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[Da copia stampata]
Il Vangelo
III. Domenica dopo Pasqua.
(S. Giov. cap. XVI, 16-24)
Il ritorno di Gesù.
“Gesù disse à suoi discepoli: “Ancora un poco, e non mi vedrete; e un altro poco, e mi vedrete (1); perché io vò al Padre. Dissero però tra loro alcuni dé suoi discepoli: Cos'è questo che ci dice: Ancor un poco, e non mi vedrete; e un altro poco, e mi vedrete, e vò dal Padre? E ripetevano: Che significa questo suo: fra poco? Non sappiamo quel che dica. Gesù capì che volevano interrogarlo, e disse loro: Voi andate investigando tra voi perché io abbia detto: ancora un poco e non mi vedrete. In verità, in verità io vi dico: piangerete e gemerete (2) e il mondo poi godrà (3); voi sarete davvero in afflizione, ma la vostra afflizione si cambierà in gaudio. La donna, quando deve avere un bambino, soffre, perché è venuta l'ora sua; ma quando il bambino è nato, non si rammenta più dell'angoscia per l'allegrezza, ch'è nato al mondo un uomo. Così voi pure siete ora nella tristezza; ma io vi vedrò di nuovo, (4) e godrà il vostro cuore, e nessuno vi torrà il vostro gaudio. E quel giorno voi non m'interrogherete di nulla (5). In verità, in verità vi dico: quanto domanderete al Padre in nome mio, ve lo concederà (6). Finora non avete chiesto niente in nome mio: chiedete e otterrete, affinché il vostro gaudio sia pieno”.
Allorché si considera la calma, la pace, la serenità, la tenerezza e semplicità di questo linguaggio di Gesù, che fa parte di quel sublime discorso, che Egli tenne ai suoi cari dopo la Cena, è forza esclamare: Gesù non è un uomo, perché un uomo, in quelle terribili distrette, non poteva parlare a quel modo: Gesù è Dio! Con profonda e viva fede raccogliamo le sue parole e meditiamole con amore. In un momento solenne, andando dal cenacolo all'Orto del Getsemani, Gesù conforta i discepoli, perché l'ora dé suoi inenarrabili dolori e della sua morte s'avvicina. Ma gli Apostoli non comprendono il senso di quelle parole, e si chiedono: che è mai questo: “ancora un poco?” Che vuol dire? Quanta schiettezza nei discepoli del Signore! O perché quando ci vengono dubbi angosciosi intorno alla fede, non chiediamo, a chi può dissiparli, una parola di luce? Vedete con quanta benignità Gesù spiega ogni cosa. “voi piangerete e gemerete”. E perché? Perché poche ore ancora ed io morrò sulla croce, e sarò calato nel sepolcro, e il vostro dolore avrà la misura nell'amore; ma, dopo qualche giorno, risusciterò, pieno di vita immortale, e mi mostrerò nella mia gloria, e la vostra tristezza si cangerà in gaudio. Quale finezza in Gesù nel gettar balsamo sul dolore degli Apostoli! Imitiamolo noi nei rapporti con i nostri fratelli, e specialmente coi poveri, cogl'ignoranti e con quelli che hanno bisogno d'essere delicatamente confortati. Siamo delicati nel fare il bene: la gentilezza nel Signore è fiore di carità cristiana. Gesù dovea pur avere il cuore trafitto, ma non parla dé suoi dolori, solo pensa a consolare chi resta, e all'annunzio delle pene fa tosto seguire quello delle consolazioni: Voi sarete contristati, “ma la vostra tristezza si cambierà in gaudio”. Poi aggiunge: “e nessuno vi toglierà il vostro gaudio”. Vuol dire, o fratelli, che al nostro patire quaggiù è riserbato un godere eterno, e che alla virtù tribolata sulla terra, Iddio prepara la corona in cielo.
O anime giuste, che, per conservarvi fedeli a Dio, combattete e soffrite, alzate il capo: la parola di Dio oggi è per voi. Abbiate fede in Gesù Cristo e nella sua parola, amatelo con tutto l'ardore dell'anima, e, come già l'Apostolo Paolo, in mezzo alle tribolazioni sovrabbonderete di consolazioni, e il vostro giubilo si compirà in Cielo, “e nessuno vi toglierà il vostro gaudio”. Il Paradiso pagherà tutto, e nella felicità del Paradiso si dileguerà ogni nube, cesserà ogni dolore. Qui possediamo qualche bene; ma quanti beni ci mancano! In Paradiso, invece, insieme con Dio li possederemo tutti. Qui la gioia è sempre mescolata al dolore, non v'ha rosa senza spine. Il corpo ora è tormentato da infermità, ora è affranto da stenti, ora abbattuto da vecchiaia. In Paradiso, invece, oh! là non potrà più soffrire. Sarà bellissimo, agile, volerà da luogo a luogo con la velocità del
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pensiero e sarà sempre inondato dallo splendore della gloria. L'anima qui soffre tentazioni, inquietudini, dolori morali talora profondissimi; ma in Paradiso godrà tranquillità sicura.
Appena entrata nel celeste regno, l'anima sentirà corrersi in seno quasi un fiume di pace, di quella pace che supera ogni senso, e che Dio solo può dare. e vivrà di Dio, felice di tutte le sovrumane felicità, perché possederà il suo Bene, il più grande di tutti i beni, Dio stesso: Dio nei pensieri, Dio negli affetti, Dio nella eternità! E in Dio gioirà il nostro cuore, e nessuno potrà mai rapire il nostro gaudio! Lo so, gli Stoici e la scuola materialista moderna dicono che dobbiamo praticare la virtù per la virtù, perché è nostro dovere, e che la virtù è premio per se stessa. Ma chi parla così o non conosce il cuore dell'uomo, o vuole ingannare se e altrui.
Chi negherà che la virtù apporti gioie? Non noi, certo. Ma sempre? No. Ma durano molto? No. Ma contrappesano i sacrifici? No, affatto. Ma la virtù basta, ed è premio a se stessa? No. Eh, ci vuol altro per ottenere i sacrifici della virtù! Dite all'agricoltore: Ora semina il tuo campo, ora coltiva la tua vigna, ma non pensare alla messe, né alla vendemmia. Dite all'operaio: lavora, logora la salute, ma non pensare al guadagno, e poi vedrete. Sentireste che risposta vi darebbe il soldato cui si dicesse: va, o soldato, battiti da eroe, muori, ma non preoccuparti se la Patria resterà sotto il tallone tedesco: la virtù basta a se stessa, anche la patria gema, anche sia serva, muori contento! Eh penso che sarebbe tal risposta la sua da chiudere ai signori della virtù disinteressata la bocca per sempre. Che se la virtù non ha premio, il vizio, che qui non ha sempre castigo, andrà impunito? Ah la scuola materialista, che vuol salvare una larva di virtù, pur di non piegare alla fede, in quale labirinto, in quale assurdo cade! “No, vi è un'altra vita per l'uomo, che patì in un mondo così ingiusto: quindi la somma ragionevolezza di aspirare ai beni di quella seconda vita: quindi un culto di amore di Dio e del prossimo, un perpetuo aspirare a nobilitarsi con generosi sacrifizi (Pellico. Mie Prigioni, c. III).
Nessuno, nessuno, io credo, vorrebbe soffrire senza un'alta speranza: nessuno vorrebbe patire tutta la vita sulla terra per nulla. Che se la felicità non la abbiamo in noi, starà nella gloria? No. E` così incerta la fama! Ed è sì poco durevole! Non disse il Poeta: “La vostra nominanza è color d'erba, che vien e va, e quei la discolora, per cui ell'esce della terra acerba”?
Eppur nostra natura è d'aspirare alla virtù, e per la virtù alla felicità, “ed intendere e provare che non possiamo giungervi se non essendo buoni, cioè essendo ciò che dimanda il nostro bene in accordo col sistema dell'universo, colle mire di Dio”. (Pellico, Doveri).
Ma senza Dio, che è la virtù? e perché la virtù? Negli uomini e nella Patria, nulla più vi sarebbe che valga il sacrificio della vita. Senza Dio, che sono mai gli uomini o le istituzioni, che meritino il sacrificio della nostra vita? E la vita stessa come potrebbe amarsi ad onta dé suoi dolori? E perché si dovrebbe più esser tenuti, senza Dio, senza cielo o senza pena, ad essere uomini onesti e cittadini giovevoli alla società? Ah sfortunati e doppiamente infelici quelli che patiscono e patiscono senza fede e senza utilità: senza conforto e senza mercede eterna. La nostra mercede non sono, no i dolori, le fatiche, i disinganni, la tomba e l'oblio, no! ma il Cielo, ma una felicità immortale nel godimento pieno di Dio, ecco dove il nostro cuore godrà, e nessuno toglierà il nostro gaudio!
(1) “Ancora un poco, e non mi vedrete” perché morrò; “e mi vedrete” perché resusciterò. (2) “Piangerete e gemerete” quando sarò catturato, e sarò divenuto l'uomo dé dolori, crocifisso e morto. (3) “Il mondo poi goderà” I Principi della Sinagoga, i nemici del nome mio, trionferanno per avermi, finalmente, tolto dal mondo. (4) Asceso alla destra del Padre mio, vi vedrò di nuovo, e avrò cura di voi, continuerò ad esser per voi il buon Pastore (I Pietro, 5. 4. Ebr. 13.20). Gli uomini l'hanno crocifisso; e si direbbe che la morte abbia troncato ogni possibilità di relazioni fra lui e noi e fra noi e lui. Non è vero: Egli è risorto, è tornato al cielo, ha mantenuto la sua promessa (14. 16; 16. 7), ha mandato lo Spirito Santo. (5) Dopo la mia Risurrezione, e molto più dopo la Pentecoste, rischiarate le Profezie, aperti e illuminati gli occhi del vostro cuore ad intendere i Misteri, non avrete bisogno d'interrogarmi. (6) Nuovo argomento di consolazione: la sicurezza d'essere esauditi dal Padre celeste, in qualunque afflizione, pregando il padre nel nome di Gesù, per le cui mani vanno a Dio le nostre preghiere e viene a noi ogni benedizione di Dio.
Chi desidera di questi foglietti, per diffondere il Vangelo nelle famiglie, si rivolga a Don Orione – Tortona
Con permissione Ecclesiastica.