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[Da copia stampata]
In Morte di Don Gandini
Tortona, 19 febbraio 1920
Carissimi Figli della Divina Provvidenza,
Che dolorosa notizia vengo mai a darvi, o miei figliuoli nel Signore!
Non abbiamo ancora asciugate le nostre lagrime per la morte dell'indimenticabile Maestro Negro, che già uno, dei nostri più cari Sacerdoti è chiamato alla eternità.
Non posso dirvi quello che provo nel darvene il doloroso annunzio.
Don Gandini è morto!
E’morto in questa Casa, stamattina, all'improvviso. Ieri era sano, pieno di robustezza, di serena bonarietà, di vita: oggi è morto!
Non par vero, è morto!
Ieri, primo giorno di Quaresima, era venuto alla Cattedrale con me e con gli altri Sacerdoti, Chierici e alunni dell'Istituto, per ascoltarvi la predica sulla morte.
Ecco, di tutti quelli che eravamo in Duomo, il primo a morire è stato lui!
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E non è passato un giorno! Ieri sera ancora non presago, anzi ben lontano dal pensare che la morte gli fosse così vicina, ripeteva con me e col Suddiacono Don Enrico Bariani le eloquenti e salutari parole del Predicatore P. Roberto da Nove, e stava benissimo.
Aveva cenato in refettorio coi giovani: era poi passato nel refettorio dei Chierici e Sacerdoti della Congregazione: era salito dove stanno i Canonici e gli altri Sacerdoti che abitan con noi, e ci siamo poi data la buona notte che potevano essere le 10 e mezza.
Andò a riposare tranquillo, ed è morto! A pensarvi non ci si crede, eppure è così. E pare che la mano del Signore lo conducesse prima a salutare tutti.
Domenica, trovandosi già in Alessandria a celebrare nella nostra nuova Parrocchia di S. Rocco, fece una corsa al suo paese natio a rivedere il padre, la sorella, i fratelli, il cognato. Ieri mattina poi volle dire lui la Messa ai giovani, all'altare della Madonna della Divina Provvidenza, benché fosse designato altro Sacerdote, e fu l'ultima sua Messa, e diede le sacre ceneri, pronunciando, sul capo d'ognuno le parole: Memento homo, quia pulvis es! Poi, ieri sera, sul tardi andò anche in infermeria, andò in tipografia, passò da tutti, povero Don Gandini! Lo avevo accolto che era fanciullo, là, in quel vecchio convento di Santa Chiara, e la sua fronte serena e il suo sguardo innocente e, più la sua condotta pia e buona, mi fecero presentire di lui che avrebbe intesa la voce del Signore e sarebbe stato Sacerdote e un Sacerdote dall'anima modesta, piena di fede, di candore, di bontà.
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E ricordo che io lo chiamavo Giovannino, perché ei mi pareva già tutto di Dio e per quella sua bella testa da S. Giovanni Battista.
Lo perdei poi di vista per qualche anno, e me ne dolevo con me stesso e stavo in pensiero, e pregavo per lui, che gli angeli del Signore lo guardassero. Seppi dopo che era andato presso Don Santo Lavagetto, Arciprete di San Quirico, il quale lo portò avanti negli studi e gli volle sempre un gran bene. Ma io non l'ho dimenticato mai, e ho sempre pensato che quel bravo fanciullo, sarebbe pur ritornato da noi, e che Iddio me lo avrebbe ricondotto. E tornò infatti, e non era cambiato, e si vedeva in lui il desiderio d'amare e di servire Iddio, ed era sempre lieto in Domino, e cresceva come un fiore bianco. E gli ho dato l'abito da Chierico, e lavorò senza risparmiarsi, a Cuneo, a Lonigo, a Reggio Calabria, a Cassano Ionio. Colaggiù si ammalò di febbri malariche, e, lui così robusto, diventò come uno straccio; ma si rimise.
Fu tanto amato da Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Paolo Albera, Vescovo di Beva e Amministratore Apostolico di Mileto, il quale lo aiutò molto nello studio della Teologia; e pochi giorni fa, di passaggio a Tortona, Don Gandini andò ad accompagnarlo alla stazione con gioia e visibile gratitudine.
Ordinato Sacerdote il 20 Dicembre 1913, a voi tutti è noto, o figli miei, quanto zelante, quanto fedele alla sua vocazione sia sempre stato il nostro Don Ernesto.
Ma scoppiò la guerra, e fu fatto Cappellano Militare. In guerra ammalò gravemente,
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e pur non gli parvero gravi i sacrifici per il bene di tanti poveri soldati, giacché, quando si ama il Signore le fatiche diventano diletto. Riuscì anche ad innalzare un'artistica cappella in muratura a Mira, cappella che venne benedetta dall'eminentissimo Card. La Fontaine, Patriarca di Venezia.
Fece del bene a molti, del male mai, a nessuno! Ecco il nostro Don Gandini.
Quest'anno era stato chiamato in aiuto a Don Sterpi, il quale di frequente deve lasciare Tortona. E qui, memore che il Signore riceve come fatto a sé quel bene che si fa ai fanciulli, lavorò a coltivare in essi le virtù proprie della loro età, e, perché il fervore della pietà fosse santamente alimentato, ricostituì l'Associazione dei Paggi di Gesù. Ed è qui che Don Gandini, giovane di 32 anni, cadeva sulla breccia; qui, in quella Casa della Provvidenza che lo accolse fanciullo, e cadeva, nei momenti attuali di tanto bisogno di validi operai, lui, buono e forte, sul quale erano riposte tante care speranze! Ma così piacque al Signore, e così sia! Egli sa quello che è bene per noi, e quello che vuole e prepara per l'Opera della Divina Provvidenza. Ieri sera D. Gandini era venuto a chiedermi se poteva oggi andare a dire la Messa in Duomo, al posto di un altro Sacerdote; e nessuno, si meravigliò stamattina al trovare la sua camera chiusa, perché credevamo fosse ancora in Duomo. Ma, passate le 8, e vedendo ch'ei non tornava, si mandò per lui, e si apprese con stupore che in Duomo non c'era, che non era andato.
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Un dubbio terribile sorse allora in noi, e giganteggiò. La camera di Don Gandini era chiusa: per quanto si battesse, per quanto si chiamasse, nessuno rispondeva: si dovette entrare da una finestra. E il povero nostro Don Ernesto era là, steso a terra, ai piedi del suo letto.
Era ancora vivo, sì, ma senza parola e senza conoscenza.
Il letto era sfatto: evidentemente era dunque andato a riposare; nella notte dovette sentirsi male: certo si alzò per chiamare aiuto, ma, preso, forse, da paralisi al cuore, come disse il medico, non riuscì a raggiungere la porta, e stramazzò al suolo, dove fu trovato. Non parlò più, non diede più segno d'intendere: gli ho data la assoluzione; gli ho raccomandato l'anima; gli ho amministrato l'Olio Santo, ma, un quarto d'ora dopo, già era morto! Non erano ancora le 9. Come si fa mai presto a morire!
Caro mio figliuolo, mi aspettavi tu dunque, per esalarmi l'anima tra le mani?
Erano pure presenti Don Zanocchi, Don Draghi, Don Enrico Bariani e parecchi Chierici e giovani, dei più alti.
E, mentre vi scrivo, il nostro D. Gandini è là, sul suo letto di morte, e pare che dorma; sul suo volto, è sempre quella espressione serena di dolcezza e di bontà, che gli era tanto, famigliare.
E’ rivestito degli abiti sacri e della sua stola sacerdotale: sul petto ha il Crocifisso, e le mani tiene congiunte in atto di preghiera: le sue dita stringono ancora la corona del suo
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rosario. Facilmente sarà sepolto, nel cimitero di Predosa, suo paese, vicino a sua madre, che fu madre veramente cristiana; e ho il cuore disfatto, ma voglio portarglielo io. Ed ora, che vi dirò, o miei fratelli? È una grande angoscia, sed Dominus dedit, Dominus abstulit: sit Nomen Domini benedictum. Sia fatta la volontà del Signore! sia sempre benedetto il Signore, benedetto nella vita e benedetto, nella morte! Certo che questa morte improvvisa mi affligge tanto, ma non dubito che essendo sempre D. Ernesto vissuto da buon religioso, egli non si sia trovato preparato al gran passo: aveva consacrato a Dio, alla Chiesa tutto sé stesso! Sarà un grande dolore per tutti, o figliuoli miei, sed consolamini in verbis istis: confortiamoci, dacché ben sappiamo che questo nostro fratello era di Dio, ed è giusto che Iddio faccia del suo ciò che è a suo senno e a sua volontà, né affligiamoci siccome quelli che non hanno speranza, ché non sarebbe da cristiani: noi lo rivedremo: spes nostra immortalitate plena est! Egli è solo andato innanzi, a mostrarci la via. E il Signore lenirà il nostro dolore, e di questa stessa morte si servirà per crescere le nostre file. Vedo altri ed altri venire,... mandati da Dio.
Beati quelli, che, ascoltando la voce del Cielo, verranno a prendere il posto lasciato vuoto da D. Gandini.
Tuttavia questa repentina scomparsa mi prova ancor meglio quanto sia opportuno che facciamo tutti e con impegno ogni mese l'esercizio della buona morte.
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Ecco, come la morte può sorprenderci d'ora in ora, e in modo subitaneo.
Essa non guarda, né a gioventù né a robustezza di temperamento, ma viene, tamquam fur, nell'istante che meno ce l'aspettiamo. Il Signore ha visitato il nostro, Istituto: adoriamolo e preghiamo! Sì, figliuoli miei, preghiamo e perseveriamo nella nostra santa vocazione, e stiamo vigilanti colle lampade in mano, sempre in attesa.
Per me e per voi questa morte improvvisa è una grande voce di Dio.
Una voce che ci invita non solo a chinare riverenti la fronte, ad umiliarci e ad adorare i giudizi imperscrutabili del Signore; ma una voce che viene a scuoterci perché ci infervoriamo a vita religiosa di virtù e di santità.
Questo è che Iddio vuole e da me e da voi.
E vuole anche che preghiamo pel nostro caro morto, e che preghiamo tanto; i suffragi saranno di conforto a noi e di sollievo a lui. Che se egli fosse già salito a quel Dio, che pur trova macchie anche nelle bianche ali degli angeli suoi, se anche D. Gandini non avesse più bisogno della nostra preghiera, essa non sarà vana; pietoso come fu sempre verso i sofferenti, vedrà con gaudio distribuirsi ad altri dal Signore quei suffragi doverosamente da noi fatti per l'anima sua.
E ci conforti il pensiero che un giorno il nostro D. Ernesto lo incontreremo in Cielo, dove, ai piedi della Santa Madre del Paradiso, egli intanto pregherà per me e per voi, e si farà angelo di consolazione nelle nostre pene, insieme con quegli altri fratelli che già ci hanno preceduti alla Patria.
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Riposa adunque nella pace di Cristo o dolce e benedetto, mio figliuolo, che da questa misera vita te ne sei andato a vita beata.
Ti accompagnino al Paradiso gli angeli del Signore: Ti introducano nella santa Gerusalemme, e sulla palma delle loro mani ti portino al trono di Dio i vergini e i martiri.
E, giunto sul Cuore di Gesù Crocifisso, prega per noi! Noi tutti verremo presto con te, vogliamo essere sempre con te, fra le braccia del Signore in eterno, e vicino alla nostra Madre celeste.
Vedi, non si tratterà che di un'attesa breve e per te e per noi: questa vita è un'ombra che fugge! O mio D. Gandini, figliuolo carissimo, che hai amato Iddio, la Chiesa e il suo Papa: che a Dio hai servito nei piccoli e nei poveri orfani: ecco, per me e per essi io ti abbraccio, e per i tuoi fratelli di Congregazione che non sono qui: per tutti i nostri che, lontani, piangeranno con dolorate e pur dolci lagrime la tua morte, ti abbraccio e ti bacio sulla fronte in osculo sancto!
Addio, o benedetto mio figliuolo, dormi in Cristo: domani saremo ancora insieme.
Il Vostro Padre in Gesù Crocifisso
e nella Madonna nostra
Sac. Orione Luigi
della Divina Provvidenza