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[Da Bozze di Stampa, con correzioni di Don Orione]
Università Popolare
Conferenza Arcari
Bisogna
dire che no si va solo di bene in meglio ma di successo in successo.
Il I° Marzo, abbiamo avuto la annunciata Conferenza su Giovanni Papini, tenuta dall'esimio scrittore Professor Arcari, della Università di Friburgo. Tutta Tortona intellettuale era là, attratta da nome dell'Autore della “Storia di Cristo” e del celebre Conferenziere.
Le
Autorità erano pure al completo,
cominciando da mons. Vescovo e da l R. sottoprefetto.
Ci ha fatto piacere notare un folto gruppo di operai come possiamo
ben dirlo
tutto il Corpo Magistrale della città.
Il
conferenziere venne presentato, con parole elevatissime, dall’Egr.
Cav. Prof. Boffi, Preside Benemerito del R. Ginnasio, che si disse
orgoglioso di porgere a nome dei presenti a scrittore tanto eminente,
che in Italia e all'Estero sa
tenere sì
tiene
sì
alto l'onore della Patria, il saluto più fervido e augurale.
La
presentazione che non poteva essere più felice, venne coronata d
applausi.
Il Comm. Arcari seppe per un'ora e mezza, con parola elettissima, tenere avvinto il pubbliche che gremiva l'ampio salone, e che seguiva l'oratore con unanime consenso, sottolineando di applausi i passi più toccanti.
Ci
è impossibile riassumere la smagliante e dotta conferenza.
L'Arcari
si disse lieto dell'invito e si dichiarò argutamente anatomista,
prevenendo però l'uditorio che non avrebbe avuto a trovarsi innanzi
a scene cruenti. Ma egli vivisezionò il Papini con fine analisi di
studioso e di pensatore, attraverso le varie fasi onde il pensiero o,
meglio, l'irrequietezza intellettuale e morale dell'Autore
della “Storia di Cristo” è passata. Dalla fanciullezza umile e
poverissima all'avidità del giovanetto che lascia il pane per il
libro, che più dai libri beve e
più ha sete
più ne è sitibondo, e tutta la vita sua sente quando entra la prima
volta in una Biblioteca, ove
per altro subito comprende di esser qualcosa di più e di meglio di
quei libri
ce
lo mostra
a sedici anni quando
già si sente in forza di catalogare il suo sapere di por mano ad una
nuova enciclopedia. E l'Oratore ci mostra
rivela
nel giovane Papini l'autodidatta per eccellenza, e il bisogno
prepotente che ha di affermarsi al pubblico. E eccoci alle monellerie
letterarie della sua giovinezza. È il Papini dei paradossi che va
schiaffando e picconando le celebrità
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indiscusse
dei grand'uomini, e buttando
in
Arno gli idoli per
pur
di
fermare l'attenzione di chi tarda ad accorgersi di lui.
Di qui le tesi diametralmente opposte ai canoni delle scienze e delle lettere: di qui gli articoli feroci pur contro quanto vi ha di gentile, la dannazione a morte de “l'eterno femmineo”, e le frustate sanguinose che non risparmiano famiglie intere di letterati e sistemi che parea dovessero esser le basi indiscusse e granitiche del pensiero e della cultura moderna.
Ma dalla monelleria, passò l'Arcari, a presentarci il Papini nel secondo periodo della sua vita: nel suo toscanesimo mordace, scontento di sé e di altrui.
Un
senso di tristezza dolorosa lo anima
invade
e tutto gli si dipinge fosco, pur tra le bellezze e l'arte della
Toscana, ove l'Arno non gli par abbia acque materiali
bastevoli
a potercisi buttar entro e scomparire senza impantanarsene.
Lo
spirito di
lui
gli è torbido; tutta la vita sua non ha pace nelle lettere, non si
sazia della scienza, non della filosofia di Hegel che pur è riuscita
a ammaliare Croce e Gentile, ma va, sitibonda di un bene che non è
terreno, in cerca di riposo e di vita in quella “verità che tanto
ci sublima”. Siamo alla terza fase: al 909. Già lacerate le fasce
del sensismo, la mente di Papini si sottrae alle spire dell'errore
hegheliano e lancia agli dei del pensiero filosofico la sfida di
Geova nel superamento della religione sulla filosofia da le nebbie
rosate.
E
siamo all’“Uomo finito”. Ed è qui che in Papini ci si comincia
a sentire il palpito della vita nova e dell'uomo nuovo. È un
credente ma
a metà: un intellettuale che guarda e vede le stelle non ancora
spente. Ma
Pur
il cuore per essere tocco da quella luce vorrà ben altri dodici
anni. Da
quella luce però e dall’intelletto e da cuore di Papini sboccerà
Poi
avremo
la “Storia di Cristo” uscita solo nel 21.
Qualunque possa individualmente essere il giudizio sull'Autore di essa, la “Storia di Cristo” non lascia perciò d'esser un monumento di prim'ordine: monumento d'arte, monumento di forza morale e cristiana, monumento di luce sì altamente umana e divina avanti a cui non è possibile passar oltre senza fermarci e pensare. Il successo…
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...
l'Italia s’è diffusa sui paesi più civili dell’estero.
Cristo
è penetrato là donde era stato bandito: migliaia e
migliaia
di intelligenze e di cuori furono illuminati e consolati da Lui:
migliaia di anime tornarono, altre molte sono sul sentiero del
ritorno verso Cristo e la Chiesa.
La
lotta che, per arrivare a Cristo, il Papini ha sofferto e
vittoriosamente vinto è la lotta stessa dell'umanità: tutti noi
in
lui
abbiamo sentito qualche cosa di noi stessi nella
sua diagnosi
abbiamo anelato in
quella ora in cui Arcari ci poneva dinanzi
nella
elevazione e vittoria radiosa del Papini, elevarci ancor noi nella
luce e nella vita di Cristo.
Inutile dire che un'ovazione calorosissima ha salutato la chiusa della dotta Conferenza che segnò per la nostra Università Popolare un vero e nuovo trionfo. Il Comm. Arcari si ebbe meritati complimenti da S. E. Mons, Vescovo, del Regio Sotto Prefetto e da tutte le distinte personalità che onorano del valido appoggio e di loro presenza l'Università Popolare.
L. A.