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[Minuta]

Parrocchia di Ognissanti

via Appia Nuova,

126 Roma (40)

Si trattasse solo di martellare me stesso, sento, per la divina grazia che m’assiste, che già l'avrei già chiusa quella chiesa. Lo farei anche solo per far passare e gioie qualche momento di soddisfazione, non dirò dei a secolari avversari nostri (benché, viva Iddio! anche ad avversari e a nemici pure lo farei) ma a dei Sacerdoti di Gesù Cristo, miei fratelli, pur non potendo consentire con Loro, e anzi disapprovandoli entro di me dovendo, entro di me, disapprovarli per coscienza, poiché mi troppe prove ho per non esser dolorosamente convinto che non è per zelo e bene dei Sacri Canoni né delle anime che ci si vuol chiudere anche la chiesa dello stesso Collegio di S. Giorgio: no, Eccellenza, non è zelo secundum scientiam I. Christi che li muove; ma purtroppo mi pare miserabile e oscura ragione bottegaîa, e anche altre basse passioni livide e farisaiche, che fanno loro l’occhio nero, e, Dio non voglia, l’anima nera. Questo scrivo perché so, e unicamente e tanto per non parer tonto, pur nell’atto che sto per compiere ad occhi aperti, e pieni di un’alta luce.

Ed è che, malgrado tutto, non è nel torbido in quella bassa e morta gora che mi voglio andrò a perdermi, ma voglio umilmente alzarmi elevarmi e vivere nella carità vera e affocata di Gesù Cristo.

Poco m'importa vincere di qui, anzi meglio perdere nella valutazione umana di qui, pur di vincere la partita su di me, tenere la piccola Congregazione sulle vie della umiliazione e del patire con Cristo, e badare a vincere la partita pel di là.

E ne sia benedetto Iddio, ché questa è vera grazia sua sulla miseria mia.

Vostra Eccellenza mi disse, leggendomi la lettera di D. Scarani, Vicario Foraneo di Novi Ligure, che, in merito alla richiesta chiusura della Chiesa del San Giorgio, avrebbe consultato i Canoni. Tornato a casa, ho creduto anch'io far esaminare la posizione, e da un amico stesso del Don Scarani, da Don Vittorio Gatti, sapendolo sacerdote riservatissimo, imparziale e capace.        
















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Gli ho raccomandato anzi di mettersi più dall'altro punto di vista che dal nostro, e di non badare alla tegola della Divina Provvidenza sotto cui egli vive. Raccomandazione che era doverosa per me, - per lui del tutto, superflua, poiché tutti sanno la sua dirittura morale.

Dopo aver consultato Codice e Autori, egli mi assicurava che c’è ogni più indiscusso diritto di poter tenere aperta quella Chiesa, e farvi le funzioni che vi si fanno, e anche altre, se si volesse, che non si fanno e che non si faranno mai, pro bono pacis.

E altro aggiunse altro, che mi parrebbe venir meno a sentimenti di delicatezza il ripetere. Mi ricordo poi anche di