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[Cartella: Agosto 1909]
Nella sua risposta il Sigr Teologo Testone dà (ai profani) una ragione degli applausi ricevuti, e pare voglia farsene un vanto.
Noi l’avevamo capita al volo dalle prime parole del suo brindisi, ma abbiamo usato prudenza, e anche dopo non ne abbiamo scritto (guardate un po’, caso,) per non avere l’aria di malignare sulle intenzioni sue. Ma ora che egli stesso ci tira su questo terreno, permetta, Signor Direttore, che vi discendiamo un momento.
Lei dunque ci dice, Signor Teologo, che nel suo brindisi volle sottolineare più volte alcune parole, perché era spiaciuto ai più l’invito fatto ad un forestiero di tenere il discorso di circostanza.
Ammettiamo pure questo, e ci permetta omettere il resto che lei vi aggiunge, a scopo suo.
Quelle parole che sottolineò, Signor Teologo, o dovevano essere un rimprovero a chi aveva invitato il forestiero o erano una sgarbatezza al forestiero stesso, che era là presente; e ciò Lei, Signor Teologo, avrebbe fatto nientemeno che in rappresentanza di tutto il Clero della Diocesi.
Che ve ne pare? In quest’ultimo caso siamo dolenti di contestare che il nostro Teologo avrebbe mancato più che ad una regola elementare di galateo, ad un obbligo grave verso del forestiero e verso di noi: l’ospitalità e l’invito hanno pure le loro convenienze, i loro doveri.
Che se egli voleva far sentire al Comitato delle feste, o a chi per esso, la sua e l’altrui disapprovazione per la scelta fatta vi pare, che dovesse essere proprio quello il momento? Era conveniente, era lecito a lui servirsi di quel brindisi che voleva essere tutta la voce del Clero di una Diocesi, di un brindisi che doveva essere tutto un inno di gioia e di felicitazioni a persona veneranda e venerata, per provocare applausi che turbassero anche ad un solo dei presenti la serenità della festa? O qua parva sapientia regitur mundus!
Ma diamo un passo avanti. Si scandalizza di noi il Signor Teologo, perché abbiamo creduto dover segnalare un pericolo saltando via, dice lui, l’Autorità che governa e veglia ogni Diocesi.
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Egli dice che facciamo ridere gli avversari; ma a noi pare che li faccia ridere colui che alle lodi della “Voce democratica anticlericale che lo esalta quale “una vittima dell’antimodernismo”, e agli insulti che i giornali gettano contro la legittima autorità del Sommo Pontefice e contro l’Autorità Diocesana non risponde: ma siamo noi invece gli scandolezzati, poiché‚ modernismo bell’è buono ci pare quello di infliggere un pubblico biasimo al pranzo e poi sul giornale a quella stessa Autorità che, in assenza del Vescovo, veglia e governa la Diocesi, e dalla quale direttamente ci risulta essere stato invitato quel forestiero.
Ma veniamo a scoprire il bubbone del modernismo che da anni si è cercato e ancora oggi si cerca di nascondere: ormai esso minacciava cancrena.
Prima di tutto non è vero che tutto il brindisi del Sigr. Arciprete Testone sia stato da tutti i presenti applaudito.
Quando egli uscì nelle inattese parole: “sono un parroco condannato a domicilio coatto intellettuale”, gli applausi, lo abbiamo detto sin dalla prima corrispondenza, furono di pochi, di un crocchio, gli altri ne rimasero disgustati. E quegli applausi - appunto perché di un gruppo di giovani – non erano Signor Teologo, una prova della perfetta ortodossia delle sue parole; potevano anzi essere un ben cattivo indizio, un segno che il maestro aveva fatto degli scolari.
In Diocesi non ci fu e non c'è ombra di modernismo?. Noi abbiamo qui davanti il giornale “Il Popolo”, settimanale democratico cristiano di Tortona; su esso Don Testone scrive da anni. Di questo giornale ne abbiamo la intera collezione dal primo numero - tortonese - milanese, quando c’era quel tale là piccolino, ma pepato, che ha dato modo ad alcuno di andare su e giù di qui a Milano per aggiustare certi conti, sino al numero ultimo, su cui il Teologo Testone sente il bisogno di dare una botta a quelli “di quell’altro mondo, nel quale si aspetta dall’odio di classe e dalla corruzione delle masse l’assurdo salvatore” e che noi male non ci apponiamo lo proverebbe il suo abile difensore, il quale dalle colonne della Voce democratica anticlericale di qui nel n° 17 del 4 Settembre dice che la grandissima maggioranza del Clero (falsissimo) “o la pensa come lui o simpatizza con lui”; perciò ha coronato di applausi “l’accenno del Don Testone alla balorda punizione che lo ha colpito”.
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Anche la Voce democratica dunque pensa che egli alludesse alla sua destituzione con le parole da noi riferite nella nostra prima corrispondenza.
Ebbene vediamo a volo da questo giornale e da altri appunti se da noi non ci fu e non c'è ombra di modernismo. Per ragioni facili a comprendersi e che se non il Teologo Testone, altri, certo, vorrà tenerci buone, come un delicato riguardo verso di lui in quest’ora. passiamo avanti, e allarghiamo la tesi. E ciò serva a dimostrare che questa polemica la facciamo unicamente a sostegno dei sani principî, della serietà di vita e di azioni che devono avere quelli che vogliono efficacemente lavorare per la causa santa della Chiesa e del popolo, e più ancora a monito di quelli che sono preposti alla educazione ed istruzione della gioventù.
E premettiamo che non diremo tutto, che diremo il più poco possibile di ciò che conosciamo. Ma dove noi taceremo, dove ci fermeremo, basterà che altri levi avanti lo sguardo per vedere degli abissi, e per ricordare...
Oh vedrete! che sarà pur troppo il caso di ripetere: non c'è peggior stato di quel malato che non sente più il male, e si crede sano del tutto.
Da noi dunque non ci fu e non c’è ombra di modernismo.
Tacciamo certi dolorosi e lunghi precedenti; ma l’azione democratica cristiana svolta tra noi dal Signor Chisola non ci parve mai seria, e non parve mai tale a nessuno degli uomini più saggi e anziani della Diocesi.
L’azione democratica cristiana dell’Avv.to G. B. Valente. la ricordate? Che giovamento ha portato alla nostra Diocesi? Ai posteri l’ardua sentenza! - benché i posteri, in qualche modo, siamo noi, e possiamo già dirne qualche cosa. L’Avvocato Valente fu uno dei cinque che a Roma mandarono al Vaticano una specie di ultimatum pro Don Murri: fu neofito delle idee democratiche cristiane sbagliate di Murri: fu collaboratore di Murri. A Torino era al “Popolo”, aveva stampato una certa intervista, un certo programma, faceva una certa democrazia cristiana equivoca prima, deplorata dopo: quel giornale diede dolori poi cadde e l’Arcivescovo di Torino ne potrebbe dire qualche cosa. A Roma fondò il “garofano bianco” e venne a Tortona col “garofano bianco”.
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Qui venne assunto come propagandista diocesano dell’idea democratica cristiana: diresse per anni il nostro “Popolo” e stampò sul “Popolo” articoli che diedero fastidi e dispiaceri, divulgò idee che è bello non ricordare: - era il modernismo della democrazia cristiana.
Citeremo così qualche coserella: il pope russo Gaponj famoso scismatico e rivoluzionario, per avere dapprima capitanata la rivolta contro il palazzo d’inverno dello zar, con una fine oscura e senza compianto, fu presentato ai nostri buoni lettori del “Popolo” tortonese quasi un eroe “democratico cristiano”.
Si adoperava un vocabolario dispettoso ed iroso contro le disposizioni pontificie che moderavano l’azione democratica cristiana e la mettevano sul binario: un linguaggio irriverente contro parecchi Eminentissimi Cardinali: Sua Eminenza il Signor Cardinale Merry del Val, Segretario di Stato di Sua Santità, si chiamava il “Cardinale Spagnolo” Vero è che l’Autorità Diocesana richiamò e dovette anche imporsi, ma non veniteci più a dire che non ci fu mai ombra di modernismo.
Abbiamo periodi di spiccata tendenza verso la vera autonomia periodi di vero cloroformio dottrinale modernista.
Era democrazia autonoma e murriana quella che veniva a fare tra noi il Sigr. Tortonese di Torino.
E il propagandista Regondi l’avete conosciuto?.
E certi giovincelli democratici cristiani di Novi Ligure che hanno dato a bizzeffe, anche per le stampe del retrogrado del fegatoso e del recalcitrante a sacerdoti rispettabilissimi per costumi e dottrina, e che non puzzavano certo di errori dommatici, né di indisciplinatezza verso la Chiesa e il Papa?
E tutti quelli altri di Broni, corrispondenti alcuni del “Popolo”, che fecero poi quel famoso proclama, e defezionarono così chiassosamente, non erano autonomi e modernisti?
Ah in Diocesi non ci fu ombra di modernismo?
Fummo ai Convegni democratici cristiani della Diocesi, da quello del monte sopra Nazzano in poi, e potremo dare di essi qualche notizia peregrina; ma fermiamoci a quello di Voghera. Che ha potuto Baravalle contro gli altri quasi tutti?
E quasi tutti gli altri borghesi che erano?
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E il reverendo ex Direttore del Popolo, che nella festa federale della Diocesi, a Stazzano, dovette essere da Mons. Vescovo richiamato, perché sosteneva i giovani autonomi, non lo ricordate più?
Qui da parecchi si diceva e si dice tuttora ogni male dei giornali devoti alla Santa Sede, e che fecero la campagna contro il modernismo, come l’Unità Cattolica, la Riscossa, la Liguria del Popolo, e si guarda con occhio nero chi li legge o chi li sostiene.
Parecchi sono gli adoratori di Rocca d’Adria e dell’Unione di Milano; parecchi che prendono l’imboccata da Don Vercesi che più di una volta venne a catechizzare tra noi, e anche ad edificare noi Chierici, e a chiamare “cerotti” le gravi opinioni dei più dotti teologi,quali un S. Alfonso, un De-Lugo, un Suarez, un Gury, un D’Annibale.
Per la verità dichiariamo che non parliamo qui di Don Testone; ma se uno giungesse a dire che dei dogmi se ne fa un batuffolo, perché gli basta il Crocifisso, - che impressione le farebbe, Signor Direttore?
Eppure questo si è detto qua attorno.
Se, dopo aver predicato al popolo sulla vita e miracoli di un celebre santo che illustrò la Francia nel medio evo, terminato il sermone con tanta enfasi e con tanta eloquenza pronunciato, non si vergognasse di proclamare ai convenuti che egli non crede a quanto ha predicato, le parrebbe un buon sintomo?
Secondo noi ne deriverebbe questa terribile conclusione che a certi messeri diventa lecito ciò che ripugna ad ogni animo onesto, di inorpellare dai sacri pergami il popolo cristiano con delle favole (che tali sono secondo loro i miracoli e i prodigi con i quali Iddio si compiace glorificare i suoi Santi), facendole passare nel calore dell’oratoria per verità e per fatti inoppugnabili.
E che dire di quel genio portentoso che chiama l’Angelo delle Scuole San Tommaso d’Aquino una testa piccina, e tratta da gabbani, da asini e con altri epiteti volgari tanti autori e tanti uomini egregi che emersero ed emergono fra gli altri per integrità di vita, per lodezza e copia di dottrina?
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Come si potrebbe definire chi avesse sostenuto che il Loisj è il principe degli esegeti? e ne avesse sostenute le opinioni sulla resurrezione? e distribuite le opere? E questo è avvenuto presso di noi.
Ne conosco un altro che professa immenso lo spazio, eterna la materia, fenomeno il miracolo e miracolo il fenomeno, mistero il segreto e segreto il mistero: che sostiene trasmutarsi a distanza pel fluido magnetico gli occulti pensieri(nuovo sistema di telefono senza fili !) e ascrive a cause puramente naturali i fatti tutti dell’ipnotismo e dello spiritismo. Ma non vi pare modernismo questo, che pure è a pubblica conoscenza?
O non ce ne sarebbe d’avanzo di tutto questo pòpò di roba, per provarvi se ci fu o no ombra di modernismo?.
Or è un anno, “Il Popolo” giornale democratico cristiano di qui, che non è sempre sulla via regia delle direttive pontificie, portando il ritratto di Don Testone lo chiamava: il nostro Maestro!
Noi che non vogliamo imputare a lui tutte le balorderie del “Popolo”, giornale non ufficiale, non gli abbiamo fatto le congratulazioni; ma siccome qualche cosa significava anche quella parola, abbiamo anzi aspettato invano che egli con una sua parola scindesse la sue responsabilità.
E qui ci fermiamo di proposito, e speriamo non ci si costringa a passare certe soglie. Ma, gridando e stampando che non è ombra di modernismo, si crede forse di addormentarci o intimidirci? No, noi non vogliamo più oppio, e il bavaglio non ce lo mettete più.
Quel fogliaccio democratico anticlericale di Tortona che sostiene Don Testone, per imporci silenzio, ci dà del botolo ringhioso, ma a noi basta rispondergli una volta tanto che i botoli ringhiosi li potrà trovare nelle case di certi modernisti, dove, tra le altre nobili occupazioni, si dà anche largo campo alla canicoltura.
No, noi non taceremo. Modestamente, ma con sincerità e franchezza esponiamo il desiderio che si faccia cessare una buona volta una stampa che vive di equivoci e di sottintesi, una stampa che da più anni si è addestrata a nascondere il proprio veleno modernistico in un inciso, in un monosillabo, in frasi sparse qua e là, in una lettera minuscola invece della maiuscola e viceversa.
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Cessi la feroce avversione al giornalismo fedele e forte nel sostenere le buone dottrine e gli insegnamenti e i voleri del Papa.
Noi non taceremo!
Non tollereremo un’azione cattolica leggera: uomini e idee di cui domani dovremo vergognarci. Vedete quel che ci è capitato fin qui. Certi propagandisti dell’idea democratica cristiana che furono tra noi l’anima di tutto il movimento, si ha fin vergogna di nominarli: certi duci dell’azione cattolica e Direttori del Popolo si ha pure oggi quasi vergogna di nominarli.
A difesa della Chiesa e a salute del popolo, spezzeremo la penna prima di deporla: noi non taceremo.
L’affetto al Papa è nei nostri schietto e profondo: ma appunto per questo via i mezzi termini e le mezze misure: non vogliamo dei tentenna con tendenze modernistiche: non vogliamo più oltre il confusionismo delle idee; non vogliamo che si tradiscano i nostri sentimenti cattolici!
[Don Gatti afferma che più di una volta è stato stampato questo articolo ma più esteso. In questo solo il Don Gatti riconosce appunti di minuta del Direttore.
Le sottolineature presenti nell’originale non corrispondono a quelle del volume manoscritto].