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[Da Copia manoscritta]

11 Giugno 920.

Festa del S. Cuore.

Eccellenza Rev.ma, [Vizzini]

Ricevo la Sua venerata lettera.

Scusi se scrivo in fretta e alla meglio. Che nuovi progetti posso mai farLe, Eccellenza Re.ma?

Io ho si tutto il desiderio che si definisca, e che si finisca tutto con grande carità: questo si che desidero.

Anche a me spiace che questa specie di vertenza la si trascini così a lungo, ma Ella sa pure, e, nella Sua bontà vorrà pure concedermi, che non io fui ad impostarla.

La assicuro che ho sempre cercato di addolcirla e scioglierla in Domino in ogni miglior modo, con ogni affetto verso Vostra Eccellenza, ma anche nel modo di non rovinare l'istituzione che Mg.r Blandini volle affidarmi.

Se avessi voluto rovinarla, o specularci sopra, eh via! Ella comprende che avrei potuto farlo chissà quante volte. Senta, Eccellenza, io ritengo proprio che quello a cui ero già addivenuto sia il maximum cui da uomo onesto e da sacerdote io possa ancora in coscienza arrivare, dato che si voglia ancora mantenere la Colonia e darmi una base seria per metterla in efficienza.

Mi dica un po’: se Vostra Eccellenza fosse al mio posto e sapesse tutto ciò che io so e ho in mano, potrebbe fare di più? Proprio crederei di no.

Che se, la Colonia la si vuole liquidare, allora è altra cosa, e avrei caro mi si dicesse, ma fraternamente nel Signore, né io mi opporrò, ma andrò in Domino, finché potrò e tutto andrà in Domino, perché non voglio, per la divina grazia, altra via.

Per me fino ad un certo punto, piuttosto che avere una casa che viva di codesta vita grama, ma meglio che non viva: la sua morte mi diventa preferibile, per quanto dolorosa.

Vostra Eccellenza Rev.ma mi accennava che la Diocesi potrebbe muovere lagni; ma i lagni sarebbero affatto ingiusti e ingiustificati.

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La convenzione fatta con Mg.r Blandini di v. m. è molto e ben chiara: al Seminario non va che una metà del provento netto, quando il provento c'è, si capisce.

Mg.r Blandini, come anche disse a Sua Eminenza il Card. Nava, riteneva che da quelle aride pietre potesse ricavarsi fino a 40.000 lire all'anno, tanto la fantasia del buon Vescovo correva, facendo i conti teoricamente e su trattati d'agraria che partivano da falsi supposti e da terreni di Lombardia e irrigatori, e non dai monti di Gelboe, e da zone arse

dal sole e dove per mesi e mesi non piove. Se ci fosse stato tale margine netto, si capisce come se ne dovesse beneficare il Seminario, ma, invece, lassù si vive miseramente.

Il Seminario, per sé, su casa Rossa e annessi terreni, non ha nessun diritto.

Cedendo ora Casa Rossa, si può realizzare un prezzo certo triplicato, e mi pare che non solo in Diocesi non dovrebbero lagnarsene, ma anzi dovrebbero ringraziarmi.

Io vengo a dare un capitale sicuro, mentre, alterando la Convenzione, nella lettera e nello spirito, il Seminario non prenderebbe nulla, poiché lassù si fa vita poverissima, e, per valorizzare la Colonia, chissà per quanti anni occorrerà anche il reddito di Casa Rossa.

Mg.r Blandini, fin dai suoi ultimi anni, era già disposto a darmi metà il prezzo di Casa Rossa, se io avessi ceduto a venderla.

Non lo feci, e mi tirai le ire di parecchi. Non lo feci per buone e sante ragioni, e non me ne pento. Oggi V. Eccellenza vorrà sapermene grato, ma io so che non ho fatto che il mio elementare dovere: ho fatto l'interesse non mio, ma della Diocesi di Noto, ed Ella, Eccellenza, sa comprendere più che non dica.

Se la Colonia resta, sarà sempre un bene per la città di Noto. Permetta che dica: non si deve ritenere di fare un piacere a noi: l'utile non è nostro, ma sarà della Diocesi: siamo noi che ci sacrifichiamo in X.sto.

Io ho tante richieste di personale, e se mandassi un eremita, com'è fra Gaetano, ad assumere una posizione che ci è offerta, farei oggi un vantaggio non indifferente al mio Istituto.

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Ma ho accettato da Mg.r Blandini codest’opera, e la devo sostenere finché si può, fino a che posso sperare di metterla su una base che vada a compiere la sua missione sociale e cristiana di bene.

Non sono otto mesi che avevo disponibile una somma: venni a Noto, ne parlai, ma, poi, neanche ebbi risposta. Non toccherà certo a V. Eccellenza Rev.ma darmela, ma ai Signori di certo Comitato.

Ma dico che, a quest'ora, non L. 10.000, ma ben più sarebbe venuto a valorizzare la Colonia di Noto. Ma, come si può mettere i ragazzi - ai dì nostri - in quella Casa? se viene una visita, non si può ricevere: se viene una ispezione, ce la fa chiudere, è certo. Credo sarà del mio parere.

Non ho più tempo, oggi, di continuare benché altro avrei.

Mi trovo in giro nelle Case per la visita di chiusura d'anno, e voglia scusarmi.

Io La prego di perdonare se, currenti calamo, mi fosse sfuggita qualche parola meno che riverente: ma l'affetto per Vostra Eccellenza è sempre stato grande in me, pari alla meritata stima. Ella farà il bene di Noto, se si degnerà accettare la soluzione proposta ab initio; non vedrei possibile altra via, Dio lo sa.

Non ho mai sognato di togliere che V. Eccellenza venga a passare l'estate nella Casina: io metterò gli orfani, in està, sotto tende militari, e Vostra Eccellenza avrà tutta a Sua disposizione la Casina e per me sarà una felicità, ma sia una cosa da figlio, e non un obbligo, e abbia una posizione libera e tale da poter dire:  qui si semina e domani non ci manderanno via.

Io ho dato la mia vita ai Vescovi e alla Chiesa, e non vivo di altro amore che alla Chiesa, per divina grazia: e vorrei poter morire ogni giorno per dare una gioia o il conforto di un po’ di vita ai poveri Vescovi."

Sarà superbia?

Dio mi perdoni e Lei preghi per l'anima mia, che me la salvi, che mi possa salvare.

Le bacio con venerazione il S. Anello, e voglia anche benedirmi.

E mi abbia in Gesù Cr. e nella Madonna per Suo dev.mo e aff.mo

Sac. Orione della Div. Provvidenza