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[Da copia dattiloscritta - l’originale trovasi presso Giulio Piccardo a Sora]
Anime e Anime!
San Severino Marche, il dì XVII Ottobre 1924.
Caro Giulietto,
Grazia e pace da N. Signore!
Ricevo qui la tua dell’ 8 corr.. Con aperto animo, scrivo a te quanto scriverò oggi a D. Sterpi che mi ha trasmesso la tua, perché faccia edotti i tuoi fratelli Gigi ed Attilio del mio modo di sentire, e come vedo la tua situazione.
Ad essi, però, come anche a te, non vorrò mai dire di no, in tutto che è bene.
Tu puoi quindi andare a Venezia e stare con essi, o dove Don Sterpi - il quale molto ti ama in Gesù Cristo - ti destinasse per il tuo e loro bene.
Però, conoscendo il tuo carattere piuttosto leggero e poco costante e la tendenza che hai ad intrupparti più coi meno buoni che con i migliori, devo parlarti chiaro.
Per me, come certo per D. Sterpi e per i fratelli tuoi, darebbe certo un dolore ben grave se mai ci dovessimo trovare nella spiacevolissima necessità di doverti un giorno dire: abbi pazienza, vattene! Dio mio!
Caro Giulietto, pensaci adunque bene, prima di venire: non venire ad aprirmi una nuova ferita con una condotta che non fosse degna.
Rifletti anzi che tu dovrai diportarti - pure da secolare - molto, ma molto meglio che ogni altro, per molti motivi (che tu stesso devi sentire in te) - e sotto ogni riguardo.
Rifletti anche alla situazione delicata che verresti a creare ai tuoi fratelli, non tanto di fronte a me, quanto davanti agli altri Sacerdoti, chierici ed al personale che è nelle Case, specialmente dove essi sono, e dove forse verrai tu.
La tua posizione morale già eccezionalmente delicata per sé, lo diventa assai più nei rapporti dei tuoi fratelli, e di Don Orione che ti riammette con affetto.
D. Gigi e Don Attilio non dovranno mai sentirsi sminuiti o, peggio umiliati avanti ai loro confratelli o al personale dipendente da essi, a causa della tua condotta, sia religiosa che morale o altra.
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Vorrai comprendere, caro mio, che la cosa deve essere così, e meglio sarebbe non venire.
Queste brevi riflessioni desidero e voglio che siano intese dal tuo cuore, non già, e non mai come espressioni d’un animo poco benevolo o poco disposto. No: il cuore di Don Orione non cambia e non è mutato a tuo riguardo: aquae multae non potuerunt exstinguere charitatem.
Esse vengono a te, e le devi sentire come io le sento, siccome le voci del timore che ama e dell’amore insieme che trepida e teme: è il timore e l’amore del cuore di un Padre in G. Cr. ché tale io mi ero ritenuto, e so di essere stato, dal dì che la Divina Provvidenza vi ha portati tra le braccia mie di sacerdote.
E tale sento di essere ancora, e sarò sempre, anche quando il dolore mi fa muto.
E come, un giorno di grave pericolo per la tua vita, ti ho messo nelle mani della Madonna; e come ho sentito avrebbe fatto tuo padre, ti ho offerto alla SS. Madre del Signore, perché ti salvasse e ti avesse nella sua santa custodia, e da allora ti avevo preso vicino a me con particolare affetto quasi figlio non mio, ma sacro alla Vergine benedetta, e così, con lo stesso immutato affetto, ti ricevo, ti affido alla Madonna ed a D. Sterpi e ti benedico.
Porta anche ai tuoi fratelli la mia benedizione, e siate da Dio confortati e benedetti tutti e quattro.
Tuo in G. Cristo aff.mo
Sac. Luigi Orione della Divina Provvidenza
P. S. Dai i miei rispetti ai tuoi Parenti di Anitrella. Io sono qui presso il Conte Servanzi, malato grave, al quale già ho somministrato anche gli estremi Sacramenti.
Gli ho dato stanotte a bere l’acqua di Lourdes, e c’è un miglioramento, tanto che il medico due volte stamattina disse: “lo stato del malato ha del miracoloso”.
È il benefattore che ci ha dato lo stabile dove qui abbiamo aperto l’Istituto Artigianelli, e gli avevo promesso di assisterlo nell’ultima malattia. Prega anche tu per Lui, che ci ha fatto del bene.