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[Copia dattiloscritta da volume]

Messina, Collegio Pio X.

21 dicembre 1911,

Monsignore Rev.mo


in primo luogo voglia gradire gli auguri più cordiali per le feste imminenti.

Io non ho mai avuto modo di dimostrarLe quanto e come profondo sia l’affetto che Le professo, però son certo che Ella sin dal primo giorno compreso e ricambiato. Ed è perciò che scrivo anzi parlo a Lei a cuore aperto, sicuro di far breccia nell’animo suo tanto buono, trattandosi poi di cosa tanto giusta.

Dal caro Avv. Mazzucco, in uno sfogo confidenziale ho appreso le sinistre impressioni provate da V. E. per l’incresciosa vertenza tra il Cav. Freni e il Vicario Generale. E ne sono dolentissimo. Certo se V. E. avesse saputo che nella mia qualità di assistente ecclesiastico della Direzione Diocesana ho dovuto per qualche tempo avocare a me anche l’assistenza della “Pro Zancla” V. E. me ne avrebbe parlato e tra noi due avremmo accomodata ogni cosa.

Ora mi permetta di parlar chiaro e con quella piena confidenza che si deve a chi si ama.

Premetto che ignoravo completamente il passo sconsigliato dato dal Cav. Freni in quest’occasione e subito ne lo ho acerbamente rimproverato come un anno e mezzo fa lo rimproverai di quella mezza minaccia di laicizzare la palestra, parole del resto, perché egli ama troppo N. Signore per pensare ad una cosa simile neppur lontanamente.

Ma è così fatto. Lavora, lavora per il bene e con retta intenzione ma guai a impedirgli le sue opere.

Ora, per dirLe tutto, l’ultimo tratto, (non voglio definirlo: certo né V. E. né io lo avremmo fatto) usatogli da Mons.r Orione l’ha eccitato come la goccia che fa traboccare il vaso.

Costa a me che Don Orione non ha mai ben vista la “pro Zancla” e (cosa che da lui non mi sarei mai aspettata) a parole e a fatti l’ha avversata. Sosteneva invece la “Messana Nova” di D. Farina, una società che i Superiori Salesiani hanno creduto, e giustissimamente, opportuno di sciogliere.

Chiamava il parroco di Sant’Antonio a rendergli conto se egli ne fosse l’assistente e in lui trovava un povero messere che gli faceva non so che dichiarazioni, quando egli, è vero, dopo essere stato nominato e confermato dall’Arcivescovo, aveva la piena abitudine di non recarsi mai in palestra. Ed ha avuto sempre la tendenza di impossessarsi di questa.


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Per evitare nuove complicazioni io accettai da Monsignore di supplire l’assistente ecclesiastico.

Vorrà ora V. E. provocare una misura che più che la “Pro Zancla” ferirebbe e mi obbligherebbe a lasciare Messina e questa volta irrevocabilmente? Parlo a cuore aperto: D. Orione va dicendo che i gesuiti gli fanno la guerra! Forse anch’io sono per lui un pruno agli occhi. E Sapesse (il) dispiacere che mi hanno dato or è poco tempo i suoi padri!

Io ed altri abbiamo avuto il grave torto di difenderlo; ora non saprei farlo più.

In città, - creda a chi non saprebbe ingannarla, - è troppo mal visto: alla generalità dei buoni per la guerra che ha fatto in diverse occasioni a S: Eccellenza e per l’intimità di che onora coloro che gli sono ostili; alle persone serie per il credito di cui si millanta presso il Santo Padre, - presso coloro che hanno bisogno del l’opera sua perché ora li maltratta, ora promette e non ottiene. Solo la severa mano dell’angelico Mons.re ha potuto sostenerlo contro l’avversione di tutti.

Non dico poi, tornando al fatto, che il danno fatto al muro (e che in qualunque altro caso sarebbe stato giustificato) fu, credo, mostrato a V. Eccellenza con tinte assai rafforzate mentre si riduce ad una bazzecola. Ma ad aggravare ci vuol così poco!

Sia detto poi proprio all’orecchio di V. E. il più gran male lo hanno fatto a lui nella stima di taluno (ed in particolare del Cav. Freni) alcuni suoi confidenti: hanno detto e dicono di lui cose che lo mettono in cattiva luce, accusandolo di vacuità, di stravaganze e di un mondo di altre cose poco belle...

V. E. dall’ordine poco ordinato di questa mia rilevi con quale abbandono Le parlo.

E conchiudo: non per il Cav. Freni ma per quei poveri figliuoli e un pochino per questo suo servo ed amico, lungi dall’esercitare un rigore che non è proprio del suo cuore, volga un occhio paterno a quella società che è la sola che finora ci abbia dato qualche buon frutto e un po’ di consolazione.




















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È il sup. P. Calvi che glielo chiede e domanda lui scusa se la azione del Freni potè sembrare poco rispettosa verso l’autorità.

V. E. mi deleghi per un momento la sua autorità morale e vedrà che risciacquata saprò fargli.

E basta.

E dire che la prima volta che Le scrivo (e ne avevo un desiderio matto, dacché Le sono affezionato davvero!) devo intrattenerLa di simili beghe!

Mi perdoni e se La ho annoiata, creda che non l’ho fatto apposta.

Nuovamente a V. E. auguri infiniti, a me una sua preghiera.

Dev.mo suo


P. Ferdinando Calvi S. J.


[L’originale si trova presso il Rev.mo SIGNORE RETTORE DEL SEMINARIO DI REGGIO EMILIA. In archivio è presente fotocopia dell’originale ]