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[Minuta]

Socialismo e Società avanti al Papato   

Discorso letto avanti a Mons. Igino Bandi addì 14 Maggio 1894.  

Veneratissimo Padre,

Rev.mi e distintissimi Signori,

e cari giovani cari

Egli è con gioia tutta nuova ch’io ho l’onore di volgervi una parola, di venirvi innanzi, e di pronunziarvi un nome santo che incentra la soluzione della questione socilale grandi problemi sociali i grandi amori del mio povero cuore: l'amore a Gesù Cristo e l'amore alle anime il Papa!

Sono, o Signori, sono a parlarvi del Papa, o voler dire della società e del socialismo avanti di fronte al Papato o meglio se volete che mi esprima sarà unop sguardo al presente con parola moderna. Sono anche a svolgervi il programma. Della società e del socialismo; sì, uno sguardo, o Signori, alla società che, nobile retaggio della Croce, in quest’ora prossima si dibatte per lasciare le braccia passa un’ora frenetica lontana da Cristo.

Una lagrima versiamo sul povero popolo… lagrimiamo su di lui che, lusingato a grandezza e imbaldanzito, lo si aizza a rivolta da chi non sospira che il conflitto per ascendere prepotentemente a godersi il frutto della carneficina e a pascersi sul cadavere dei vinti.

Cattolico, sono qui a delinearvi a grandi righe la via di salvezza, a dirvi quale debb'essere oggi e sempre la nostra condotta avanti al Papa; avanti al Papato!

Saranno liberi sensi in libere parole e il mio dire sarà verrà limpido e sereno come limpido e bello è il raggio che sulla fronte della Italia di Cristo riluce, come è bello e splendente il sole di verace sapienza che brilla sopra la patria nostra: - il Papa il Papato! –

Ma, o Signori, invitato a dir due parole non è a voi che io voglia presentarmi maestro d’ortodossia, io, povero chiericuzzo, nato dalla gleba.

Ecché? non siete voi no, la setta de’ recalcitranti: non siete la setta de’ cattivi a Dio spiacenti ed ai nemici sui ch’io venga a darvi lezione o a dirvi che sin qui sbagliaste        













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agite diversamente; no, voi maestri di color che sanno del novello Israele, voi i campioni di saggezza cattolica che difendete l’Arca santa dagli assalti nemici e voi le pie che alla Sposa di Cristo tergete il pianto.

Ma quand'anco o Signori, à fremiti della società e alla miseria del povero ne gemesse gema il cuore, sappiate che a liberarvi ad arrestare il socialismo ed a sollevare i fratelli le lagrime non bastano…

Esporrò verrò adunque a delinearvi a grandi righe la via di salvezza. Io sono a dirvi quale è la soluzione sociale ad evitare la guerra civile.

È d'uopo d'una potenza morale che s'imponga, ci vuole un eroe superiore alla mondanità che parli la parola della ragione del cuore e la parola del cielo: grande fra tutti gli uomini vincitore di tutti dei tempi.

E quest'uomo dell'ordine e della civiltà , e questa potenza mondiale, noi l'abbiamo nel Papa, l'abbiamo nel Papato.

Starà dunque a vedersi Ad evitare dunque guerre civili, alla soluzione del più arduo problema sociale a delinearsi la dobbiamo andare a Canossa. Sono a dimostrarvi come il poter evitare la guerra civile opera di salvezza è il ritorno al Papato. Ma io vi trascinerei se pur ancor non lo si è fatto un programma cattolico d’italiani e cattolico a seguirvi avanti al grande che solo può avvi a risolvere la questione e dare al mondo salvezza e pace. e questa via a grandi righe io vengo sono a tracciarvi, sono a dirvi quale debb'essere, quale sarà oggi e sempre la condotta nostra d’Italiani e cattolici, avanti al solo che può dare al mondo salvezza e pace.  

della giustizia e l'impero usurpatore dei diritti della sede Romana e delle ragioni italiane? L’ira de’ nemici del Papato come dimenticò le imprese di Giovanni X e d'altri pontefici contro i Saraceni, così rimproverò San Leone IX perché combatté i Normanni.

Que’ novi barbari, feroci e semipagani tuttavia non erano stati chiamati dai Papi: sì dalle imprudenze del principe di Salerno; ma trovaronsi dinnanzi le scarse milizie ed il grand’animo di un Papa quando tentarono opprimere la romana libertà . Sul Fortòre, San Leone IX fu vinto nelle sue milizie propugnatrici della indipendenza delle terre romane; ma vince perché piegò a mitezza, a civiltà , a giustizia l'animo dei barbari vincitori, ed


















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italiani li rese, dando loro a nuova e vera patria l'Italia inferiore e mutandoli in protettori della italica libertà contro i fieri disegni dell'impero alemanno oggimai, più che protettore nemico della Sede Apostolica. (Applausi).

Ed era tempo; ché pochi anni passassero ed Enrico IV non chiamato dai Papi, né dai Papi spinto ad opprimere i popoli, cercò assoggettarsi persino il Papato; ma la sua potenza ebbe a frangersi a Canossa contro il petto indomabile di San Gregorio VII; né i tradimenti e le perfidie valsaro poi a dominare la eterna città, omai divenuta pressoché solo, ma certo in ogni caso, massimo scudo d'Italia, e se Gregorio, il magnanimo tutore dei popoli, il vendicatore santo della giustizia e del diritto, morì in esilio, una donna gloriosa che in nome del Papato combatteva contro il nemico dei Papi e dell'Italia, vinse e dall'alto di Monteveglio vide fuggire l’esercito alemanno che numeroso e fortissimo vincitore di cento battaglie non aveva potuto espugnare la rocca sulla quale splendeva il vessillo di Matilde vendicatrice della Santa Sede.

(Generali e prolungati applausi.)

No, o Signori non furono i Papi che chiamarono gli stranieri per opprimere l'italica libertà.

Quando Federico Barbarossa rinnegava il diritto e alle ragioni degli italiani rispondeva col ferro; gli Italiani non si stringevano ad altri che ad un Papa, e la città di Alessandria ricorda anche oggi come da un Papa l’Italia fosse salvata; né le calunnie, onde cercossi oscurare la gloria di Alessandro III, valgono più contro di Lui che, vindice della libertà della Chiesa, rese salda e vigorosa la libertà dell'Italia e per lunghi anni rifece liberi i popoli, sì che contro i successori del Barbarossa si preparassero a valida difesa.

E quando Federico II, l'amico di Ezzelino da Romano e dei Mussulmani, il profanatore di Gerusalemme, il traditore dei crociati, troppo sventuratamente erede anche della potenza normanna, calpestò i più solenni giuramenti e il regno unì all'impero, sperando fra quello e questo schiacciare la indipendenza della Sede Roma e tutta l'Italia signoreggiare e darla ai tiranni, coi quali aveva stretto amicizia e parentele; due Papi levaronsi intrepidi, Gregorio IX, non infiacchito dagli anni, ed Innocenzo IV°, non       

















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trattenuto dall'antica amicizia; e a costo di patimenti, di esilî, di dolori senza numero, salvarono ancora la Sede Apostolica e l'Italia.

È vero però che ai loro successori fu necessario ricorrere agli Angioini per salvare sé e l'Italia dagli usurpatori, ma se venne da loro invocato Carlo, lo fu per togliere Chiesa e patria alla tirannide Sveva, che da troppo lungo tempo aduggiava impero e regno; fu per isciogliere alfine il triste nodo onde l'Italia era stata stretta alla Germania, fu per salvare da nuovi pericoli la Santa Sede, unica custode, non delle autorità della Chiesa soltanto ma ancora della vita d'Italia.

(Fragorose acclamazioni.)

Giacché , o Signori, è inutile negarlo; quanto San Bernardo diceva della Santa Sede e della Cristianità , che cioè quando il Capo soffre, tutte le membra patiscono, è vero in modo singolare dell'Italia, la quale, per arcana disposizione di Provvidenza, è così legata alla Santa Sede, che soffre del soffrire di Lei, è libera della sua libertà e per quanto si magnifici la servitù, è stretta dai nodi che stringono Roma papale, avvilita, se è avvilita la Sede Apostolica, offesa, se la Sede di Pietro è offesa, serva, se Roma è serva. (È vero è vero! ) Il ché intendono coloro stessi che pur si sforzano di negarlo, e quindi, a staccare l'Italia dal fonte di gloria e di prosperità, fingono impossibili amicizie fra il Papato e l'Italia e (che) al Papato rechino debolezza e danni, sì che agevole torni l'una e l'altro assoggettare ai capricci di ambizioni e di prepotenti.

Ma furono forse i Papi che chiamarono in Italia gli Aragonesi chiamati dai nemici dei Papi, Giovanni di Boemia, chiamato dai Bresciani, come Lodovico di Baviera era stato chiamato da Galeazzo Visconti?

Furono i Papi che chiamarono i Francesi di Carlo VIII? No, fu chi meditava ribellarsi ai Papi, fu chi isperava ingrandirsi a danno dei Papi; fu chi voleva consumare un tradimento od un assassinio; furono in una parola Ercole duca di Ferrare e Lodovico il Moro usurpatore di Milano; e se molti favoleggiarono essere stato Alessandro VI, costoro       




















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mentirono e gli Archivi di questa stessa città di Modena conservano certissime prove che Alessandro si oppose sempre a chi voleva chiamare i Francesi, combatté quanto poté chi li chiamò, né altro valendo a fare, al Collenuccio? mandatogli dal Duca di Ferrara per persuaderlo a volgersi alla parte di Carlo, diceva con magnanima ira gravi parole contro “di tanta viltà d'Italia, che spontaneamente si togliesse sopra il capo il dominio dei Francesi” e dolevasi assai, prevedendo “che la venuta dei Francesi sarebbe la  servitù dell'Italia”.

(Nuovi applausi).

Né ai Papi può recarsi a colpa senza grave ingiustizia quel triste tempo nel quale gli stranieri disputaronsi la Patria nostra, costretti allora i Pontefici, come ogni altro principe, a tenersi amici questi o quelli, ad unirsi ai Francesi od à Spagnoli secondo necessità voleva, tornando impossibile salvarsi e resistere; più gravi divenuti i pericoli per mali fatti dà principi Italiani, che come Alfonso d'Este, ardivano tanto da spingere persino contro Roma le masnade del Frondspersg e del connestabile di Borbone.

Ma salvando anche i quelle fierissime tempeste la libertà e lo Stato, i Papi salvarono quel tanto d'Italia che era possibile salvare, e solo per loro opera vi fu ancora terra italiana dove gli italiani governavano il proprio paese.

E, quando le lagrimevoli vicende di Francia recarono nuovi e più gravi pericoli, furono forse i Papi a chiamare gli stranieri? Invano Pio VI gridò ai principi italiani si unissero contro al nemico comune, invano cercò fare dell'Italia una terra concorde nel prepararsi a necessaria difesa: italiani traditori, ministri insipienti mandarono a male l'opera sua, e l'Italia fu corsa da nuovi barbari.

Ma Pio VI patì per la salute di Lei, e morto esule e prigioniero in terra straniera, lasciò la tutela della libertà della Chiesa e dell'Italia al successore Pio VII, che contro prepotenze ed usurpazioni intrepido combatté e l'esilio sofferse e orribili torture di spirito per la difesa della Chiesa e della terra italiana, che Dio aveva affidata al suo governo, e.        




















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che il maggiore guerriero ed il più prepotente gigante de’ secoli moderni, voleva far serva.

Che se parvero poi cessate le violenze, durarono le frodi contro la Chiesa e l'Italia, e solo il Pontefice protestò altamente contro tutta Europa, che persino nelle terre papali poneva soldati stranieri e diceva ristabilire il diritto, mentre il diritto più sacro violava a danno del Pontefice e degli Italiani.

Né Pio IX fu da meno de’ suoi gloriosi predecessori, nella difesa della Chiesa e dell'Italia, e se invocò le armi degli Stati cattolici, fu solo per purgare la eterna città dagli stranieri e dai settarî, che si erano calati da ogni paese per profanarla; né Pio IX diede allo straniero per averlo alleato, un palmo solo di terra italiana, né diede in mano ad alcuno le porte o le chiavi d’Italia per allargare il proprio Santo.

I Papi non chiamarono stranieri, e quando non poterono tenerli lontani d’Italia, cercarono farli divenire italiani, e per questo costretti a consentire il regno di Sicilia e Federico II, che per eredità tenevalo, vollero almeno impedire che divenisse suddito di straniero Signore, e a Federico fecero giurare che non lo unirebbe mai coll'Impero e che il re di Sicilia non sarebbe mai né imperatore, né sovrano di Lombardia.

Che se poi Federico fu spergiuro, la colpa è forse da darsi ai Papi? che lunghe lotte soffrirono, e durarono aspri patimenti per impedire un fatto che poneva a pericolo la libertà della Chiesa e il reame riduceva a straniera Signoria, pressoché a provincia di Germania?

È vano negare che sempre in Italia la parte veramente nazionale sia stata unita ai Papi e che i favoreggiatori di estranee Signorie siano stati sempre ai Papi nemici; la storia è là , testimonio eterno del vero, e può falsarsi, può oscurarsi dalla malignità degli uomini, i quali possono trovare non serie le prove stesse dei fatti; ma non può togliersi interamente.

E la Chiesa e di Papi non temono la storia, perché la storia è la loro difesa, la loro gloria.

Lo prova persino un’opera scritta con tutt'altro disegno che quello di difendere i Papi, e che dimostra con più certi documenti come anche dopo il 1815, il più tenace, il più costante, il più accorto ed operoso difensore della indipendenza vera, dei diritti e dell'onore dell'Italia fosse il Papa, (Viva il Papa).

E se l'onore dell'Italia fu conservato intatto né tempi più barbari, lo si deve ai Papi. Per i Papi che difesero la indipendenza di Roma...