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Il Vangelo

II. Domenica dopo Pasqua.

(S. Giov. cap. X, 11-16).


Il buon Pastore.

(Is. XL, 11 - Ezech. XXXIV, 23 - Matt. IX, 27 - Luca. X, 22).


Io sono il buon Pastore (1). Il buon pastore dà la vita per le sue pecorelle. Il mercenario (2) poi, e quegli che non è pastore, e al quale non appartengono le pecorelle, vede venire il lupo, e abbandona le pecore e fugge; e il lupo le rapisce e le disperde. Il mercenario poi fugge, perché è mercenario, e non si cura delle pecore. Io sono il buon Pastore e conosco le mie pecore e le mie conoscono me (3), come il Padre (4), e do la mia vita per le mie pecorelle. Ed ho dell'altre pecorelle (5), le quali non sono di quest'ovile; anche quelle fa d'uopo, che io raduni, ed ascolteranno la mia voce, e si avrà un solo ovile e un solo Pastore “(6).

Gesù, il buon Pastore, qui dipinge se stesso con sì vivi ed amabili colori, e ci fa sentire la sua bontà, la sua tenerezza con tali accenti, che nulla di più eloquente e più soave.

Gesù è il Pastore buono! Perché disse buono e non disse: pastore coraggioso, potente, giusto? Perché la qualità di buono è quella che più d'ogni altra si addice al pastore. La bontà è la suprema bellezza morale, è la corona di tutte le più preziose qualità. “Dio creò il cuore dell'uomo, scrisse Bossuet, e vi depose la bontà siccome dote che, meglio d'ogni altra, rappresenta Dio stesso “. Noi stimiamo la scienza, il valore, la giustizia, ma, sopra tutte le virtù, noi amiamo la bontà.

......... “Hai senno, hai valor? ti stimo! hai buon cuor? sei dé mortali il primo!”. Cantò già il Metastasio. La grandezza morale dell'uomo sta nella bontà, sta nel cuore. “Corculum quod facit homines”, dicevano i latini. E Gesù non venne, no cola spada di Alessandro o di Cesare: non coll'eloquenza di Demostene o di Cicerone: non con la mente di Aristotile o del divino Platone, no, con nulla di tutto questo si impose a noi Gesù Cristo, pure essendo la Virtù e la Sapienza del Padre. Che forse venne come Socrate? l'oracolo della giustizia nella ricca storia antica, così povera di belle figure e così ricca di tristi? No, o fratelli, nulla è Socrate avanti a Cristo. Socrate pensava a se stesso: Gesù venne nella bontà, ad immolarsi per gli altri! E` il buon Pastore, che dà la vita per le sue pecorelle. Il cuore l'ha avuto, l'ha mostrato Cristo, e l'umanità aveva bisogno di Cristo. Ecco perché anche dalle labbra dé suoi nemici, così ostinati a contendergli gli onori divini, si solleva un canto alla sua grandezza. Rousseau, Strauss e Rénan chiudono le loro critiche con un inno alla divina bontà di Gesù. “Io m'inchino davanti a Te, grida Rénan: O Gesù, mille volte di adoro e mille volte di amo!”. Gesù dà alle sue pecorelle la testimonianza più alta e più toccante dell'amor suo: Egli immola la sua vita per esse: Gesù è veramente il Pastor buono!

Impariamo da Lui, morto per noi, ad amare le anime nostre, e ad agonizzare per esse, pur di salvarle. Dalla sua carità impariamo ad amarci a vicenda, come si legge dé primitivi cristiani, che “erano un cuor solo e un'anima sola:” e amiamoci non colla lingua e con vane parole, ma “nella virtù e colle opere”. (Io. I-18). Che la carità delle anime, anticipando sulla vita futura, assorbisca la fede, assorbisca la speranza, assorbisca ogni cosa: e fede e speranza e tutta la vita intera non sappiano estrinsecarsi che in un atto continuo e perpetuo di dolcissima carità; e, devo dirlo? in noi sacerdoti, e specialmente né pastori, che la carità del gregge assorbisca, oggi, in qualche guisa, la carità stessa di Dio! Non ve ne scandolezzate. S. Giovanni, che se ne intendeva, ci dice che Dio nessuno l'ha veduto mai com'Egli è, ma chi ama in Dio il fratello ch'ei vede, con ciò solo ama quel Dio ch'ei non vede, e chi rimane in questa carità, riamane in Dio, perché Dio è carità. “Io conosco le mie pecorelle e le mie pecorelle conoscono me”, soggiunge Gesù C. Volea dire: Io conosco ed amo le anime che mi ascoltano, io le seguo colla mia provvidenza, le accompagno colla mia grazia. Gesù è come un padre che riposa nei figli, come i figli riposano nel padre! “Il Padre conosce me ed io conosco il Padre”. San Cirillo d'Alessandria dice che queste parole si devono collegare alle antecedenti, e vogliono dire: come il Padre conosce ed ama me da tutta l'eternità siccome suo figlio vero e proprio, ed io conosco Lui come vero e proprio Padre, così io conosco ed amo le mie pecorelle, ed esse conoscono ed amano me come loro pastore. Il vincolo d'amore che stringe Gesù alle sue pecorelle è copia di quello che lo stringe al Padre suo. Si può concepire amore più alto, più sublime, più santo?

E lo sguardo di Gesù si spinge nel futuro, e vede il piccolo gregge crescere, ed entrare nel suo ovile innumeri schiere di pecorelle. “Ed altre pecore ho che non sono di questa greggia, e quelle pure devo addurre, ed esse udiranno la mia voce”.

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Non occorre dirlo, queste altre pecorelle, il grande gregge che sarebbesi aggiunto, adombravano la gentilità. Queste parole di Gesù Cristo sono una profezia, e noi ne siamo l'adempimento. La universalità delle nazioni, abiurando “gli Dei falsi e bugiardi”, verranno alla luce della fede e a riconoscere e adorare Gesù Cristo. Cosa meravigliosa! Non è se non quando Gesù lascia la sua Chiesa ch'essa prende accrescimenti prodigiosi e immensi. Cercate nelle storie di tutti i secoli e di tutti i popoli un capo che, per moltiplicare i suoi seguaci, abbia immaginato di abbandonarli. nol troverete! Il successo del partito è quasi sempre legato alla persona del suo autore. Ma tutto deve essere divino nella religione di Gesù Cristo, e la sua stessa propagazione sarà un miracolo luminoso, e tanto più sorprendente in quantoché era stato predetto in momenti nei quali non eravi alcuna probabilità, alcuna apparenza che l'evento giustificherebbe le predizioni. E ancor quando gli Evangelisti riferivano le parole del Maestro, il mondo era idolatra e attaccato ai suoi idoli con tutti i legami del pregiudizio, delle passioni e della politica. Or voi che leggete e pensate, guardatevi attorno: voi non potrete negare che la società sia cristiana; vi concederò, se lo volete, che una parte lo sia a sua insaputa, o forse, suo malgrado, ma, il fatto sta che è cristiana né potete contrastare a Cristo di avere annunziato questo gran fatto, che voltò faccia al mondo.  

E sarà un solo ovile, e un solo pastore”. Qui Gesù Cristo dichiara uno dé principali caratteri della Chiesa: la sua unità. Dio è uno: la verità è una: non può aversi che una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa, e della Chiesa un solo Capo supremo: il Vicario di Gesù Cristo e successore di San Pietro. La Chiesa uscì dal Cuore di Dio divinamente bella della sua unità di fede e di comunione. Unità di fede, che è la professione unanime di tutte le verità insegnate da Gesù Cristo: unità di comunione, che è la riunione cattolica in una medesima società, la partecipazione ai medesimi sacramenti, la sommessione al medesimo Pastore. La cattolicità distende la Chiesa su tutta la terra: l'unità di fede e di comunione, mantenuta e vivificata dallo Spirito Santo, fa della Chiesa un solo corpo, il Corpo mistico di Cristo di cui parla S. Paolo. San Cipriano, Vescovo di Cartagine e Martire dei primi secoli cristiani, nel mirabile “De unitate Ecclesiae”, paragona l'immensa diffusione dell'unità cattolica alla moltitudine dé raggi che dallo stesso sole, che è Cristo, partono ad illuminare il mondo; intercettate il raggio del sole, e il raggio subito si estinguerà.

Così la Chiesa cattolica: essa è una sorgente unica di luce, di calore, di vita divina a cui tutto deve restare unito continuamente: quello che se ne stacca, miseramente muore. Gesù annunzia che la Chiesa avrà un solo Pastore; questo Pastore unico è Cristo stesso. Ma Gesù, volendo che il ministero da lui dato alla Chiesa conservasse sino alla consumazione dé secoli la sua unità, ha dato alla Chiesa un capo, che con successione continua si sarebbe perpetuato in tutto il corso dé secoli. Egli ha scelto Pietro, e lo ha fatto pietra fondamentale della sua Chiesa (Matt. XVI, 18): eccovi il primato di onore. Egli ha pregato per lui, “ affinché la sua fede non venga mai meno” (Luca. XXI, 32): eccovi l'infallibilità di fede e l'indefettibilità di successione. I Vescovi, che lo Spirito Santo ha posto a governare la Chiesa di Gesù Cristo, uniti al Papa, assicurano l'unità di dottrina e di comunione, e vegliano, sentinelle d'Israele, sul sacro deposito della fede e della morale cristiana. E la Chiesa cattolica, l'unica Chiesa che non conosca la confusione delle lingue, va allargando ogni giorno le sue tende, e stringe al suo seno materno nuovi figli. E` dalla Chiesa, dal seno di questa nostra Madre che, domani, Dio susciterà falangi di apostoli, i quali per le vie di terra, di mare e di cielo andranno ad assicurare il trionfo della fede e ad unificare e a riedificare il mondo nella carità di Gesù Cristo, e, rispondendo al grido stesso della umanità, formeranno di tutti gli uomini un solo ovile sotto la guida di un solo Pastore. Fiat! Fiat!

(1) Io sono il buon Pastore. Si avverte che, in verità, secondo il testo originale greco, dovremmo leggere “Io sono quel buon Pastore”. Quale? Non v'ha dubbio che qui Gesù allude al luogo del profeta Ezechiele, che, sette secoli innanzi, lo aveva annunziato, dicendo: Io susciterò un pastore che pasca le mie agnelle (c. XXXIV, 23). Ecco perché Gesù dice quel pastore: Gesù è il Pastore per eccellenza del quale hanno tante volte parlato i Profeti, Egli non è solo il guardiano, ma il padrone delle pecorelle. (2) Colui che governa le pecorelle solo per amore dell'interesse, del guadagno. (3) Sanno l'amore che ho per esse, e mi amano come loro Pastore e Salvatore. (4) Non solo qui, ma anche altrove Gesù Cristo paragona l'unione d'amore ch'è tra Lui e le sue pecorelle (le anime) all'unione d'amore ch'è tra Lui e il celeste suo Padre (Ioann. VI, 56-57 - XVII, 23). (5) Ed ho dell'altre pecorelle. I pagani, che non sono dell'ovile degli Ebrei. Viene a spiegare più chiaramente che la sua greggia doveva essere composta non di soli Ebrei, ma ancora dé pagani, pé quali pure avrebbe data la sua vita. (6) E si avrà un solo gregge e un solo Pastore: Come io sono il solo ed unico vero Pastore, così sarà distrutto il muro di divisione fra il giudaismo e il paganesimo, e dé due popoli non si farà che un solo gregge, una sola Chiesa, ed un solo Pastore. (Ef 14 e seg.: Col. II,15).

Chi desidera di questi foglietti, per diffondere il Vangelo nelle famiglie, si rivolga a Don Orione - Tortona.  Con permissione Ecclesiastica.