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[Da copia stampata]

Il Vangelo

V. Domenica dopo Pasqua

(Giov. XVI, 23-31)

La preghiera


Gesù disse ai suoi discepoli: In verità, in verità vi dico: quanto domanderete al Padre in nome mio, ve lo concederà. Finora non avete domandato nulla nel nome mio: chiedete ed otterrete, affinché il vostro gaudio sia pieno. Queste cose v'ho dette per paragone: ma sta per venire l'ora che non vi parlerò più in linguaggio figurato, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel nome mio; e non vi dico che pregherò il Padre per voi. Poiché lo stesso Padre vi ama, perché avete amato me, e creduto ch'io sia uscito dal Padre. Sono uscito dal Padre, e venni nel mondo, lascio di nuovo il mondo, e torno al Padre. I suoi discepoli gli dissero: Ecco, adesso parli chiaro, e non usi alcun paragone. Ora conosciamo che tu sai tutto, e non hai bisogno che altri t'interroghi; per questo crediamo che sei uscito da Dio”.

Gesù è vicino a tornare al Padre, e prescrive ai suoi di pregare, e insegna come si debba pregare. “In verità, in verità vi dico” è, come avverte S. Agostino, una specie di giuramento, che era famigliare a Gesù nelle occasioni più solenni. I discepoli sono afflitti perché Egli li lascia, e Gesù li riconforta: “è vero, non mi vedrete più in mezzo di voi, ma ricordatevi che Dio è sempre in mezzo a voi, e veglia su di voi; invece di chiedere a me, ricorrete al Padre celeste nel nome mio, e, qualunque cosa gli chiederete, ve la darà”. Magnifica promessa! Qualunque cosa gli chiederete: tutto dunque, senza restrizione, purché‚ si domandi nel nome di Gesù, cioè pei meriti di Gesù, per Lui, che è il Mediatore, che è Dio come il Padre e il Redentore degli uomini. Si capisce: Nostro Signore intendeva parlare di qualunque cosa fosse ordinata alla gloria di Dio e al bene delle anime. Tanta è l'efficacia della preghiera! Ond'è che i Padri non hanno temuto di paragonarla alla parola onnipossente di Dio, e di darle anzi la preminenza. Dio non esercita il suo potere che sulle creature, ma la preghiera agisce infallibile anche su Dio stesso: “Dio ubbidisce alla voce dell'uomo”. (Giov. X, 14). E la preghiera non è solo mezzo certo di salute, ma il mezzo necessario. Due verità essenziali abbiamo: non possiamo salvarci che per la grazia: non otteniamo la grazia, in via normale, che per l'orazione. Pretendere di salvarci con le nostre forze, o di avere l'aiuto da Dio, senza implorarlo, è presunzione colpevole. Quel Gesù che disse: senza di me, nulla potete fare, (Giov. XV,6), disse pure: dovete pregar sempre, e non stancarvene mai. (Luca, XVIII, I). Ora, poiché la grazia è un bisogno la preghiera è, necessariamente, un dovere. Dovere essenziale, che non ammette scuse, e che non può essere surrogato, poiché essa medesima supplisce al resto, ed è necessaria sll'adempimento degli altri doveri. Ma che è la preghiera? E` l'elevazione della mente e del cuore a Dio: è un cantico di lode al Signore, è un'impetrazione continua dé celesti favori, di cui sempre e tutti abbiamo bisogno, onde San Paolo scrisse: Non cessate mai di pregare. (I.a Tess., V, 17). E` la preghiera che ci mette in comunicazione con Dio; e la sua necessità si rivela subito poiché è da essa che abbiamo la luce divina, la forza sovrumana, il coraggio del bene, la serenità nelle tribolazioni, un sentimento, una calma celeste che si riverberano talvolta anche nell'aspetto esteriore della persona: è un fatto che nulla tanto impone quanto una persona che prega. Niente è più inculcato dal Vangelo quanto la preghiera. Gesù stesso noi lo vediamo quasi continuamente in orazione. Non sicuramente per sé ma per noi, per noi egli pregava e, mentre si faceva nostro intercessore, si faceva pure nostro modello. I Santi trovavano le loro delizie nell'orazione. il grande segreto della santità sta nella carità e nell'orazione. La più eccellente di tutte le preghiere è quella che ci venne insegnata da Gesù Cristo: il Pater Noster, che, mentre è la più perfetta, e anche la più semplice, la più facile.

La preghiera non esige ingegno, non studi: non suppone che la fede: suo libro è il nostro cuore! E` una scienza singolare che si acquista ai piedi di Dio. (Deut. XXXIII, 3). Ma, dunque, perché tante preghiere non sono esaudite? Perché non sono fatte con lo spirito e nel nome di Gesù Cristo. Primo carattere della preghiera è che deve fari in nome di Gesù, per sua intercessione, in virtù de’ suoi meriti. Non v'è che il Divin Salvatore del quale possa dirsi con San Paolo: Ch'Egli è stato esaudito pel diritto dovuto alla sua persona (Hebr. V, I.). Pregando così, si può far tutto, non pregando così, si fa niente: è colla preghiera umile che si fanno le opere di Dio! Noi possiamo piantare e innaffiare, ma Dio solo può dar incremento, e benedire al nostro lavoro. Al principio costerà qualche fatica, il pregare chi lo nega? Tutto che è virtù esige forza d'animo. Ma la fatica del pregare, se colla buona e forte volontà si supera generosamente, cessa dopo qualche tempo, e diventa soavissimo esercizio, e viva lampada di vita interiore. Allora l'uomo comprende come di tutte le filosofie essa sia la più sublime, di tutte le scienze la più istruttiva. E chi vuol sentire la pace, le gioie soavi di Dio, preghi, e gusterà quanto è soave il Signore!


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Ognuno levi dunque sovente la mente e il cuore al Signore, e non più come i servi levano gli occhi verso dei padroni (Ps. CXXII,2), ma come figlio che parli confidentemente al Padre.

Il Signore ha detto: pregherete così: “Padre nostro, che sei nei cieli”. Ma peccherebbe e anche gravemente chi, per notevole tempo, non pregasse, perché ei verrebbe meno all'ossequio verso Dio e si esporrebbe a difettare delle grazie, che il Signore di regola concede solamente a chi lo prega. Preghiamo dunque, o fratelli! preghiamo quando siamo tentati, perché la nostra poca virtù è presto esposta ai pericoli: “Nostra virtù.... di legger s'adona” (Purg. XI, 19).

Preghiamo, secondo l'antichissima consuetudine, mattino e sera. Le orazioni del mattino e della sera sostituiscono i due sacrifizi, prescritti nell'antica legge, e i nostri padri le considerano mai sempre come un dovere del cristiano. Così la sentiva anche il nostro Manzoni, nella parlata ch'ei pose sulle labbra di Renzo Tramaglino. La sera della famosa rivoluzione di Milano, “essendo andato a dormire come un cane”, (cioè senza dire le sue divozioni), gli toccò poi quella bella svegliata che tutti sanno. Ma il giorno dopo, benché sopraffatto dalla stanchezza, e sperduto in un bosco, “prima però di sdraiarsi su quel po’ di paglia, su quel letto che la Provvidenza gli aveva preparato, vi s'inginocchiò, a ringraziarla di quel beneficio e di tutta l'assistenza che aveva avuta da essa in quella terribile giornata. Disse poi le sue solite orazioni, e chiese perdono a Dio di non averle dette la sera avanti”. (Promessi Sposi, XVII).

Inutile dire agli intelligenti che qui Renzo rappresenta il popolo, che crede e prega. Ma dove il Manzoni fa sentire tutto il conforto cristiano, tutta l'efficacia e la bellezza della preghiera, è quando descrive Lucia là, nel castello dell'Innominato. Lucia è caduta tra gli artigli di chi era uso solo portare le armi della violenza e del tradimento. Essa invoca la liberazione nel nome di Dio e per l'amor di Dio. “Lucia si rivolse a Colui che tiene in mano il cuore degli uomini, e può, quando vuole, intenerire i più duri”. (Promessi Sposi, c. CCI).

La su preghiera è il grido della fede, è il grido dell'umanità oppressa: è un'eloquenza inarrivabile che esce dal cuore della povera fanciulla, e scuote l'Innominato. “Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia”. Ed ecco: il terribile uomo non è più padrone di sé, non è più lui. Poi Lucia parve vinta da un grande affanno e desiderò di morire. “Ma in quel momento si rammentò che poteva almen pregare, e, insieme con quel pensiero, le spuntò in cuore come un'improvvisa speranza. Prese di nuovo la sua corona, e ricominciò a dire il rosario: e, di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata”. Indi “s'alzò, e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona, alzò il viso e le pupille al cielo, e disse: O vergine Santissima! Voi, a cui mi sono raccomandata tante volte! e che tante volte m'avete consolata! Voi, che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti miracoli per i poveri tribolati: aiutatemi! Fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, o Madre del Signore...”

Quale preghiera! Preghiera sì dolce, sì filiale, sì cristianamente sublime che fa pensare, fa piangere e fa pregare insieme. Non inutilmente Lucia era stata educata alla scuola di frà Cristoforo.

“……e si mise la corona intorno al collo, quasi come un segno di consacrazione e una salvaguardia, e sentì entrar nell'aga fiducia... e col nome della sua Protettrice una certa tranquillità, una più lartrice tronco tra le labbra, Lucia s'addormentò...”. E dormì un sonno tranquillo. Ma c'era qualcun altro in quel castello, qualcuno che non poteva prender sonno, e che “aveva addosso una disperazione nera, grave, dalla quale non poteva fuggire, neppur con la morte”: l'Innominato! E a lui tornavano in mente le parole che aveva sentito poche ore prima: “Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia”.

E gli tornavano non già col quell'accento di umile preghiera.… e si vedeva innanzi Lucia non come la sua prigioniera, non come una supplichevole, ma in atto di chi dispensa grazie e consolazioni. E` dunque l'ora della grazia! Dio matura con rapidità la conversione dell'Innominato alla voce, alla preghiera della povera e nobile fanciulla. E Lucia, nell'arte italiana, non è solo quella che l'Alighieri, nella Vita Nova chiama gentilissima, ma qualcosa di più, di più alto, di celeste: vi diventa la Vergine Maria! La Vergine stessa che prende le sembianze di Lucia, e appare all'Innominato “in atto di chi dispensa grazie e consolazioni”. E` la madre dunque del Signore che interviene: Colei che tutti gli afflitti invocano! Ah! l'efficacia della preghiera! La libererò, sì! appena spunta il giorno, correrò da lei, e le dirò: andate, andate. La farò accompagnare...”. L'Innominato è convertito.

E` il trionfo della preghiera, è il trionfo della grazia! “Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia!”.