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[Da Copia manoscritta - grafia di Don Sterpi]  

Copia della lettera di Don Albera scritta a Monsignor Bandi     

Dalla Colonia, 19 / 4 - 904  

Eccellenza Rev.ma,

Di questi giorni lettera confidenziale mi avvertiva di un fatto a mio danno che espongo a V. E. prima di prendere deliberazioni che potrebbero produrre inconvenienti.

Nella prima 1/2 del 1901 si trattò della vendita del Castello di Mornico acquistato in comune da me e da Don Orione. Trovandomi io alla Colonia di Orvieto Don Orione mi chiede la procura per detta vendita ed io ingenuamente ed incondizionatamente subito gliela mandai.

La vendita non si effettuò ed io senza nessuna considerazione non ritirai la procura.

Ora dopo due anni e mezzo e propriamente nel Settembre u. s. perché forse vide che io intendevo mantenere la risoluzione presa riguardo alle Colonie, egli servendosi della procura da me fattagli vendette la parte mia a Don Sterpi e per un prezzo non dico infimo ma legalmente inammissibile.

Di più sono passati ormai sette mesi e da Lui debbo ancora ricevere cenno del contratto.

Per consiglio ricevuto da persona legale non solo per il contratto illegale ma per l’abuso di fiducia e per la mala fede Don Orione potrà trovarsi in serî inconvenienti; per questo ho voluto renderne consapevole V. E. e desidero consiglio.

Bacio con rispetto il Sacro Anello e invocando la paterna benedizione con profondo ossequio di V. E.

Dev.mo Servitore     


Sac. Paolo Albera .


V. Se ne dà comunicazione al R. Don Sterpi per quelle informazioni del caso onde poter rispondere.      

+ Igino Vescovo


Al vescovo si diede seguente promemoria

              





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Pro memoria


Quando si fece il contratto di Mornico Don Albera agiva come membro dell’Istituto della Divina Provvidenza, e perché tale Don Orione permise che egli fosse pure comproprietario.

Il Castello fu pagato L. 21.000, dieci mila si sono date subito di cui 3500 don Albera, e il resto 5000 Don Orione e L. 2000 furono prese dalla Banca di Voghera. Undici mila le pagò poi Don Orione tre anni fa circa, facendo in gran parte altri debiti in testa sua, per togliersi da un lite coll'antico proprietario che vi teneva ancora su l’ipoteca di L. 11.000, e che, entro breve termine, prendendo a pretesto deterioramenti fatti, o voleva indietro il Castello, restituendo solo L 1000 lire delle 10.000 che aveva ricevute all'atto di vendita a noi, oppure, lui ricco, minacciava una lite con noi poveri.

Basta, Don Orione pagò le restanti 11,000 lire e si tolse l'Opera da una brutta lite o da una gravissima perdita di L. 9000 delle 10.000 già date all'atto dell'istrumento.

Alcuni anni fa, Don Albera, facen riunitosi all'Opera, rilasciava a Don Orione procura di Mornico perché stante le gravi angustie in cui si trovava l’Opera, anche per avere pagati debiti di Don Albera, potesse egli legalmente disporre come Superiore di Mornico e venderlo.

Ora mentre don Albera nel Settembre Don Orione seppe da persona fede degna che lo Zio di Don Albera Antonio Santinoli aveva detto in Tortona, e propriamente nel Convitto Santa Chiara, che egli aveva un credito verso il Nipote Don Paolo di L. 10.000 e che voleva assicurarsi prendendo una ipoteca di tale somma su Mornico.

Era allora che Don Albera stava per separarsi un'altra volta, dopo che aveva avuto dall’Opera aiuti di danaro fortissimi e pagamenti di debiti.

Don Orione, sentendo che lo si voleva rovinare del tutto, ancora prendendogli ancora una ipoteca tale su Mornico che aveva in gran parte pagato lui, venne a Stazzano nell'occasione della Messa di Don Goggi, ed espose il caso a Vostra Eccellenza, presente Don Olivati, e disse se poteva valersi di quella procura per scongiurare un grave danno. E col permesso consiglio di Vostra Eccellenza credette in tutta coscienza di potere vendere la       
















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parte di Don Albera ad uno della Congregazione, non potendo venderla ad altri, senza il permesso di Roma.

La parte fu venduta, avuto riguardo a quanto Don Albera ci ha messo cioè L. 3500, ma anche ci avesse messo L. 5000 come di non sarebbe neanche la quarta parte del costo in 21.000 e don Orione solo ed mentre ora non ne esibirono mai più di 11.000 lire.

Quindi:

1 Non sta vero che egli ha venduta la sua parte per prezzo infimo e non legalmente inammissibile a meno che Don Albera voglia dividere anche più di quello che ci ha messo.

2 Non c’è mala fede perché prese consiglio dal suo legittimo Superiore, a cui aveva anche detto che avrebbe rilasciata in favore di Don Albera una carta di obbligazione per la somma corrispondente alla vendita, ciò che so non ha fatto perché seppe che egli voleva togliersi come si tolse dalla giurisdizione di V. Eccellenza, e allora sospese unicamente perché non sapeva poi a chi avrebbe potuto rivolgersi per farsi restituire fare riconoscere anche al Don Albera il danaro a lui dato: più 1000 lire me presente ad es. date a D. Albera il 18 Nov. 1898 quando si riunì e venne un giorno una mattina da Godiasco che si trovava in gravi pressanti angustie, poi so che anche che Don Orione tenne buono presso fece un chirografo al parroco di Corana anche per danaro dato a Don Albera quando questi faceva da sé, e pagò altri debiti.

3 Non c’è abuso di fiducia né mala fede, perché egli, Superiore, si servì di una procura in tutta regola per stornare dalla Congregazione un danno grave, quale sarebbe stata una ipoteca su Mornico di L. 10.000, di cui ora non ne esibiscono più che 11.000, mentre nella somma di L. 21.000 versate, Don Albera non mise neanche una quarta parte. Che anzi questo unirsi di Don Albera coi debiti e separarsi a debiti pagati, e, mentre sta per separarsi, il saltare su suo zio con un credito di L. 10.000 per prenderci una ipoteca su Mornico, dopo i sacrificî fatti da Don Orione e gli aiuti in danaro avuti da lui, lascerebbero dubitare piuttosto sulla buona fede di lui del Don Albera.

Io non so per quali ragioni Don Orione non ha creduto ancora di comunicare la vendita; - so che con Don Albera ha sempre usata molta carità e forse ha taciuto, perché ha sempre sperato di vederlo ritornare.      

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Basti dire che egli lascia che il Don Albera sia ancora proprietario dei beni del Vescovo di Noto, anche ora che ha dichiarato di non fare più parte dell’Istituto. Questo per la coscienza.

Del resto anche legalmente pare che tale atto non sia infirmabile.

Con ogni reverente ossequio ecc.