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[Minuta di copia manoscritta con correzioni di Don Orione]

Ah, sono i Papi che hanno chiamato gli stranieri!

Ma qual Papa chiamò Attila? Qual Papa chiamò Genserico? quale Papa chiamò Recimero? quale Papa chiamò Odoacre? quale Teodorico, quale Alboino?

Che ebbero a fare i Papi con costoro? Benché, sì, o Signori, ebbero a fare e molto.

Quando Attila giunto là dove il Mincio si unisce sbocca al Po, minacciava passare quel ultimo ostacolo e gettarsi coi suoi Unni sulle terre di Roma che nessun esercito difendeva, che vanamente avrebbe tentato salvarsi colle scarse schiere che a stento venivano raccogliendosi e racimolandosi nell’estrema Italia, trovossi dinnanzi la augusta maestà di Papa Leone e i primi barbari che scorressero e devastassero le terre italiane fermaronsi dinnanzi ad un Pontefice.

I Vandali di Genserico non ebbero incontro un Papa ai confini, ma lo trovarono a Roma nella vinta Roma, già punita dei suoi delitti, senza manto e senza scettro, colla porpora sozza di fango e di sangue e lacera tutta.

Roma non poteva essere salvata; Genserico aveva sentito in se stesso un arcano impulso, che spingevalo contro il popolo col quale Dio era irritato; Roma doveva rovinare e rovinò; ma le sue reliquie, le sue vergini, i suoi vecchi, i suoi fanciulli, ebbero salvezza nelle chiese, dove il Pontefice li protesse, dacché più veruna umana forza non valeva a proteggerli.

Vivi applausi.

E nel succedersi di barbari che sulla terra infelice gittavansi come sopra facile preda e fra loro contendevansene le lacere vesti, sorsero altri Papi non a chiamare stranieri, ma a ributtarli, a salvare almeno gli ultimi resti della Romana libertà.

Gregorio Magno ed i suoi successori difesero l’Italia abbandonata da tutti e cacciarono i Longobardi cacciarono dalle vicinanze di Roma, e con modi invitti di mirabile costanza tennero alto l’onore, la libertà, la indipendenza di Roma, di quella Roma, della quale a gran diritto potevano dirsi secondi fondatori, di quella Roma, che senza di loro sarebbe caduta in mano a barbare genti, che invano moderni scrittori fingono civili, che barbare mostravansi restarono assai tempo ancora dopo Astolfo e dopo Desiderio che barbare mostravansi allora nelle spesse slealtà, nei tradimenti continui, nelle ingiuste leggi alla romana libertà infensissime!

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I Papi chiamarono gli stranieri! Sì, uno straniero fu chiamato dai Papi, ma non fu chiamato a signoreggiare Roma, fu chiamato dai Papi ma a proteggerla; non fu chiamato contro gli Italiani, ma a loro difesa.

A Quiersy, dove un gran Papa pellegrino [si recò] a chiedere il soccorso di un gran principe, non si raffermò la servitù dell’Italia, sì la libertà di Roma; l’Italia non mutò catene, ma respirò, chiamando sopra di sé la protezione di chi la conservasse indipendente nell’ultimo angolo non calpesto ancora dai piedi de’ nordici conquistatori; a Quiersy, Stefano chiese ed ebbe la salvezza di Roma, e Roma restò italiana e non divenne barbara, perché Pipino, ad istanza di un Papa, la coprì del suo scudo.

So bene, o Signori, che anche questo fu apposto a colpa dei Papi; però che strana sorte dei Pontefici è venire accusati se salvano Roma e se Roma si perde.

Se essi avessero aperte le porte di Roma ad Astolfo od a Desiderio, sarebbesi gridato contro i traditori, che l’ultimo asilo della romana libertà vendevano ai barbari, - cacciarono invece i Longobardi e gridossi contro di loro perché impedirono che l’Italia si formasse unita, né badossi che unita sarebbe stata nella servitù non in altro, e che per fare italiani i Longobardi occorreva l’opera di Carlomagno, il quale uguali ridusse le genti dimoranti in Italia e uguali le leggi: romana, longobarda, e franco in un popolo solo. affratellando, nella uguaglianza dei diritti, vincitori e vinti, Romani e Longobardi.

Che col venire di Carlomagno venne, propriamente parlando, nuova signoria sulle genti italiche; il regno anziché da re Longobardi violenti come Astolfo, perfidi come Desiderio, nemici sempre della gente romana, fu retto da Carlomagno, che le leggi romane da barbari distrutte, rimetteva in onore, che libera lasciava Roma, e largo tratto di paese già dai barbari acquistato, al solo erede della romana autorità restituiva e da questo erede, Vicario di Cristo, re di Roma e capo vero delle genti cristiane, in certo modo dipendeva, detto patrizio prima, poi imperatore, non a titolo di signoria, ma a titolo di difesa della Chiesa di avvocato del Pontificato di spada della Santa Sede,

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di cooperatore potente alla nuova, immensa opera di resurrezione civile e di restaurazione universale che i Papi cominciavano e per la quale la terza volta Roma fu legislatrice dell’universo. (Applausi).

Che il sacro impero nuovamente fondato dai Papi non rispose alle speranze romane, ne’ durò molto ad essere difesa, e presto anzi divenne ostacolo della Chiesa, quella non fu colpa dei Pontefici, i quali ad ogni modo ottennero con quel grande concetto di frenare i nuovi barbari; che oltre le terre germaniche minacciosi commovevansi.

E colpa di principi italici fu il corrompersi dell’impero, colpa di principi avversi ai Papi che colle armi contesersi le terre e la corona italiana e furono causa che la stirpe Sassone scendesse dalle Alpi e con Ottone 1° cominciasse l’impero a tenersi dagli Alemanni, non solo incapaci di intendere il grande concetto Papale, ma a questo avversissimi, sì che a stento la Chiesa, tutrice della libertà propria e di quella d’Italia, a costo di lunghi dolori poté salvare, se non sempre la signoria, almeno il diritto pontificio ed italico dalle nuove usurpazioni straniere.

Non furono dunque i Papi a chiamare gli Ottoni, furono le discordie, le ambizioni, i delitti dei principi italiani, Longobardi o franchi di origine, e quando i Papi posero sul capo dei Sassoni la corona caduta dalle mani dei degeneri successori di Carlomagno, non diedero nuovi diritti né sottoposero agli Alemanni i popoli italici, ma cercavano salvare la indipendenza romana e le ragioni del regno tennero divise da quelle dell’Impero, fatalmente unite poi non già dal valore dei Papi, ma dalle circostanze, dalla prepotenza, dalla fortuna altrui. (Sì, di generale approvazione.)

E qui la storia, o signori, non deve dimenticare quei Papi che l’ira straniera e la vile adulazione di Liutprando e di altri disonesti istorici cercarono coprire di fango;

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difensori delle ragioni romane ed italiane, que’ Papi meritano onore e gratitudine e i loro nomi devono francamente indicarsi anch’essi come risposta a chi con vecchia ingiustizia accusa i Pontefici di avere chiamati gli stranieri, e di avere a loro tradite le terre e le regioni d’Italia.

Ma chi non sa, o signori le eterne pagine onde la storia confonditrice della calunnia ha ricordato e ricorda la lotta gigantesca fra il Papato difensore -