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[Da Copia dattilografata]

Ho ricevuto il padre Riccardo Gil il 4 febbraio 1910 in Roma, donde lo mandai per la sua prova religiosa a Tortona. Dopo appena tre mesi, convinto dello spirito veramente religioso del Padre Gil e per le buone informazioni ricevute, ritenni opportuno abbreviare i giorni del suo Probandato e lo condussi con me a Messina, dove avevo bisogno che avesse cura della Chiesa della nostra Congregazione, essendo io allora colà Vicario Generale, sovente fuori di casa per ragioni di ufficio.  

Due mesi dopo, lo inviai al Santuario della Catena a Cassano al Ionio.

Quivi Padre Gil risiedette due anni, e ciò fino all’Agosto 1912, quando fu mandato a sostituire un nostro Sacerdote nella Casa di San Prospero in Reggio Calabria.  Finalmente nella primavera del 1913 potei ritornarlo a Cassano, ove risiedette ininterrottamente - senza allontanarsi neppure un giorno - fino alla primavera del 1923.  

In tale epoca lo chiamai a Tortona per l’insegnamento dello spagnolo ai nostri Aspiranti Missionari. Ma, nell’Agosto, il Padre Gil dovette accorrere in Ispagna per la morte del Genitore, e ritornò due mesi dopo in Italia.

Non occorrendo più l’insegnamento di Spagnolo, Padre Gil fu destinato a Roma, alla Colonia Agricola di Monte Mario dove abitò dall’Ottobre 1923 all’Ottobre 1924.  Dalla Colonia fu trasferito alla Parrocchia di Ognissanti a Via Appia Nuova.  

Il 2 Gennaio fu mandato ancora a Cassano al Jonio, Custodel Santuario della Madonna della Catena.


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Fin dai primi tempi della sua venuta nella Congregazione ebbi Padre Gil sotto il mio diretto controllo a Messina e poi anche ultimamente a Roma ad Ognissanti, mia abituale residenza quando mi trattengo a Roma.

Mi indussi a scegliere per il Padre Gil la residenza a Cassano Ionio fuori dagli abitati e sì poco frequentato, perché meglio confacentesi allo spirito di sacrificio e di mistico raccoglimento, che sono le caratteristiche di questo eletto Sacerdote.

Debbo anzi aggiungere che non lo ritengo molto adatto ad esercitare il Ministero in una grande città, perché la sua religiosità profonda si univa talvolta ad un rigorismo così eccessivo da fargli negare i santi Sacramenti a donne e bambine con vesti un po’ succinte, se pure decenti e tollerabili.

In Roma non usciva di Casa se non per andare dal Confessore una volta alla settimana.

Di vita illibatissima fra i giovani e a tutti edificante, di obbedienza pronta, ritirato in Casa ancor più del necessario, penitente col digiuno e col cilicio, fervorosissimo nella preghiera e costante, semplice ed ingenuo, tanto da dire quello che meglio è tacere: per questo io sono tanto sicuro innanzi a Dio dell’innocenza di Padre Gil nei misfatti che gli si vogliono addebitare, quanto posso essere certo di non averli commessi io stesso.