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[Da copia stampata]

Il Vangelo

Domenica I.a dopo Pentecoste

(Luc., VI, 36-42).

Il precetto della misericordia.

Le parabole de’ due ciechi: della trave e della paglia nell'occhio.


Gesù disse à suoi discepoli: Siate dunque misericordiosi, com'è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate, e non sarete giudicati: non condannate, e non sarete condannati. Perdonate, e sarà a voi perdonato. Date, e vi sarà dato: vi metteranno in seno una misura buona, e pigiata, e scossa e straboccante; poiché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi. Poi disse loro una similitudine: Può mai un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due nella fossa? Non c'è scolaro da più del maestro; ma ogni discepolo sarà perfetto, ove sia come il suo maestro. Or perché osservi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nel tuo proprio occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Lascia, fratello, che io ti cavi dall'occhio la pagliuzza”; mentre te stesso non vedi la trave ch'è nell'occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per cavare il bruscolo che è nell'occhio del tuo fratello”.

Tra il Szaffad ed il Tabor si eleva un monte detto delle beatitudini, che è quello dove Gesù scelse i suoi Apostoli; di là veggonsi Safet, il grande Hermon e le valli spaziose di Gennesaret. E` il monte ove venne proclamata la legge della nuova alleanza; il monte dal quale su gli Apostoli e su l'universo discese una divina parola, tutta amore e beatitudine, parola di nuova perfezione, la quale trascende quella del Sinai è dei leviti. Il Vangelo di oggi è tratto dal discorso della montagna, dove appunto Gesù disse le beatitudini, tenendo il più alto linguaggio che il mondo avesse udito mai: linguaggio che è nobilissima filosofia, e tutto un codice morale semplice e umile, ma bastante a salvare il genere umano. Con quel mirabile discorso Gesù iniziò la predicazione del suo Vangelo.

Sul Sinai fu data la parola della legge; sul monte delle beatitudini ne fu svelato lo spirito e raggiunta la perfezione. Nessun precetto più ripetuto né più fortemente intimato nel Vangelo, come nulla più risplendente in Gesù Cristo che la misericordia. Tutto il cristianesimo può dirsi che è misericordia! Cristo stesso assicurò che l'uomo sarà ricompensato o condannato, secondo ch'ei sarà stato o no misericordioso. Eccovi quella pagina meravigliosa di Vangelo: Gesù, rivolto ai salvi dirà: Venite, benedetti dal Padre mio: possedete il regno che v'è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete, e mi deste da bere; fui forestiero, e mi accoglieste... In verità, vi dico. quante volte avete fatto questo a uno de’ minimi di questi miei fratelli, l'avete fatto a me. E a quelli di sinistra, ai reprobi dirà: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, ch'è preparato per il diavolo e per i suoi angeli! Perché ebbi fame, e non mi deste da mangiare; ebbi sete, e non mi deste da bere; fui forestiero, e non mi accoglieste; ignudo, e non mi rivestiste; infermo e in prigione, e non mi visitaste.....

Io vi dico, in verità, che quante volte non avete ciò fatto a uno de’ minimi di questi, non l'avete fatto a me. E n'andranno questi a punizione eterna, ma i giusti a vita eterna. (Matt., XXV, 34-46). Noi così già sappiamo quale sarà la sentenza nostra per l'altra vita. Chi, leggendo e meditando queste parole di Cristo, non si sentirà salutarmente scosso e disposto a fare qualche cosa pé fratelli poveri e bisognosi di conforto? Ma, nel Vangelo di oggi, Gesù ci presenta il modello della misericordia, e quale modello! La nostra misericordia dev'essere grande quant'è grande la misericordia del Padre nostro, che è nei cieli! Si comprende: per quanto ciò è dato alla nostra natura. Ma il Padre celeste fa splendere il sole sulla testa de’ buoni e su quella de’ cattivi: vuol dire che la nostra carità e misericordia dovrà abbracciare tutti, senza eccezione, buoni e cattivi, amici e nemici, ricchi e poveri. Che, se preferenza ci vuol essere, debb'essere per i poveri, per i cattivi, pei nemici. Questo è lo spirito di Gesù Cristo: chi lo vive, vive la carità di Gesù Cristo, e avrà la vita eterna con Lui. Tutti i nostri fratelli hanno diritto sopra di noi, perché la vita non è un privilegio, non una festa; ma una palestra di virtù, un servizio di conforto altrui, di fraterno aiuto, e occorrendo anche un dolce olocausto per i fratelli nell'amore di Dio e della Patria, a rassomiglianza di Colui che si fece a noi fratello per immolarsi per noi. Opposto non solo alla carità, ma anche alla giustizia è il giudizio temerario, germe fecondo di troppi altri peccati. Il giudizio temerario consiste nel credere troppo facilmente i fatti svantaggiosi al prossimo, o nell'interpretarne leggermente le azioni. In questo senso Gesù dice: Non giudicate, e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati. Sovente si crede il male sopra una semplice apparenza, senza esaminare: si dice, per aver udito dire, senza curare o sfuggendo anche dal verificare. Perché una cosa è verosimile, diventa vera. Si dà tosto ascolto alla maldicenza: si concepisce del prossimo un’opinione sinistra.


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Non si esamina se, chi dice male, è di altro partito, o nemico. Se si tratta, invece, di una buona azione, allora bisognerà veder un po’, prima di prestar fede. Tanto l'uomo è diffidente nel bene, e credulo nel male. Ma più cattivi e più colpevoli si è, quando s'interpretano i fatti secondo la nostra malignità. Un'azione è buona? Si ascrive a motivi viziosi. E` equivoca? Si prende dal lato più sfavorevole. E` malvagia? se ne traggono le conseguenze più avanzate. Così, per ingiusto giudizio, ora si suppone il male, ora lo si esagera. Più pericolosa però è la pretensione di conoscere gli uomini. Sopra combinazioni arbitrariamente fatte di discorsi, di atti, sovente sfuggiti a caso, si decide con certezza sui principii, sulle inclinazioni, sulla condotta altrui. Si alza tribunale, si giudica, si condanna senza equità e con presunzione spaventosa. E badate: non basta non esser maldicente, che non è solamente il dir male, che viene proibito da Cristo, ma sì ancora il giudicare male dentro di noi. “Chi sei tu, che giudichi il servo altrui?”. (Rom. XIV - 4). E San Giacomo: “Ma tu chi sei, che giudichi il prossimo?”.(IV - 12). Il secondo comando che Gesù fa derivare dal precetto generale della misericordia è il perdono delle offese. Comando poco praticato, perché di penosa osservanza; ma sovranamente giusto e vantaggioso. Esso proibisce la vendetta. Pensiamo quanto sarebbe iniqua, quanto distruggitrice della società la legge, che lasciasse libero ciascuno di far giustizia da sé‚! Il perdono soffoca sin dai cuori il risentimento dell'odio, e ci libera da tutte le spaventose conseguenza che la vendetta trarrebbe seco. Siamo cristiani; alziamo lo spirito al Cielo. Noi abbiamo bisogno che Dio ogni giorno ci perdoni, perché ogni giorno siamo poveri peccatori avanti a Lui. Ebbene, Dio rimette la nostra sorte tra le nostre mani. altri avrà offeso noi, ma noi abbiamo offeso tanto Iddio; il nostro giudizio verso chi ci ha offeso, diverrà il giudizio di Dio sopra di noi: Perdonate, e sarà a voi perdonato. Oh patto pieno di carità! Oh giustizia infinitamente misericordiosa di Dio! Terzo precetto di misericordia, che qui ci dà Gesù Cristo, è la elemosina. La ineguaglianza dei beni sovente è oggetto tra gli uomini di malumori e di lotte. Ma in questa disuguaglianza vi è un alto fine, pieno di sapienza. Questo apparente disordine è il fondamento dell'ordine pubblico, del principio della subordinazione sociale: è il motivo e lo stimolo del lavoro. L'uguaglianza delle fortune sarebbe la dissoluzione della società. La Provvidenza di Dio tuttavia veglia sui poveri, che sono i prediletti di Gesù, che volle nascere, vivere e morire poverissimo; e, mentre sono infinite le compensazioni promesse ai poveri nella vita futura, udite il grande principio cristiano che Gesù ha gettato a dominare la società. Che era il mondo prima di Cristo? Già Cicerone aveva detto: trentamila sono gli uomini, gli altri sono cose. L'umanità abbisognava dunque di una grande rivoluzione. Venne Gesù, e bandì la legge di carità che cambiò il mondo. La legge di Cristo distrugge le superbe distinzioni di casta e l'abuso della proprietà. “Per te sollevi il povero al Ciel, ch'è suo, le ciglia, volga i lamenti in giubilo, pensando a Cui somiglia”.

E a prevenire i furori del pauperismo, facile strumento in mano à settari, nemici dell'umanità, ricordi il ricco che è pure un dono di Dio la ricchezza che egli ha, e che egli è ritenuto non quale proprietario, ma come depositario di ricchezze e dispensatore della beneficenza di Dio. Il povero e il ricco vengono in Dio ad in contrarsi: è Dio che opera la loro unione, (Prov. XXII,2).

Il ricco è dunque obbligato di vedere Dio ad incontrarsi: è Dio che opera la loro unione (Prov. XXII,2). Il ricco è dunque obbligato di vedere Dio nel povero, e di far parte al povero de’ suoi beni, generosamente, modestamente, cristianamente: “Cui fu donato in copia, doni con volto amico: con quel tacer pudico, che accetto il don ti fa”. La religione, principio d'ogni bene, ristabilisce così l'equilibrio sociale: vuole che chi ha ricevuto molto, non nuoti in un'abbondanza eccessiva, e chi non possiede, non viva in una miseria desolante. (II Cor. VIII). Il ricco Epulone divida la mensa col povero Lazzaro: “Sia frugal del ricco il pasto, ogni mensa abbia i suoi doni; e il tesor negato al fasto di superbe imbandigioni, scorra amico all'umil tetto.....” Poveri e ricchi, fortunati e miserabili: tutti si confondano in una sola famiglia nella carità di Cristo. Ma ahimè! debbo dirlo? Pochi, troppo pochi sono i ricchi che soddisfano cristianamente a questa loro obbligazione. Par loro assai, se lasciano cadere qualche briciola dalla lauta mensa; e delle ricchezze si valgono per tutto: per le vanità, per le passioni, per peccare, non per sollevare i poveri di Gesù cristo o a pro della società. E allora Iddio manda o permette il socialismo, o forse ancor peggio, e dovrà darsi per forza ciò che non s'è voluto dare per l'amore di Dio. O ricchi, siate misericordiosi, se volete salvarvi di qui e di là: ricordate che il Vangelo dice chiaro: “Morì il ricco, e fu sepolto nell'inferno”. (Luc. XVI, 22). E` Gesù che parla: il cattivo ricco “fu sepolto nell'inferno”.

Guai a voi, che siete ora satolli, perché avrete fame! (Luc. VI, 25). Beati voi, che siete poveri, perché il regno di Dio è vostro! (Luc. VI, 20).Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia! (Matt. V, 7).


Chi desidera di questi foglietti, per diffondere il Vangelo nelle famiglie, si rivolga a Don Orione - Tortona.   Con permissione Ecclesiastica.