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Castelnuovo Scrivia, 7. 9. 1910.
Molto Rev.do Don Orione,
Da qualche giorno ho terminati gli Esercizii Spirituali, ma, essendo andato a Torino per vedervi la mia sorella Suora, non ebbi ancora tempo per scriverLe.
Scopo
di questi Esercizii
fu per me la decisione sulla mia vocazione; e mi pare che il Signore
mi voglia per altra strada, che non sia la Sua Congregazione; e
perciò non intendendo farmi della Congregazione, è giusto che mi
ritiri anche da Roma. - Creda pure che questo distacco mi è
doloroso; ma la stima e l’affetto che
mi legavano
per Lei, e la cara Chiesetta di Via Appia s’erano legato il mio
povero cuore, sì che l’idea di separarmene mi addolora assai... e
per quanto lungi me ne vada, i ricordi di Via Appia non scemeranno
giammai, e l’affetto, per Lei non verrà mai meno.
Anzi più dell’affetto sento che mi deve restare la riconoscenza per quanto Ella ha fatto per me e per mia sorella: e col tempo non mancherà occasione di darle prova di questa mia gratitudine.
Potrei, è vero, pure non essendo della Congregazione, prestarLe, se Ella lo desiderasse, l’opera mia debole, ma affezionata: ma circostanze speciali mi costringono a ritirarmi subito, od al più presto: prima fra tutte la necessità assoluta di provvedere al sostentamento mio e di mia sorella.
Appena tornato da Roma, m’ebbi il colloquio col Vescovo che Le trascrivo perché veda meglio il principale motivo del mio pronto ritiro.
Il Vescovo, che da Monsignor Villa era stato pregato di concedermi il permesso, dopo i saluti mi disse:
Quale è la vostra intenzione?
Risposi:
Eccellenza, mi dispiace, ma non posso dare una risposta assoluta, non
conoscendo ancora chiaramente se io poss
abbia vocazione religiosa, o no.
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-
Ed allora Monsignore soggiunse: Comunque sia, vi do piena libertà di
tornarvene a Roma, a patto sempre che siate disposto sempre
a tornare appena vi richiami.
E con questo patto mi licenziò dicendomi di tornare a Lui, appena avessi presa qualsiasi decisione: perciò vi ritornai sul finire degli Esercizii.
Gli
esposi la decisione presa, ed Egli disse: - Sentite: voi ora avete
due lauree, e perciò capirete che non vi conviene andare Vice
parroco. Se io avessi saputo della vostra decisione qualche tempo
tempo prima vi avrei nominato professore in Seminario, ma ora ho
provvisto, avendo Monsig. Villa a nome vostro domandato il permesso
per voi. Perciò potreste tornare a Roma.
Io osservai che non facendo più parte della Congregazione, il ritorno a Roma non dipendeva da me: - ma benché vi fossi tornato la mia permanenza non poteva essere che provvisoria. Di più notai che mi trovavo nella impossibilità di provvedere il vitto alla mia sorella, e perciò domandavo se mi era lecito restando a Roma concorrere per i benefici vacanti nella mia Diocesi.
- Eh! no; poiché state fuori, ed è proibito da un Decreto Diocesano. Inoltre capirete che il concorrere da parte vostra (restando a Roma) esporrebbe alle critiche me e voi.
- Ma io benché resti a Roma pure appartengo alla Diocesi.
- È vero, ma vi è il Decreto. Potrei però in via eccezionale lasciarvi concorrere, ed allora se guadagnate, certamente vi conferirei il beneficio.
- Permetta che facci ancora una domanda. Gli anni di ministero che io passerei a Roma, mi vengono computati a merito per un concorso?.
- Questo no assolutamente, perché lavorate fuori Diocesi, e non potrei al riguardo fare alcuna eccezione.
- E se stando a Roma mi si presentasse l’occasione di un beneficio V. E. mi darebbe i dovuti permessi?
- Questo sì ed è giusto, né ve lo posso proibire.
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A
questa risposta del Vescovo non potevo prendere una
risposta
decisione
su due piedi, e perciò mi congedai, pensai, e mi consigliai.
Come vede il ritornare a Roma equivaleva per me a mettermi fuori di strada: poiché il provvedermi un posto a Roma mi pare quasi impossibile, ed il concorrere in Diocesi mi riusciva assai difficile: e quindi venni alla conclusione di fermarmi in Diocesi, non foss’altro per poter liberamente concorrere.
Tornato dal Vescovo mi misi a Sua disposizione, disposto ad andare anche Vice parroco, se lo credesse opportuno.
Il Vescovo fu lieto di questa mia decisione: mi assicurò che mi avrebbe al più presto provvisto, e poi sorridendo disse: Eh se tornaste anche a Roma, non potreste fermarvi gran che!
Ho esposto così tutte le mie cose serie, ed Ella che conosce le mie necessità compatirà la sollecitudine del mio ritiro.
Come vede mi trovo completamente nell’incertezza della vita, ed anche in strettezze; ciò però né mi angustia, né mi impensierisce, poiché mi sento completamente abbandonato alle braccia della Provvidenza: - e questo mio abbandono lo devo unicamente a Lei; ed è questo per me non ultimo motivo di gratitudine.
Lontano da Lei nel corpo e nel lavoro, sento di essere ancora suo e nell’affetto e nell’anima - se non figlio legittimo, sarò sempre un figlio d’adozione. Mi benedica, e come prima mi raccomandi al Signore.
Obbl.mo ed aff.mo
Don Maurilio
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[Minuta]
Caro Don Maurilio,
Ricevo
la vostra buona lettera; io
non ho voluto intervenire fin qui nelle vostre cose, anche dopo che
voi prima me ne avete scritto, perché non voleva mettermi tra voi e
Dio e doveva lasciare Iddio disponesse Lui di voi interamente,
insieme coi
vostri superiori
col degnissimo Vostro Vescovo e coi vostri Superiori.
Ora
che in Domino e dopo giorni di Santi Spirituali Esercizî,
avete determinato così
a quel modo, io, pure sentendo per la vostra lontananza dispiacere,
vi dico che avete fatto bene; e che pregherò sempre la Madonna SS.
della Divina Provvidenza di benedire al vostro nuovo cammino e di
darvi molte e molte consolazioni nella vostra
vita di lavoro sacerdotale.
E
voi che
state per ser
pregate per me e per la piccola Congregazione, che si faccia di noi
quello che piace al Signore.
Favorite
riverirmi tanto Mgr. vostro
Vescovo e Mgr.
Villa
e gli baciate il S. Anello per me: ossequiatemi tanto pure Mgr. Villa
e ditegli che la morte di Mgr. Novelli mi ha aperto nel cuore una
ferita che non si chiuderà forse mai più.
Salutatemi
pure la vostra buona sorella e ditele
anche ad essa che non la dimenticherò nelle mie orazioni.
E
abbracciandovi nella carità di Nostro Signore, e domandandovi
perdono per me e per i miei de’ dispiaceri che durante la vostra
permanenza presso di noi vi abbiamo potuto dare, mi dico vostro
aff.mo in N.
Sig.re
Gesù Cristo Crocifisso Signor Nostro e in Maria SS.