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[Minuta]

       Roma Avezzano, addì 21 Marzo 1915.

Mio caro Benedetto,

Ti scrivo su questo foglio d’ufficio, perché non mi trovo ad avere carta più famigliare.

Oggi ricevo la tua lettera, che è il tuo Santo.

Oh quanto piacere quanto bene mi hai fatto: quanto affetto, o mio caro fratello ha des alla, o mio indimenticabile fratello, ha destato in me la tua buona lettera!

Dio te ne ricompensi! Io sto bene

Sono tanto lieto delle buone notizie tue e della cogn di tua moglie: il Signore sia sempre con voi e vi assista per sempre!

Non pensare a me che per pregare, o caro Benedetto, tu sai che la mia vita l’ho data alla fede a Gesù Cristo e alla Santa Chiesa e agli orfani: essa deve consumarsi così! Qualche giorno ho creduto di morire sotto l’acqua la pioggia e tra la neve, a dormire per terra e tutto inzuppato un’acqua sotto e sopra dalla testa ai piedi, senza più niente né da cambiarmi né da sostenermi.

Una sera sera giunsi a Tagliacozzo al Comitato di Soccorso della Gioventù Cattolica, e mi tolsi un giornale che avevo messo nel cappello e che era tutto in acqua per difendermi un po’ la testa.

Mi diceva lo stesso D. Giovanni Valente che ora è Arciprete qui, che dopo otto giorni trovò quel giornale, e volle adoperarlo per accendere il fuoco, ma la lo non poté accendersi tanto la carta era ancora bagnata.

Era proprio con me il Signore, ed io Lo sentivo per nella per nella Sua grazia ne…

Anch’io sto bene sai, e qui tutti mi vogliono bene: lavoro.

Ora In certi momenti mi sento un po’ stanco, ma se e in qualche momento giorno ho creduto di morire tanto non potevo più reggermi.

Ma la mia vita l’ho data al Signore e al mio prossimo e sarei stato contento che mi avessero portato a Tortona morto per lavorare, e lavoro per la fede Chiesa fede e per a fare del bene agli orfani.