eccellenza, sian per noi tutti i pensieri, noi baderemo a tutto? " Né Lei né Don Angelo badarono alla ristrettezza del locale, ove adunarono tanti orfani, contrariamente a tutte le regole di morale e d'igiene, fui io che palpitai per la salute e la vita di quei poveri ragazzi e mille volte lo dissi allo Zio, a Don Angelo, lo scrissi una volta anche a Lei. Tanti ragazzi in quale ambiente, senz'acqua nell'està!
Lo Zio taluni bisogni della vita li ignora; la pratica non fu mai per lui. Egli è l'uomo dei grandi, dei santi e alti ideali. Ci fosse stato altro Direttore, oh! sarebbero andate diversamente le cose!
Tante critiche amarissime io intesi sullo Zio che si abbassava... ma come fare altrimenti il poveretto con un uomo di quella specie? Lo credetti però sempre buono, ma or mi avvedo che un lato di malignità ce l'ha. Lo Zio ne scusa l'ignoranza e la poca intelligenza.
Faremo anche adesso quando penso ai fogli bianchi!...
Gli ho chiesto: "Che mai potevo io fare? Che valore ha la
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sua firma?"
Ci pensi e ci penserò finché non potrò sfogare con Lei e dirLe tutto tutto tutto. Quell'uomo ha osato dire e ripetere allo Zio: "Ma V. Ecc.za ricevette dal Patronato in un unica volta £..... (non so quante!) di arretri e £ 500 per ispese di corredo e intanto diceva di scrivere a Don Orione per le tuniche degli eremiti ecc, ecc,! " Perciò, lo Zio speculava sull'obolo della carità!
Non è questo il senso delle parole, oltraggiose per lo Zio, che a me feriscono il cuore e mi fan ribollire il sangue nelle vene e che mi avrebbero tolto il lume degli occhi, se quel l'uomo non fosse un Sacerdote?!..
Lo Zio, forte, generoso, santo, trova perfino un sorriso, io ho detto a D. Angelo che se non fosse stato perché perché, mi sarei querelata per la parte che riguarda me.
Venga, le dirò i pettegolezzi vili riguardo a uova e simile miserie, Le dirò che D. Angelo ha dimostrato chiaro che lo Zio è stato un incubo per lui e che non osando in tutto offendere lo Zio, ha scagliato i colpi contro di me! Vigliaccheria! Venga un po’ a sentire tutta la storia dei fogli bianchi, venga a sentire la delicatezza e l'educazione l'intelligenza e la saviezza del D. Angelo.
Solo una volta io desidero parlare a Lei, più lieta se potrò parlare dinanzi allo Zio e a Don Angelo; sentirà tutto! Chissà, forse anche Lei pensa che quando Le giunsero le lettere dallo Zio, scritte da me, firmate da Lui, dopo aver Egli dettato le lettere parola per paro la, fui io che scrissi di mia testa!
Venga a rettificare i suoi giudizi, ci tengo, perché la stimo e rispetto; Le dirò io, Le farò ripetere dallo Zio ch'io di tutto quanto riguardava la Colonia sentivo parlare sempre con noia (non essendo io inclinata a far da campagnola, e qualche volta anche la serva dovetti fare, ma servii Dio nei poveri orfani e liberai lo Zio da pensieri che non avrebbe dovuto avere e darsi) e costretta, dovetti ingerirmi in qualche cosa.
Ci rimisi denaro, tempo, dovetti spesso incomodare le Suore presso cui vivo felice lontana da tutti, a tutti nascosta per quanto posso. E per avere questa pace vendetti e la casa paterna e i miei poderi e tutto il capitale detti a Comunità rispettabilissime, da cui non volli neanche un rigo di ricevuta!...
Pecco d’orgoglio a dire questo, ma Dio mio! Quando un D. Angelo viene a lanciarmi fango sul viso con quei fogli bianchi, come si tace? Avessi avuti dei milioni per darli!... Avessi anche di più per rimettere nelle mani dello Zio quello che a me avanza dalla mia rendita!... Quel
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santo,
che non pensò mai a sé, sarebbe senza nessun capo di biancheria, se io non lo provvedessi di tutto!…
Son felice troppo, s'intende, di dare allo Zio, ch'io venero e amo come padre, son felice di dare al Vescovo, santamente povero! Il Signore, per mezzo di Don Angelo, mi dà l'amarezza dell'ingratitudine e l'onta dell'oltraggio perché vuol mostrarmi ch'egli gradì quel che feci per gli orfani quando furono malati e perché si spezzi quel sentimento, che mi legava alla Colonia.
Sarò sorda, cieca e muta. Su alla Colonia, ricorderò che c'è solo la Chiesetta con Gesù Sacramentato, e poi né persone né cose. Andandoci per la passeggiata e, se Dio ci dà vita, per la villeggiatura, spero che mai mai io abbia scambiare con Don Angelo nient'altro che un saluto, solo perché lo insegna la carità e la civiltà.
A Lei rinnovo la preghiera che tenga fermo con lo Zio di pigliare loro le entrate tutte, nessuna esclusa, e di far loro le spese. Però aggiungo un'altra preghiera: per tutte le modalità di principio venga Lei o mandi persona che tratti con lo Zio con rispetto ed educazione.
Se D. Angelo è poi capace di amministrare non è cosa che mi riguarda. Allo Zio già troppo sicuro dell'abilità di Don Angelo per la felice prova fattane da anni, a Lei il giudizio!
La ringrazio della pazienza che dovrà avere per leggere questa mia si lunga e non certo gradita, ma lo scriverla non fu dolce neanche a me!
Spero poterle presto parlare e allora, dopo tutto, Le ripeterò scuse e ringraziamenti.
La ossequio.
Noto, 10 del 1911.
Dev.ma Carmelina Blandini
P. S.
Dal telegramma fatto a me si capisce che Lei avrebbe scritto, forse a Don Angelo, ma di tale lettera sino al momento, (sono le 3 p.) nessuna comunicazione ha avuto lo Zio.