V074T015 V074P019
[Minuta]
Amiamo il Papa!
Messina, 3 Luglio [1]912.
Sono
vent’anni oggi, che si apriva nel giardino del nostro Vener.mo
Vescovo quel piccolo e modestissimo Oratorio
Festivo San Luigi,
da cui ebbe dopo
poi inizio, per misericordiosa disposizione di Dio, la piccola Opera
della Divina Provvidenza.
Ricordo che erano presenti due Eccell.mi Vescovi: il Nostro e Mgr. Daffra, Vescovo allora eletto di Ventimiglia.
Vi
erano pure presenti
Mgr. Campi e Mgr. Novelli, e parecchi altri Signori Canonici e
Sacerdoti.
Mgr. Novelli era stato da Mgr. Vescovo posto come Direttore, e lo coadiuvava il Teologo Testone, ora Arciprete di Casteggio.
Vi
era pure
il caro Maestro Giuseppe Perosi, che suonava, ad
un armonium che è
e i Chierici del Seminario di Tortona, che alternavano cantici in
onore di S. Luigi, e specialmente un inno che restò indimenticabile,
musicato in occasione del Centenario dell’Angelo della gioventù.
Consentitemi,
o cari figliuoli
e Amici, che io colga la bella occasione di ricordare quanto, allora,
è stato detto
da me detto a quei giovanetti presentatimi,
di parlarvi di un dovere strettamente attinentesi a quello di amare
Gesù Cristo Signor Nostro, vò dire il dovere di amare il Papa.
Amare
il Papa è uno dei primi e più dolci doveri del cattolico; ma assai
più, o cari, è dovere di noi, figli
della Divina Provvidenza,
poiché la massima fondamentale dell’Istituto nostro è sempre
stata quella
sino
ab initio,
quella
quella di rivolgere tutti i nostri pensieri e le nostre azioni
all’incremento e alla gloria della S. Chiesa di Gesù Cristo: a
diffondere e radicare nei cuori nostri e dei piccoli l’
un amore soavissimo al Vicario di Gesù Cristo.
Uno scrittore moderno ha voluto osservare che gli antichi asceti scrissero poco dell’amore dovuto alla Chiesa e al Papa, mentre invece ai giorni nostri se ne scrive e parla molto. Questo, o Cari, è un segno dei tempi: è segno di nuovi bisogni, di nuovi pericoli:
V074P020
ché,
se anticamente se ne fosse parlato e scritto di più e con più amore
forse avremmo
avuto
meno eresie.
La piccola Opera della Divina Provvidenza si consola nel ricordare di
avere cominciato con un grido di viva
il Papa
e
al
e con un palpito di amore vivissimo al Vescovo, alla Chiesa e al
Papa.
La
Piccola Opera
Essa durante il suo cammino si è pasciuta e visse di questo dolce
amore e solo di questo divino amore a Gesù, al Papa e alle anime
vuole vivere e morire.
E supplichiamo ogni giorno Iddio che non permetta mai che essa risenta delle massime che oggi sconvolgono tante teste: di quello spirito funesto di novità, di insubordinazione, di superbia nel pensare, parlare ed operare per cui si pretende dare da taluni una smentita ai Dottori maggiormente stimati e venerati dai cattolici: si osa screditarli, quasi si compatiscono, e si trascorre poi sino ad attentare alla divina costituzione della Chiesa, e a scalzare, se fosse dato, le radici stesse della nostra santa Fede.
Il
mio credo e l’unico credo della mia vita fu sempre per divina
grazia la S. Chiesa di Roma intera: col suo Papa e i Suoi Vescovi,
con tutta la sua divina costituzione, con la dottrina e gerarchia e
disciplina e
divina costruzione
e ciò desidero bene che
si sappia: e la mia adesione di mente, di cuore e di opere fu sempre
piena, pienissima, umilissima e filiale: e questa adesione
fede nella S. Madre Chiesa di Roma fu sempre profondissima, costante
salda
ferma, fortissima
forte più che la morte: senza reticenze e senza piagnistei, in essa
ho trovato il mio amore, il mio più grande conforto e la più grande
pace dell’anima mia
mia: da essa ho bevuto la divina purezza e bontà della fede e carità
di Gesù N. Signore Cristo Crocifisso.
Nella
Chiesa ho sempre trovato la Madre dolcissima e la più grande libertà
di lavorare, e nel S. Padre la via sicura e il più amabile dei
padri, e
il ver
vero Gesù pubblico in terra e bontà stessa del Signore.
Io
non
Né ho mai potuto capire chi sente o parla diversamente.
Questa piccola Opera della Divina Provvidenza è nata dall’amore alla Chiesa e al Papa e per fare amare la Chiesa e il Papa.
V074P021
E
qui, o miei cari figliuoli
che
e Benefattori, che mi avete sempre tanto aiutato, non posso tacervi
cosa
un fatto memorabile assai per la piccola nostra Congregazione, fatto
che, come già a me, così a voi riuscirà di immensa e insuperabile
consolazione in Domino.
È
ciò che vi
E oso
ormai permettere che si pubblicare
credo bene ormai parlarvene questo
fatto poiché lo vidi con mia sorpresa
io stesso, poiché lo vidi già pubblicato già
dalla “Riscossa”
di Breganze, giornale tanto caro al cuore del Sommo Pontefice e anche
da altri giornali dell’alta e della bassa Italia. Mi
V
Ma avanti di parlarvene io
mi
sento di dovermi umiliare ai piedi del
Signore
di Dio e della S. Madre
Chiesa protesto
chi ha manifestato
e mentre ringrazio la divina bontà del Signore e del Santo Padre di
tanta grazia sono portato ad esclamare: A
Domino factum est istud, et est mirabile in oculis nostris!
Io
dunque in quella
ben
quei momenti benedetti della udienza…