V076T085 V076P048
I. M. I. F.
Città, 4 Marzo 26.
Reverendo Padre,
Ho ricevuto oggi una lettera del Rev.do P. Petazzi, nella quale non mi obbliga né a rimanere né a tornare a casa.
Lei sa, Reverendo Padre, ciò che m’ha scritto la mia compagna di S. Giovanni Rotondo.
Oggi mi sono ricominciate le agitazioni: forse cambiando città e confessore, quindi riuscirei a calmarmi.
Lascio a Lei, Reverendo Padre, la decisione di ciò che devo fare.
Spero nella Sua carità, Reverendo Padre, che mi vorrà liberare dal demonio che mi tormenta tanto; Don Candido Garbarino me l’ha detto che a questo avrebbe pensato Lei.
Le benedizioni che m’ha dato l’altra sera, non me ne hanno liberata. Sono rimasta calma e contenta sì: gliene sono riconoscente, ma il demonio l’ho ancora in me.
Le chiedo dunque la carità di liberarmene, se non sono troppo noiosa.
Sono spiacente di darLe tante noie! Voglia perdonarmi, Reverendo Padre, e voglia consigliarmi come se fossi una Sua figlia.
Le presento umilmente ossequi rispettosi.
Sono obbligatissima
Tullia Suster
[Don Orione sullo stesso foglio, risponde, di suo pugno, come segue:]
6 Marzo 1926.
Statevene con Nostro Signore dove siete, e tirate la carretta lavorando per l’amore di Dio, e siate contenta di portare la vostra Croce.
Rivolgetevi di frequente alla Madonna: Essa vi libererà.