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[Copia dattiloscritta da volume]
Roma, 20 Giugno 1911.
Monsignore carissimo,
Nell’augurarmi che questa mia vi trovi in ottima salute insieme ai vostri, mi piace dirvi qualche cosa degli affari nostri, dico nostri poiché se l’affare è tutto a mio riguardo devesi a Voi che tanto interesse per me spiegate.
È stato qui di ritorno Don Orione: il suo abboccamento col Santo Padre e forse anche le vostre inviate a Monsignor Scapinelli hanno fatto qualche cosa.
Il Santo Padre ne rimase impressionato della risposta che il Vicario mi aveva dato come incaricato dal Papa senza che ciò fosse vero.
Il Faberi, giorno del Corpus Domini si è recato dal Santo Padre, si è parlato di me e si finì con la parola del Santo Padre dia a D. Zumbo il celebret. Queste parole furono accompagnate da altre, poiché il Faberi si è risentito ed avendo dal Papa appreso che le buone notizie a mio riguardo le aveva assunte da Don Orione ebbe a dire: quel Don Orione potrebbe pensare ai fatti di Messina.
Ciò Don Orione lo seppe da persona confidente del Faberi che me non conosce. Non ostante ciò il Faberi, saputo dell’arrivo di Don Orione lo mandò a chiamare e jeri Don Orione ci è stato.
Subito il discorso cadde su di me.
Il Faberi anzitutto gli fece capire che lui da Messina può vedere Reggio ma non Roma e conchiuse col dire io faccio quel che vuole il Santo Padre, però... A queste parole Don Orione soggiunse: E Lei non sa che il Santo Padre con autografo promise di dargli una sistemazione? A queste parole rimase colpito e con rabbia disse: Non capisco come il Papa si comprometta così!
Capite, caro Monsignore: questa gente si crede superiore al Papa e vorrebbe che fosse prima consultata! Son cose da non credersi, eppure sono vere e ci passano per le mani.
Ero deciso di lasciare Roma alla fine del corr. però Don Orione mi ha consigliato di scrivere alla fine del mese una lettera in termini deferentissimi a Mons. Faberi per avere rinnovato il celebret onde vedere come si comporta, per informarne se è il caso il Santo Padre.
Ciò farò verso la fine e ne conserverò la minuta. Quello che avviene in Roma già lo sapete, ignorate ciò che si fa a Raggio contro di me.
Lo stesso Don Orione mi ha confidato che la combriccola Arcivescovo Dattola e Albera fa di tutto per demolirmi e la bile la fanno anche arrivare a Roma, al Vicariato.
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Come e dove abbia potuto avere queste notizie Don Orione non sono riuscito a farlo spiegare. Seppe qualche cosa al Vicariato? ovvero attinse a Reggio le notizie?
Di Reggio mi ha detto una sola cosa che fa vergogna a chi lo ha pensato e a D. Albera che si permise di esprimerla. Nientemeno gli si fece rimprovero a Don Felice perché mi aveva alloggiato per due sere a San Prospero, quando nella p. p. Pasqua mi sono recato a Reggio per la nota causa con Marciano. Chi mai avrebbe pensato a tanta meschinità di animo: gli stessi Padri rimanevano male perché non mi fermavo a pranzo con loro e qualche sera ho dovuto contentarli.
Un atto di gratitudine di quei padri, dico di gratitudine, poiché oltre il lavoro fatto a San Prospero ho lasciato anch'io alla Casa qualche pezzo di mobile che non era certo da buttarsi.
Se ciò non l’avessi saputo da Don Orione non l’avrei creduto; come mai avrei pensato che Don Albera potesse accettare tale incarico.
Il mio dubbio, che qualche volta vi affacciai della poca lealtà di Don Albera nei riguardi miei, vostri con l’Arcivescovo era fondato.
Solo una ragione di delicatezza mi imponeva di tacere.
Del resto ride bene chi ride l’ultimo e questo dovrò essere io.
Accettate intanto i miei più affettuosi saluti che estenderete alla Pia e Vittoria e credetemi sempre
Vostro d. amico G. Zumbo
Roma 20 giugno 1911
P. S. Quando vi farete una scappatina per Roma? prima di lasciare questa Città vorrei rivedervi.
[L’originale si trova presso il Rev,mo SIGNOR RETTORE DEL SEMINARIO DI REGGIO EMILIA. In Archivio è presente la fotocopia dell’originale]