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(Minuta) – da Copia dattiloscritta

S. Sebastiano Curone il 30 Giugno 1917


Eccellenza Rev.ma.

La ringrazio della Sua gradita lettera del 17 Corr. Solo che non ero più al Noviziato di Bra, e quindi, quando Le occorresse scrivermi, La prego di indirizzare a Tortona, là sanno sempre dove mi trovo.

Rispondendo ora brevemente alla Sua lettera devo dire a Vostra Eccellenza che - purtroppo - io non ho nessun dubbio ora che l’A. non sia colpevole, perché tengo una sua lettera, non firmata, ma scritta però tutta di sua mano.

Ed è perché ho dovuto constatarlo colpevole che, pure usandogli ogni carità, gli ho imposto (da prima ancora che egli venisse a Noto) un Corso di Spirituali Esercizi di 10 giorni con l’obbligo di inviarmene il certificato del Superiore dove fosse andato, - e che li facesse al più presto, determinandogli anche uno di questi tre posti: o a Sant’Andrea al Ionio (Calabria) Casa di Esercizi pel Clero, tenuta dai Redentoristi, dove gli Esercizi si fanno molto bene. Oppure al Convento dei Francescani di Lentini, dove so che c’è buon spirito, e dove ultimamente morì un santo frate in concetto di santità, o al Convento della Scala sopra Noto, dai Salvatoriani. Fu anzi questa, degli Esercizi Spirituali, la prima condizione che ho creduto di imporgli perché potesse venire a Noto.

Perché egli ora pare si lagni che io lo lasci a Noto, Vostra Eccellenza è bene sappia che io lo avevo chiamato a Tortona, dove non volle venire: fu lui che lo chiese con telegramma e con lettera, che io tengo, di poter venire provvisoriamente a Noto, intanto che stava ad uscire dalla Congregazione, insistendo che gravissimi motivi di famiglia




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esigevano che egli si trovasse vicino ai suoi. Non ho timore, Eccellenza: potrò, occorrendo, inviare copia di tutto.

Io so che non ha per anco fatto gli Esercizi, e ciò profondamente mi addolora.



30 Giugno 1917


Eccellenza Rev.ma,


La ringrazio della Sua del 17 corr. - Non ero più al Noviziato, e quando Le occorresse scrivermi voglia indirizzare alla Casa della Divina Provvidenza in Tortona, dove sanno sempre ove mi trovo.

Sarò di ritorno a Tortona posdomani a sera, cercherò di fare fotografare (a) Milano da una buona fotografia una lettera che tengo a mie mani, e la manderò a Vostra Eccellenza unitamente ad un esatto rapporto.

Mi permetto intanto di rispondere in breve a quanto mi scrive nella venerata Sua.

Poiché io ho ritenuto e ritengo senza ombra (pur troppo) di dubbio colpevole l’A. gli ho imposto subito 10 giorni di Santi Esercizi che egli finora non fece, perché doveva mandarmi il certificato del Superiore. Anzi dirò che gli determinai uno di questi (tre) posti: o Sant’Andrea al Ionio dai Redentoristi (Casa di Esercizi pel Clero) o al Convento dei Francescani di Lentini in Sicilia di dove ultimamente morì uno in concetto di santità o al Convento della Scala sopra Noto dai Religiosi Salvatoriani.

È appunto questa una delle condizioni cui accennavo nell’altra mia e che gli imposi



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perché come egli chiese per telegramma e per lettera mentre ora mi rimprovera di tenerlo costà.

Farò fotografare a Milano il grave documento che tengo, e che indubbiamente è suo, e manderò a vostra Eccellenza copia fotografata, con altre sue lettere, e Lei vedrà, confrontando.

Se la fotografia non riuscisse,  manderò l’originale, - fu mio ragazzo io conosco bene la sua calligrafia.

Egli ignora che io tengo tale documento, ché però con me non ha mai negato e neanche con altri. Si limita a dire che vuol difendere l’onore della Congregazione ed uscirne senza macchia. Niente più io desidererei che egli potesse provare la sua innocenza, ma tengo tale lettera che basterebbe a seppellirlo per sempre.

Il buon nome della Congregazione egli doveva pensarci prima a sostenerlo, e ora dovrebbe ripararvi ben altrimenti, mi pare.

Scrive ora che vuole andare a Messina per conto suo; per conto suo vada pure; ma prima (è) bene che egli sappia che una sua lettera non fu distrutta, il ché io volevo fare dopo i suoi Esercizi per trovarlo più disposto, - sarà però sempre un grave dolore vederlo andare incontro alla sua condanna, poiché io dovrei allora, mio malgrado, riconsegnare al Signore, che egli vuole querelare (che è poi anche il padre della donna) quella tale lettera perché esso possa difendersi, e dimostrare che non ha inteso affatto calunniare, ma bensì con ogni correttezza, pure prudenza e carità ha cercato di impedire uno scandalo, avvertendo chi doveva. La cosa non era nota che a tre persone, me compreso; se il Don A. ubbidiva, e veniva a Tortona, nessuno avrebbe saputo il motivo del suo trasferimento. Egli volle, malgrado la proibizione, tornare a Messina, a provocare sottoscrizioni e a propalare lo scandalo e fece male.












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Codesto povero figlio va troppo con arti umane, ma la mano del Signore si ritira dalla sua testa. Perdoni V. E. lo sfogo.

Scusi che Le scrivo così alla meglio: sono molto stanco e non ho comodità di scrivere.

Preghi per me e mi benedica. Faccia più bene che potrà ad A. e Le sarò ognora riconoscente.


Dev.mo Don Orione