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[Minuta]
La carità è la nostra forza!
La carità è il diritto!
Era
una di quelle notti che lasciano un'orma eterna nei secoli, perché
si inizia il pensiero dell’avvenire nel
in un simbolo vivente che lo rappresenta.
Roma
pagana briaca
di sangue,
immersa nella crapula e nella voluttà oscena e
pensa e,
sogghigna sull'agonia delle vittime, e getta per ludibrio una corona
di rose e di mirto sui busti svergognati di Socrate e di Platone.
È
l'ora in cui il gladiatore, scampato alle stragi della giornata,
dorme, forse, l’ultimo sonno, riserbato ai giochi del domani. In
quest'ora, un uomo di forme atletiche e di statura colossale, ardito
nell’in
scomposto
nel passo, avvolto nel rozzo saio dello schiavo, sale la più alta
gradinata del Colosseo, e, quasi spettro vendicatore, getta lo
sguardo truce su l'arena.
La
sua faccia
fronte abbronzata e coperta di fierezza, è di
velata da cupa melanconia: le sue narici sono,
dilatate dall'ira, respirano l’odore del sangue, onde è satura
quell’atmosfera; il cuore ha stretto e avvelenato, e una
pallida
un pallore glaciale copre il suo volto.
In quel momento, dalle caverne del Colosseo scoppia l’urlo delle fiere, e quel bramito rimugghiò nelle mille cavità dell’anfiteatro.
Il
gigante alzò al cielo un'occhiata sinistra, e levando
agitando in pugno una larga daga di gladiatore gridò: La
forza è il diritto!
Era Spartaco, che scoteva nel braccio le spezzate catene, e dichiarava guerra ai padroni del mondo.
Da quella notte passarono cento trentaquattro anni, ed una notte, più funebre della prima, aveva stese le sue tenebre su Roma.
Le passioni ambiziose della repubblica, la viltà del popolo romano avevano data la città in balìa alla demenza dei Cesari: Roma aveva rinnegato ogni nobile entusiasmo, ogni alta fede religiosa e politica, e adorava Nerone.
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Un
altro uomo, dal volto ispirato, straniero nell'abito, saliva il sommo
del Colosseo
Campidoglio e di là gettava uno
lo sguardo su Roma e oltre.
Era
basso
piccolo di statura, ma aveva il cuore grande, come l'amplitudine del
mare e del cielo, e gli splendeva la fronte di una
luce sovrumana.
Questo forestiero, venuto d’oriente, era Paolo, l'Apostolo delle genti: levò gli occhi al cielo, pose la mano sul petto, quasi sopra un altare e poi, traendo dal petto una croce, inaugurava in Roma una civiltà nuova esclamando: la Carità è il nostro diritto!
La
Carità! Questa era una parola nuova che;
né l'antichità l'aveva udita mai! Questa
La carità! Le statue degli dei, l'aurea casa di Nerone si scossero a
questa parola
al soffio della carità, e un fumo odoroso di sacrifizio si levò
dall'arena del Circo dove la
carità di
Cristo trionfava nella carità fatta olocausto di fede e di amore
fraterno nel sangue dei martiri.
Queste
due grandi e così diverse figure, Spartaco e San
Paolo di Tarso, monumenti del pensiero umano, più che sembianze di
individui, ricompaiono
ricomparvero spesso alla mia mente in questi giorni di lotta e di
conquista.
Tutte
e due tentarono l’impresa del
mondo
stessa: l’abolizione della schiavitù , base e cancrena della
società antica: il primo con la spad
forza, con
la spada;
il secondo, con la carità di Cristo.
Il
ferro si è
Il ferro si è spezzato nelle mani di Spartaco, perché l'umanità
non può essere rigenerata dalla forza brutale né
indul:
la carità di Paolo ha vinto il mondo, perché è con la forza morale
che
si vince,
è con la virtù , col sacrificio, con l'amore che si vince l’egoismo
e si cambiano
redimono gli animi e le nuove generazioni.
Spartaco
è l'uomo non confidente che nella propria forza: Spartaco è nato
per soccombere per morire; Paolo è una fede che trionfa, è una
civiltà nuova, che
la quale in Dio, Padre comune e carità per essenza, ci dà il
principio dell'autorità e dell'amore, ci dà i diritti della
fratellanza umana, e l’amore, sì luce
i diritti all'amore, da farci morire
dare la vita per i fratelli
più piccoli e ignorati nostri fratelli.
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Spartaco
è l'abuso e il traviamento della forza; Paolo è la forza della
carità e il
diritto
la proclamazione che solo ha scopo e diritto alla vita chi vive non
per sé , ma per altri, per la carità.
Chi
rivolgerà
darà all'uomo
all'umanità la sua grandezza morale? Spartaco o Paolo?
Con Spartaco tutti i principi morali si sono orribilmente eclissati.
Il dio dell’impero romano era la forza e l'oro.
Vedere Spartaco vedere - Carità !
....
Il popolo, tutti e anche quelli che non sono di
chiesa
cristiani o lo sono solo e a loro insaputa e loro malgrado, sentono
come una voce che grida forte nella coscienza e dice: - Son molti
milioni che si spendono per il popolo, molto si è fatto, ma tutto
cìò è ancor poco.
E,
invero, il fatto sinora è pochissimo, in comparazione di quel che
dovrebbe essere, se noi tutti fossimo pieni dello spirito di Cristo e
infiammati dal suo amore per il
i nostri fratelli i poveri.
Oggidì
però gravissimi fatti e l'aura popolare che ci spira attorno e
accenna ogni giorno a tempesta, ci avvertono si
che l'ora è suonata in cui le condizioni del popolo cristiano
dovranno essere notevolmente
incomparabilmente migliorate, sì nei beni materiali che in quelli
dello spirito.
E
questa sarà la
gloria del secolo XXI. E Cristo scioglierà il problema e lo
risolverà per mezzo cristianesimo
della Chiesa. E
la Provvidenza divina darà alla questione sociale la più ampia
soluzione, e a Lei
serviranno anche le false teorie del socialismo e del comunismo,
anche gli errori e le colpe di noi cattolici, e di quelli che non
sono contro
con noi e molti
che
non sono cattolici.
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Il
nuovo Istituto Berna che oggi sorge
si apre in Mestre ad accogliere i poveri figli del popolo e
le vittime indirette della
e orfani coopera per
modestissima misura modo misura
modestissimamente alla soluzione del grande appassionata
problema.
Un'aura vivificante di cristianesimo nella vita di tanti poveri fanciulli di tanti orfani di guerra.
La questione sociale ha preso una forma nuova ed è diventata sì minacciosa e audace, da mettere i brividi a tutte le nazioni civili coll'intelletto e con la mano.
Quanto più al popolo manca la fede, tanto gli si accresce una sete ardente di ricchezze e di piaceri, che talvolta diventa furore selvaggio.
Chi ha poco vuol molto: chi ha molto vuol moltissimo.
Se le ricchezze e il piacere sono tutto l'uomo; se non ci ha alcun bene al di là della vita presente; se ogni mezzo adoperato per arricchire è buono; perché mai - grida il popolo diventato miscredente -, perché mai nell'umana famiglia l'uno ha da essere povero e l'altro ricco?
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Alla
Roma dei Cesari sottentrerà un'altra Roma; alla Roma di Spartaco, ai
proletari sollevati da Catilina, sottentrerà
un’altra succederà
alla lupa sottentrerà
l'Agnello immolato:
a quella unità del mondo, che tentaste conseguire con la forza,
succederà quella delle intelligenze sotto il
dolce
l'ubbidienza di Cristo.
Una
grandezza tutta morale, opposta al terrore delle armi, regnerà e
sarà il carattere dei nuovi popoli, e un nuovo ordine di cose e di
idee uscirà con la forza della verità e dell'amore alla conquista
redenzione e conquista dei popoli.
La violenza ha perduto il mondo, ma la carità lo salverà.
Dobbiamo
gettare via le opere delle tenebre e rivestirci delle armi della
luce, bisogna
e poi fare del bene! Vivere per fare del bene, del bene sempre
a tutti, senza distinzione di classe e di parte, fare del bene
sempre, sino al sacrificio di noi stessi.
Solo
allora risplenderanno sulla nostra Patria e sul mondo dei
giorni migliori.
La forza divide gli uomini: la carità li unisce; la libertà non ha forza nella forza, ma nel principio morale, e, se questo vien meno, anche il popolo più forte è perduto.
Non più greco, non più circonciso o incirconciso, non più libero o schiavo: ma una comunione di santi!
E anche i nostri corpi saranno rivestiti d'immortalità e di gloria, e la beatitudine dell'intelletto e del cuore sarà nel possesso della verità, nel godimento di un amore infinito.
È una rivelazione di Dio e un poema mirabile di carità e una luce nuova, che penetra il mondo e fa della carità la grande legge di vita per gli uomini.
Con
Spartaco il
è un mondo muore
che muore: con Paolo si inizia vigoroso alla vita un nuovo mondo, che
si rigenera nel sacrificio ispirato alla fede, alla speranza, alla
carità.
La natura umana non ha forza intrinseca per rigenerare sé stessa: Catone si uccide tra le rovine della libertà; la virtù intima che deve rigenerare il mondo non è dagli uomini.
Con
Spartaco l'uomo è una forza, ma è una cosa; con Paolo l'uomo è una
forza, ma è un libero, figlio di
Dio
ed erede.
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E
poichè
Udite. Il mondo civile è governato principalmente dal pensiero e
dall'amore, e nessuna cosa ha tanta efficacia nel pensiero e
nell'amore buono, quanta il Cristianesimo, onde ne segue che il
Cristianesimo, principalmente, governi oggi il mondo civile.
È un governo questo or pacifico or combattuto, spesso negato o contraddetto, che in alcune ore della vita, e qui le ore sono anni, par vinto e annientato dal torrente delle umane passioni; ma è un governo di amore, che Iddio pose nell'universo, e che perciò non verrà mai meno.
L'amore
dunque, e non l'odio, potrà comporre tutte
le difficoltà
divergenze tra gli
individui e
tra i
diversi ordini di cittadini
le diverse classi sociali e placare gli ardenti e faziosi partiti,
che oggi rendono incerto l'avvenire della nostra
patria e del mondo.
Solo
Un alto
grande, sovrumano un divino Amore. E quest'Amore non può essere che
Cristo, Cristo solo scioglierà il grande problema, gettando una alta
grande luce di misericordia sugli uomini; una luce che riveli
mostri quanto poco valgano i beni terreni in paragone dell’oro
della sapienza evangelica e dell'amore fraterno.
E
lo risolverà la sua Provvidenza, per
il
per mezzo del Cristianesimo, con un apostolato di fede, di pace, di
carità. (I versi).
Per
tutti, ma per l’operaio
il lavoratore del braccio in modo vivissimo, la fede è un bisogno
prepotente del cuore.
Se
c’è stato di cose che spaventa, più di quello del dominio d’un
tiranno, è ancora quello di un domani, le cui masse popolari
camminino
senza
camminassero prive di Dio.
Come
si può pensare al giorno in cui l’umanità non vivesse più di
Dio? Senza padre e senza madre si può vivere, ma senza luce di Dio
no, si
va
disse Tolstoi; i popoli vanno alla barbarie e
si muore, ha scritto Tolstoi,
all'anarchia.
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Dalle
pagine belle di G. Giacosa levo una similitudine che si parla
può applicare assai bene al nostro caso, là dove descrive la neve
sulle Alpi prima e dopo il tramonto del sole.
Tale lo stato dell'anima, tale quello del lavoro, secondo che su di esso brilla o tace Iddio. Per chi crede, tutto, anche il sibilo del serpente o il ruggito del leone, fanno armonia e giungon come rondini al mio cuore le voci sparse della terra e non ignoro Chi ve le induce con perenne amore. (D. Tumiati. I poemi lirici Sibilla delfica).
La
parola di Paolo parve follia ai gentili
Greci e suonò come scandalo ai Giudei, ed era la parola di Dio,
parola di mitezza, di castità, di carità.
Spartaco
uscì
a sollevare gli umili con la violenza: le armi, invece, di Paolo non
sono carnali, e volle ottenere tutto con l'efficacia della verità e
della giustizia, mai con la violenza, egli rovesciò la sapienza dei
saggi e la prudenza dei prudenti.
Spartaco
usò mezzi umani, Paolo scelse, a confondere i forti, ciò che v’era
di più spregevole, second
di più oscuro, secondo il mondo, acciò
strumento dello Spirito Santo, onde nessuna carne potesse gloriarsi
in
suo
al cospetto di Dio.
Spartaco muore maledicendo: Paolo riversa a larghi fiotti il suo sangue e, nell'agonia tremenda, non dà un lamento, ma con serenità ineffabile gioisce di morire, e muore, perdonando e amando, con Stefano martire, come Cristo in Croce.
È qualche cosa che non poteva venire dalla natura umana.
Il popolo stesso di Roma, che non sentiva più misericordia se non per le belve del Circo, ne sarà preso da pietà e da meraviglia.