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[Da Foglio stampato: Il Vangelo - Domenica IV di Quaresima. Qui, sono riportati soltanto i brani segnati in rosso da Don Orione]
Quello segnato fu già predicato in Duomo di Voghera il 26 dicembre 1928.
D. Orione
La moltiplicazione dei pani.
Vide Dio con palpito di gioia la felicità che avremmo provata e ci creò, e ci infuse la grazia, che ci unì a Dio, e fece suoi figli, consorti della divina natura (S. Petr.). Ma l’amore di Dio non è sazio: l’unione fra Dio e l’uomo sarà sorpassata da un’altra più intima: il Figlio di Dio si unisce colla natura umana in unità di persona. Non basta.
È l’amore di Dio! - Deus charitas est, e la carità spinse Gesù Cristo nostro Dio a non abbandonarci orfani su la terra, ma a donare sé stesso all’umanità. E istituì l’Eucaristia.
Nell’ultima cena, “Gesù prese del pane, e, dopo averlo benedetto, lo spezzò, e lo diede ai suoi discepoli, dicendo: prendete, mangiate: questo è il mio corpo”. (S. Matt. XXVI).
“Poi preso un calice, e, rese grazie, lo diede loro, dicendo: bevete tutti, questo è in vero il mio sangue, il sangue del Testamento, versato per molti in remissione dei peccati” (S. Matt. XXVI).
Così Gesù Cristo istituì il sacramento dell’Eucaristia, che è un mondo di prodigi e di amore, e il focolare della pietà cristiana.
“Perciò, dirà San Paolo, chi mangerà il pane e berrà il calice del Signore indegnamente, sarà colpevole contro il corpo e il sangue del Signore... egli mangia e beve la sua condanna” (I° Cor.).
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Del resto Gesù stesso, commentando il senso intimo e profondo della moltiplicazione dei pani, aveva detto: “Se non mangerete la carne del Figliuolo dell’uomo, e non berrete il suo sangue, non avrete la vita in voi” (S. Giov. Cap. VI. 33).
Dunque il pane consacrato non è più pane, il calice consacrato non è più vino, ma è il corpo, il sangue l’anima e la divinità di Gesù Cristo.
Questa fu sempre la fede cattolica.
S. Ignazio Martire, (I Secolo) immediato successore di S. Pietro, nella sede di Antiochia, nutrito alla culla della nostra fede, e che aveva seguito le orme del Redentore, parlando dei gnostici, setta di eretici, dice: “Essi si astengono dall’Eucaristia, perché non confessano che l’Eucaristia è la carne del nostro Salvatore Gesù Cristo” (Ep. Smyr. VII).
E scrivendo ai romani, VII. 4, “Io non desidero i cibi corruttibili, ma voglio il pane di Dio, ch’è la carne del Cristo, della stirpe di David, e, per bevanda, il suo sangue, ch’è carità incorruttibile”. La Didaché, la dottrina degli Apostoli, pubblicata solo nel 1883, documento collettivo e principe, anteriore certamente alla metà del II° secolo, ma che potrebbe essere anche prima del Vangelo di San Giovanni, ha alcuni capitoli sul dogma e sulla pratica dell’Eucaristia alla fine del I° o alla metà del II° secolo dopo Cristo.
Essa ci prova che allora si aveva la fede nell’Eucaristia che abbiamo oggi.
Sant’Ireneo (II° Secolo), onorato dallo stesso Fozio del titolo di divino, dice dell’Eucaristia, che il pane è il corpo del Signore e il calice il suo sangue.
La Chiesa, che è “del sangue incorruttibile conservatrice eterna” rinnova ogni giorno il divino sacrificio sui nostri altari.
Essa ha sempre insegnato ad intendere le parole della consacrazione in senso proprio e reale, e che l’Eucaristia nutre la nostra carne del corpo e del sangue del Signore” (S. Ireneo).
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secondo la parola di paolo agli Efesini. V, 30, “Noi siamo le membra del suo corpo, della sua carne, delle sue ossa”.
Sant’Agostino (IV secolo, Contr. Faust.) assicura che, dai tempi apostolici, coloro che si comunicavano intendevano riconoscere la presenza reale del corpo e sangue di G. Cristo nell’Eucaristia col rispondere Amen, che in ebraico significa così è, così sia! - quando venivano loro presentate le specie sacramentali.
L’Eucaristia è nei simboli e pitture cemeteriali di san Callisto e di Priscilla (II secolo), e nei monumenti primitivi dell’arte cristiana.
E quando Raffaello vorrà darci in Vaticano la disputa del Sacramento, là, tra i difensori dell’Eucaristia, tra venerandi Pontefici e Martiri, tra S. Agostino e S. Tommaso, porrà Dante e il fierissimo Savonarola.
E Lutero stesso si darà vinto!
Dio ci ama!
Davanti al suo amore nell’ultima cena, davanti all’Eucaristia un Pietro Leroux è obbligato ad esclamare: O Gesù, quanto sei grande!
Sì, quanto sei grande o Gesù!
Grande quanto, ostia pura e santa, discendi sino a noi, caduti, per sollevare noi dal fango sino a Te!
Grande quando, consolatore degli umili, entri negli ospedali, o vai fra gli orfani e gli afflitti della vita!
Grande, o mio Gesù, grande oggi sul campo delle battaglie come un giorno sul carroccio, o nei petti dei 25000 eroi di Courtrai: grande a Sant’Elena, là sulla deserta coltrice, o nel tugurio del povero in una valle dimenticata, più ancora che sui troni e nei palazzi dei re.