V074T033 V074P054
[Minuta]
Roma
Avezzano, addì
21 Marzo 1915.
Mio caro Benedetto,
Ti scrivo su questo foglio d’ufficio, perché non mi trovo ad avere carta più famigliare.
Oggi ricevo la tua lettera, che è il tuo Santo.
Oh
quanto piacere quanto bene mi hai fatto: quanto affetto, o mio caro
fratello ha
des alla,
o mio indimenticabile fratello, ha destato in me la tua buona
lettera!
Dio
te ne ricompensi! Io
sto bene
Sono
tanto lieto delle buone notizie tue e della
cogn
di tua moglie: il Signore sia sempre con voi e
vi assista per sempre!
Non
pensare a me che per pregare, o caro Benedetto, tu
sai che la mia vita l’ho data alla
fede
a Gesù Cristo e alla Santa Chiesa e agli orfani: essa deve
consumarsi così! Qualche giorno ho creduto di morire sotto l’acqua
la pioggia e tra la neve, a dormire per terra e tutto inzuppato
un’acqua sotto e sopra dalla testa ai piedi, senza più niente né
da cambiarmi né da sostenermi.
Una
sera
sera giunsi a Tagliacozzo al Comitato di Soccorso della Gioventù
Cattolica, e mi tolsi un giornale che avevo messo nel cappello e che
era tutto in acqua per difendermi un po’ la testa.
Mi
diceva lo stesso D. Giovanni Valente che ora è Arciprete qui, che
dopo otto giorni trovò quel giornale, e volle adoperarlo per
accendere il fuoco, ma la
lo
non poté accendersi tanto la carta era ancora bagnata.
Era
proprio con me il Signore, ed io Lo sentivo per
nella per
nella Sua grazia ne…
Anch’io
sto bene
sai, e qui tutti mi vogliono bene:
lavoro.
Ora
In certi momenti mi sento un po’ stanco, ma
se
e in
qualche momento
giorno ho creduto di morire tanto
non potevo più reggermi.
Ma
la mia vita l’ho data al Signore e al mio prossimo e sarei stato
contento che mi avessero portato a Tortona morto per
lavorare,
e lavoro per la fede
Chiesa
fede e per
a fare del bene agli orfani.