V078T188 V078P250

[Minuta. Da Copia dattiloscritta]

Eminenza Reverendissima,

Un mio Confratello, Superiore dell’Orfanotrofio di Venezia, mi informa di una lettera della Segreteria di Stato a Sua Eminenza Rev.ma il Signor Cardinale La Fontaine, che riguarda un libro di religione compilato da D. Brizio Casciola, e che doveva esserci mandato da pubblicarsi alla nostra tipografia di Venezia, richiedendo l’Imprimatur di quella Curia.

Per la verità detto libro non ci è stato ancora inviato, e solamente per questo non si poté presentarlo alla Curia per la revisione; né mai, Eminenza Rev.ma la Tipografia Emiliana che ha gloriose tradizioni religiose si sarebbe prestata a pubblicare scritti senza l’Imprimatur, e tanto meno si sarebbe fatto per un libro di religione.

Ciò detto, sento doveroso, e mi permetta la bontà di Vostra Eminenza Rev.ma di esporLe minutamente come andò la cosa.

Conoscevo il D. Brizio da anni, e mi era stato raccomandato anche dal Santo Padre Pio X, come pure da Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Pomili Pompili, appertendo il Brizio alla diocesi di Roma, non per origine, ma perché incardinatovi dall’Eminentissimo Cardinale Parrocchi.

Con divino aiuto, ho cercato sempre di fare quel po’ di bene che potevo, sia a lui che a Padre Semeria e ad altri che mi erano stati raccomandati, e anche, sino a questi ultimi mesi, affidati dal S. Officio. E cercai di spingere specialmente sul campo della carità quelli che, prima, si prendevano forse nel campo della critica biblica.

Infatti D. Brizio lasciò Roma come desiderava Sua Eminenza il Cardinale Vicario, e si ridusse in una Colonia Agricola a piantar cavoli, ed ora assiste la vecchia Madre a Montefalco. Io non lo vedevo più da oltre due anni, prima che andassi in America; ma posso assicurare che ora…………………………..


V078P251


Dopo questo parve al Ministro che si fosse creduto aver lui intenzione di imporre d’autorità quel testo alle scuole: mentre egli avrebbe fatto sapere che lasciava intera libertà di scegliere il testo giudicato più adatto: fra questi potersi mettere il libro di D. Brizio.

Questi, naturalmente, pregò allora che al suo lavoro si volessero benevolmente fare dalla Segreteria di Stato tutte quelle osservazioni particolareggiate che si ritenevano necessarie e convenienti, intendendo, come di dovere, di pienamente uniformarvisi, correggendo ogni errore, e riempiendo ogni lacuna.

E fu appunto in quei momenti che io vidi il Don Brizio, che mi parlò dell’incarico avuto, e di aver rimandato il suo scritto, perché venisse riveduto e corretto dai due Revisori del Vaticano. Questo suo atteggiamento, benché doveroso, ma sempre lodevole, non poteva non darmi grande consolazione per la carità che mi lega a questo fratello Sacerdote che sempre ho cercato, col divino aiuto, di confortare ad essere figlio umile e senza limite devoto e obbediente alla Santa Chiesa di Gesù Cristo, Madre della nostra fede e delle nostre anime. E, tra di me, me ne consolavo pel bene incalcolabile che il lavoro di tale belle intelligenza, riveduto dall’autorità Centrale della Chiesa, poteva arrecare alla Scuola Italiana.

E fu allora che io mi offersi di pubblicargli il libro, dopo che esso fosse stato riveduto e approvato, parendomi così di concorrere ad un’opera buona, e anche di dare lavoro e pane ai miei orfani.

Trattandosi però che avrei dovuto esporre una somma non indifferente per un forte acquisto di carta e per spese di stampa, volli udire anche e direttamente il Ministro.

E ne riportai la sicurezza che il Governo avrebbe fatto sul serio, cioè avrebbe realmente mantenuto il suo solenne impegno cieca l’insegnamento religioso, e ciò senza reticenze, ma lealmente, secondo la dottrina e la prassi Cattolica.

Diversamente mai io avrei accettato.

Questo avveniva sempre in luglio. Fu in quella circostanza che l’On.le Gentile si dichiarò lieto che avessi assunto io quel lavoro tipografico: mi…………………………..









V078P252


Anzi, come già accennai d’accordo con l’On.le Gentile aveva stabilito che tutto il guadagno della tiratura fosse devoluto a vantaggio esclusivo dei miei orfani.

Chiedo scuse della prolissità, ma tanto ero in dovere di esporre a Vostra Eminenza Rev.ma, perché fosse chiaramente edotta dell’andamento della cosa.

Supplico l’Eminenza Vostra di degnarsi informarne il nostro Santo Padre, e, qualora occorressero altri schiarimenti, io mi tengo a disposizione, pronto a venire di persona.

A Sua Santità con profonda devozione, con amore dolcissimo di figlio bacio umilmente il Sacro Padre, protestando ai suoi piedi benedetti, siccome ai piedi stessi di Gesù Cristo Signor Nostro, la più devota, piena e filiale obbedienza.

Il mio cuore e tutta la mia vita e quella di tutti i figli della Divina Provvidenza stanno umilmente ai Piedi della Chiesa e del Papa.

Si degni gradire Vostra Eminenza Rev.ma tutto il mio ossequio, mentre con grande venerazione Le bacio la S. Porpora.