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[Da copia stampata]

Il Vangelo - Domenica delle Palme

(Matteo XXI, 1-9)


L'ingresso di Gesù in Gerusalemme

(Marc. XI.1.10 - Luc. XIX 29.44 - Giov. XII.12.19)


E come si avvicinavano a Gerusalemme, ed erano già a Betfage, (1) al monte Oliveto, Gesù mandò due disceploi, dicendo loro: Andate nel castello che è di rimpetto, e subito troverete legata una giumenta e un asinello con essa: scioglieteli e menatemeli. E, se alcuno vi dirà qualche cosa, dite che il Signore ne ha bisogno, e tosto li manderà. Or questo avvenne affinché si adempisse la parola del profeta, che dice: Dite alla figliuola di Sion (2): ecco il tuo Re viene a te, mansueto, e montato sopra un asino, sopra un asinello, puledro di una giumenta. E i discepoli andarono, e fecero come Gesù aveva loro comandato. E menarono la giumenta e il puledro, vi misero sopra i loro mantelli, e Gesù vi si pose a sedere. E intanto una turba grandissima distese le sue vesti per la via (3) e le turbe che andavano innanzi, e quelle che seguivano, gridavano: Osanna (4) al Figliuolo di Davide! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!” Il Vangelo ci descrive, in poche, ma brillanti linee, il trionfo di Gesù, che entra in Gerusalemme. La voce del suo arrivo erasi sparsa ovunque. Gerusalemme formicolava allora di pellegrini per le imminenti feste della Pasqua; e il popolo, il buon popolo nell'ardore della sua fede si precipita incontro al Messia, non curando l'odio implacabile che gli scribi, che i farisei e altri avevano contro Gesù. Siamo agli ultimi giorni della vita di Colui che era venuto a sanare e a beneficare tutti. Il 9 nisan o 10 aprile, Gesù andò a Betfage, un piccolo villaggio nella parte meridionale del monte degli Ulivi, dove pascevano le vittime destinate ai sacrifizî. Ivi si soffermò, e mandò due apostoli ad un vicino castello, ordinando che prendessero un asinello col suo puledro, secondoché avrebbero trovato, e li menassero a lui. Se alcuno movesse difficoltà, rispondessero solo, che il Maestro ne aveva bisogno, e subito li manderebbe. E gli Apostoli ubbidirono, ma non compresero il mistero di quel comando. Era un esempio di umiltà insigne e l'adempimento di ciò che cinquecento anni innanzi aveva profetizzato di Lui Zaccaria: dite alla figliuola di Sion: ecco il tuo re (o, che è lo stesso, il tuo Cristo) viene a te, pieno di mansuetudine, assiso sopra un asinello.

Volle Gesù che anche questa profezia si adempisse per istabilire e fortificare la nostra fede. Ogni profezia è un raggio che illumina, e l'adempimento di tutte è un centro di luce che dissipa le tenebre della incredulità. Gesù Cristo qui è annunciato come re, e re egli era, come Figlio di Dio è lo affermò solennemente dinanzi a Pilato: re delle intelligenze, re spirituale, re umile. Sovente i profeti danno questo titolo di Messia per adattarsi alle idee degli uomini, e specialmente degli Ebrei. Gli Ebrei, perduta la nazionalità, s'erano venuti esaltando in una grande speranza, quella del Messia, e lo sognavano eroe divino nella origine, ma nazionale. Egli, dopo aver cacciato i romani, doveva far rifiorire il culto di Israele, estenderlo a tutta la terra, ma portandolo sugli scudi e sulla punta delle spade, tramutando così il mondo in un vasto impero giudaico. Sogno splendido, ma anche piccolo e basso. Che può essere il trionfo di una religione ottenuto con gli artifizi di una politica? Dio veniva ad essere subordinato all'uomo, poiché in realtà, col pretesto di Geova era il loro dominio che volevano imporre. Un Messia politico e nazionale era un sogno umano davvero piccolo di fronte alla missione divina e  universale di Cristo. Egli venne sì a fondare un regno, ma quello di Dio; parlava sì di redenzione, di libertà del popolo, ma di una redenzione e libertà morale: era re, ma re dei cuori, re delle anime, e più padre che re: in qualunque modo, era re pieno di mansuetudine. Così lo avevano descritto i Profeti: “Un Agnello mansueto” (Is. LIII): “Principe della pace” (Is. IX. 6): “L'agnello di Dio” abbandonato ad uomini iniqui, che gli daranno la morte.

Gesù, sull'umile cavalcatura, s'avvicinava alla città. Ma, giunto sul colle degli Ulivi, donde si contempla Gerusalemme, s'arrestò, come narra S. Luca, e la guardò, pieno di tristezza. I suoi occhi si gonfiarono e pianse pronunziando parole piene di tenerezza inesprimibile: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono inviati da Dio, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figliuoli! Oh se tu, almeno in questo giorno, avessi riconosciuto le cose appartenenti alla tua pace! Ecco sopraggiungeranno giorni nei quali i tuoi nemici ti circonderanno e assedieranno d'ogni parte. Ed atterreranno te e i tuoi figliuoli in te, e non lasceranno di te pietra sopra pietra, perché tu non hai riconosciuto il tempo della tua visitazione”. Come il cuore di Gesù si rivela in quel pianto e in queste espressioni! Egli dimentica il suo trionfo e pensa al suo popolo, piange la distruzione spaventosa della città deicida, figura della nostra anima ingrata. Che se Gesù, che sempre si era sottratto agli onori, fece questo solenne ingresso in


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Gerusalemme, ciò fu per ravvivare la fede dei suoi, e chiamare con ultimo invito i suoi nemici. Del resto, anche in questo trionfo del Signore, tutto parla di carità, di umiltà e di mansuetudine: le virtù che sono l'anima della nostra religione, e che distinguono sempre i veri trionfi dello spirito da quelli bugiardi del senso, dell'orgoglio e dell'egoismo.  Il trionfo di Gesù era destinato dalla Provvidenza ad essere il tipo di tutti i trionfi della Chiesa, abbelliti dall'umiltà, dalla pietà, dal perdono, dalla misericordia di Dio verso le anime e vero le nazioni, e coronati dalla gioia, dalla semplicità e dall'amore di coloro che credono in Cristo, che lo vogliono amare e servire, umili e fedeli, nel suo Vicario, nei suoi Vescovi, nella sua Chiesa, nelle anime de’ loro fratelli. Nessun trionfo uguagliò mai nella semplicità e nell'affetto il trionfo di Cristo. Il popolo amava il Signore. erano più di tre anni che Gesù lo beneficava coi suoi prodigi, lo illuminava colla sua dottrina. Molti di quelli che erano in quei giorni a Gerusalemme erano stati testimoni dei suoi miracoli: molti, forse, erano stati guariti da Lui, tutti avevano almeno udito parlare delle sue meraviglie: tutti erano desiderosi di vederlo, di avvicinarlo di udirlo. Tutti, eccettuati i falsi sacerdoti, i farisei, i dottori della legge, quelli insomma che avevano le chiavi della scienza e che spiegavano ogni giorno le profezie, ma che tenevano il libro di Dio ben chiuso, e il loro cuore ancor più chiuso: volendo restar ciechi, pur in mezzo alla luce divina che risplendeva dalla vita, dalla dottrina, dai miracoli di Gesù Cristo.

Il popolo, invece, semplice, sincero, grato, ubbidisce all'impulso del cuore, e, guidato dal buon senso e dal lume della ragione, crede che Gesù è il suo Messia, lo acclama, lo porta in trionfo: il popolo sente che Gesù è l'Agnello di Dio, che viene a cancellare i peccati dal mondo, e anticipa le grandi gioie della festa di Pasqua. Spicca rami di palme, getta frondi e fiori sui suoi passi, distende sul suo cammino anche le vestimenta, e va osannannando al Figliuolo di Davide, al Benedetto che viene nel nome del Signore.

E` un trionfo di cuori semplice, generale, pieno di affetto e di adorazione. E` un trionfo nuovo, abbellito, santificato dall'amore infinito e dal pianto di dolore di Gesù. Oh quando il popolo non è traviato dai tristi, quanto, quanto è buono e generoso! Così, domani, come ieri, caduti i pregiudizi che lo strappano alla Chiesa, uscito dai tempi caliginosi e da giorni eterni, ritroverà il popolo il suo Dio, il suo Redentore, il suo Padre! Non siate pessimisti: i trionfi di Cristo si ripetono: Cristo ritorna! Si ripetono i suoi trionfi perché Egli solo ha le parole di vita eterna: perché Gesù solo sa alimentare il sacrificio e la carità. Dove non fu Cristo scorse frequente il sangue della crudeltà: dove è Gesù non si sacrifica, ma si santifica! Cristo ritorna, perché l'avvenire appartiene a Cristo: in Lui riconosceranno le genti l'ispiratore del progresso, il rivendicatore divino del diritto, della giustizia, della vera civiltà, il Salvatore del mondo! Cristo ritorna! E tornerà nella pienezza della libertà alla sua chiesa, tornerà in trionfo, portato a braccia di popolo, su un trono di cuori! A quella guisa che nel cielo purificato dalla bufera risplende più bello il sole, così sul mondo spazzato dall'egoismo, dalle ingiustizie, dalle iniquità, risplenderà divino e vivificante il Cuore di Gesù Cristo. Cadranno allora le colonne di Ercole della umanità, e Cristo sarà riconosciuto e adorato dall'universo. E sarà adempita la parola del Vangelo che dice: “Vi sarà un solo ovile, sotto la guida di un solo Pastore!” Il cuore di Gesù sta preparando il giorno della sua misericordia. Quando il popolo sembrerà strappato per sempre a Dio allora si risveglierà come un forte, e comprenderà che solo il Cuore di Cristo è la sua vita, è la sua felicità e a voce grande ed angosciosa si rivolgerà a Lui, e invocherà il Signore, Dio delle misericordie!

Basterà allora alzare un crocifisso, che il popolo gli cadrà ai piedi in ginocchio, per risorgere anelante a vita più alta. Che se anche gli altari andranno rovesciati, e le pietre vive del Santuario disperse e peggio, purché su le ruine resti un troncone di Colui che noi adoriamo, - basterà, o fratelli, basterà quello! il popolo tornerà a credere, ad adorare, a vivere: e la società avrà un nuovo e non più visto risorgimento cristiano e civile. Coll'odio non si vive! Fratelli, scuotiamoci con un sincero ritorno a Dio in questa Pasqua, e affrettiamo così la vittoria, che sarà vittoria e trionfo non solo di Dio, ma anche della Patria amata: del diritto dei suoi popoli, del suo onore, della sue fede, delle sue virtù, del cristianesimo. Venga Gesù, re mansueto, e facciamo che regni Iddio nella vita, e prima di tutto, regni colla sua grazia nella nostra vita individuale: siamo più praticanti nella fede, più onesti, più giusti. Cessi lo scandalo di sedicenti cristiani, peggiori nella vita di quelli che non credono. Prepariamo quel regno di Dio che invochiamo ogni giorno coll“adveniat Regnum tuum”. Coll'odio no si vive: senza Dio si muore! L'ora della visitazione di Cristo si avvicina: tutto ce lo dice. Confidate, o fratelli, rinascerà l'antica fede! L'ultimo a vincere è sempre Dio, e Dio vincerà da Salvatore e da Padre, in un'ora grande di misericordia. Cristo ritorna!


(1) Betfage (casa dei fichi), villaggio non lontano da Gerusalemme. Il monte degli Ulivi lo separava dalla città santa. (2) La figliuola di Sion è la popolazione di Gerusalemme (Zacc. 9-9). (3) La strada, che da Betfage conduceva a Gerusalemme, passava fra campi, giardini, uliveti e luoghi ricchi di palme e di alberi fruttiferi. (4) Osanna vuol dire: Deh, salva! (Sal. 118 25-28).