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[Minuta]
Abbandoniamo il mondo!
Il
mondo è
ritornato
con tante usanze è ritornato pagano, impotente
ormai è come un vecchio decrepito, è
impotente a parlare ancora alla mia
nostra mente e a soddisfare ai bisogni del mio
cuore:
Fratelli
anime in Gesù abbandoniamo il mondo!
Sulle ali dell’amore purificato dal sacrificio e su quelle dell’entusiasmo moderato dalla fede, usciamo dal mondo, e andiamo in cerca di un bene che non è terreno, e che il mondo non ci sa più dare.
Le
persecuzioni dei primi secoli popolarono le solitudini: le
persecuzioni di oggi e l’amore di Gesù popoleranno i boschi e la
montagna. Quando i Cesari, plebe del re, si studiavano puntellare il
fracido vecchiume paganesimo con intolleranza e
persecuz
feroce, assai gente, scampata al cavalletto, alla gemonia, alla
morte, rifuggì all’Eremo, e quell’inselvarsi trasformò e
vivificò di purezza e
di civiltà la terra
le genti, e parve proprio
davvero, o fratelli miei, che lo spirito di Dio passeggiasse sulla
terra e sovra le vestigia del Signore crebbe
sorgeva bella la civiltà e la grandezza del mondo cristiano.
Oh
come l’anima si commove fino al pianto, quando pensa ai padri del
deserto e vede
ricorda l’amore
di
Gesù che conduceva gli uomini ai romitaggi, dove un popolo, scampato
come da un secondo diluvio, cercavano
un asilo alla
medi
a generose risoluzioni, a
virili
propositi di
darsi a Dio.
Sempre
sulla terra si è potuto temere per la virtù, sempre s’è sentito
il bisogno di raccogliersi nel Signore, ma
non e
specialmente dopo le tempeste del mondo, e guai se per le anime
travagliate dal tempo e dalle sciagure non ci fosse stata la
solitudine.
Ma
fu l’azione del Cristianesimo
Ma più che i dolori della vita fu l’amore di Gesù che trasformò
in giardini sparsi di anacoreti i deserti della Nubia, della Siria,
della Tebaide e dell’Egitto.
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Gli
eremi d’Oriente e di Sicilia, le cave
sabbie e le rupi dell’Arabia, accolsero torme di fuggenti, che
facevano risonare le tane delle fiere e nella
palpitare le profondità delle caverne d’un amore che il mondo
difficilmente conosce e sa capire, un amore grande e infinito e per
cui non bastava l’amplitudine del deserto.
In
un giorno di mestissima eppur soave ricordanza, pellegrinai all’Eremo
agli eremi di San
Corrado
Sant’Alberto e di San Ponzo e di San Colombano: oh quanti dolci
sentimenti risvegliano nel cuore!
Levati in alto sulle ali del turbine, che la bufera infernale scatenava contro i seguaci di Gesù, quei generosi abbellirono e allietarono, fra dirupi o folte boscaglie, gli orrori selvaggi della solitudine. In montibus et speluncis et in cavernis terrae laetantes in Domino!
E un po’ della loro letizia si diffondeva ancora soave sull’anima mia! E in fronte alle immagini di quei santi anacoreti oh come vi si leggeva l’astrazione dell’anima e nelle fattezze l’austerità della vita, e negli abiti il dispregio di quanto è terreno e l’oblio del mondo!
Ah,
diceva tra me, se, dopo tanto secoli che siete morti
scomparsi, pur queste vostre rupi mi parlano ancora si forte, ben
comprendo bene quanto grande doveva essere al fede e al pietà
destata da voi: pietà fede ed entusiasmo che mossero di fatto
sovente popoli interi a levarsi e a trascinarsi sulle orme de’
servi di Dio! Oh sì! più che i
miracoli e
le omelie de’ padri poté, sullo spirito de’ popoli, il
la fortez
la santità degli
che usciva dagli eremi e dalle
spelonche
la benedizione che pioveva dalle
spelonche
dai monti, dalle grotte!
Fratelli in Gesù, abbandoniamo il mondo!
Questo
grido
E parole di fervidissimo entusiasmo non
è affatto
le udivo po,
non è molto, pronunciare da due giovani
studenti d’Università d’assai belle speranze: abbandoniamo il
mondo! E quelle parole non venivano da stupidità o stoltezza no, -
era desiderio di servire Dio sinceramente, era noia profonda d’una
società affarista o fracida dall’ozio e dai piaceri del senso.
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Abbandoniamo il mondo! Questo grido è una reazione naturale della coscienza cristiana.
SulLa
società non la vediamo da altro dominata che da affari e piaceri:
quelli per mantenere la vita materiale, questi per disonorare lo
spirito.
Abbandonate al sordido guadagno e alle voluttà sensuali, le nazioni degradate chiedono, ai loro padroni, affari che alimentino o spettacoli che inebrino la vita: davanti a tanto scadimento una moltitudine di anime, cacciata, da una parte, dallo spirito di Dio, e sbandita, dall’altra, dallo spettacolo della corruzione verrà spinta ancora oggi a rifuggire al deserto e ai boschi, là nella solitudine ove il calcolo e le presunte opportunità aristocratiche non entrano per nulla a turbare le menti.
Né
crediate che i nostri boschi
romitaggi chiuderanno
chiudano nel loro seno gli invalidi della società, sono uomini
d’alta perfezione morale, i quali voltarono le spalle al mondo,
presero il bastone da viaggio e vennero sotto le ali della Divina
Provvidenza, ignorati da tutti, lontani da tutti.
Vivificati
e trasformati da una carità che affoca, si votano ad una vita
laboriosa ed austerissima e, mentre i popoli, per avidità di piaceri
e di vita più felice, lasciano l’agricoltura e si addensano
voracemente a contendersi un misero boccone sovra i marciapiedi delle
città: i nostri eremi si aprono come oasi fiorite, e molta
gente
non è a dire del
quale immenso bene faranno, rifugio a molta gente o disingannata
dalla vita procellosa o trabalzata dalla fortuna, santi alberghi di
pace e di fede vivissima.
Le
spelonche si rimuteranno in officine di sapienza, le terre
abbandonate avranno i loro coloni, e con una serie di faticosi e
perseveranti lavori, di cui gli orfani e i sofferenti raccoglieranno
i benefici, si crescerà negli animi fratelli, si riaccenderà con la
face della carità, il desiderio del lavoro e si formeranno
chiameranno le genti alla vita semplice e bella delle campagne e si
riaccenderà la face della carità sulle vette de’ monti, sì che
ne verrà destata anche la gente della città addormita il più delle
volte di un sonno inerte che ha tutte le sembianze di morte.
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Tutta
l’energia di più volontà, liberamente sommessa alla fede: tutta
la perseveranza
tutta la perseveranza che nasce dallo spirito di corpo, saranno
congiunte ad una severa disciplina, rivolta oggi alla cultura della
terra, cultura purtroppo tenuta da tanti quasi come una occupazione
ignobile.