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[Da copia manoscritta - scrive Don Lighenza]
Copia
Messina, il 28 Luglio 1912.
Caro Benedetto,
ho ricevuto ieri sera lettera da Tortona, la quale, benché non iscritta e neppure firmata da te, tuttavia, trattando essa di cose tue e dei nostri interessi, e avendo a firma il nome tuo, debbo supporre essere stata realmente fatta per tuo incarico, onde non indugio a risponderti.
Caro fratello, non desidero di meglio, né mai, dalla morte di nostra Madre, nulla ho più vivamente desiderato, che si facesse quella benedetta divisione. Se ad essa finora non si addivenne, è perché tu ed Alberto, il giorno dopo la morte della Mamma, avete stabilito che prima si vendesse la casa, ed io acconsentii, per farvi piacere. Dopo i primi mesi, persuadendomi che non sareste riusciti a realizzare la somma che si sperava, affinché la divisione potesse con la maggiore sollecitudine effettuarsi, vi ho detto, e ricorderai che te lo ripetei più volte sino alla morte di Alberto, che io vi dava la più ampia facoltà di vendere la casa, per qualunque prezzo voi altri due avreste stimato bene. Ciò non ostante voi altri non avete mai trovato da venderla per un prezzo che vi soddisfacesse. Se, dunque, la casa non fu peranco venduta, e la nostra divisione quindi non si è fatta, tu bene sai che io non ci ho colpa.
Quando
la povera nostra Madre morì, vi ho messo sul tavolo in tutta
coscienza sino all’ultimo straccio: degli utensili e della
biancheria della nostra famiglia ho
avuto ciò che avete creduto di lasciarmi,
né mi sono lamentato mai. Non essendosi effettuata la divisione del
denaro e della casa, vi ho anche consegnato quel mio chirografo, che
aveva fatto alla mia
Mamma, perché in caso di mia morte, ve ne foste valsi verso il mio
erede (il quale è anche firmato con me in quel chirografo), dato che
la nostra divisione non fosse avvenuta prima del mio decesso. Che
poteva fare di più?
- Alberto serbò quel chirografo col mio e col tuo consenso, e finché
rimase a sue mani, non se ne fece mai nessuna pubblicità. Questa
cominciarono proprio la mattina dopo i
suoi
funerali, quando sei corso a Voghera
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alle cinque di mattina e, come mi riferirono, egli non era ancora interrato, che sei andato a rovistare nelle sue carte, facendo andare a casa la Cognata, malgrado si trovasse in quello stato che tutti abbiamo veduto; e ciò si è fatto mancando per lo meno di delicatezza, senza nulla dirmi, mentre in quelle carte c’erano interessi comuni a noi ed ai nipoti, così ché, chi me ne riferì, mi disse anche di avere dovuto pensare che io fossi stato consenziente a quegli atti, mentre io ignorava tutto, e seppi da estranei che il chirografo era passato a tue mani. E fu subito in quei giorni che si volle trovare del male anche in quell’atto mio di avervi consegnato il chirografo, mentre il mio modo di trattarvi avrebbe dovuto mostrare la mia onestà e rettitudine.
Né varrebbe dire che dalla somma a chirografo, dopo la morte della Mamma, non corsero interessi, perché non effettuata la divisione, gli interessi che si riferiscono alla eredità indivisa, corrono in comune; tanto che della nostra casa ti eri incaricato tu di ritirare gli affitti, mentre io ho sempre continuato a pagarne le tasse. Che se, a mia insaputa, hai poscia voluto levarti il disturbo di trattare coi fittabili, e ne hai ceduto ad Alberto l’incarico, che c’entro io? Quando venni a conoscenza di ciò, non dissi nulla, poiché per me l’uno o l’altro che amministrasse, faceva poi lo stesso. Vuol dire che, addivenendo alla divisione, ciascuno avrebbe messo fuori ciò che aveva ritirato: ciò che aveva speso: ciò che poteva avere di comune; così era stabilito.
Ora che sventuratamente il povero Alberto è morto, prima che la divisione siasi fatta, e lasciando quattro minorenni, devi persuaderti che detta divisione deve farsi per legge. Né io, con tutto l’affetto grande che ti porto, mi potrò prestare mai ad altra divisione accomodatizia, essendovi di mezzo dei pupilli.
Penso che, se anche io rinunciassi a tuo favore la eredità, - a parte l’ingiustizia che farei a quei quattro bambini, - ci sarebbe, dopo, qualche mala lingua che non lascerebbe di metterti su contro quei quattro innocenti; e, finito con me, si comincerà contro di essi; è bene che si abbia a fare con me. Di quanto la legge mi darà, farò ciò che la coscienza serenamente e cristianamente mi detterà, e lo farò con amore di fratello; ma non è il caso di fare lamentele anticipate.
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Io voglio la divisione. E si inganna a partito la persona che credesse intimidirmi o esercitare pressione al riguardo: non sono uomo da subire siffatte pretese e da turbarmi per le volgarità di certe lettere anonime, che pure pretendono di dettarmi legge in fatto dei nostri interessi. Esse non solo non giovano al fine per cui sono dirette; ma, se un effetto ottengono, sarà proprio il contrario di ciò che vogliono.
Mi
spiegherò più chiaro. Contemporaneamente alla tua gradita lettera,
colla stessa posta e colla stessa data a timbro di Tortona, con busta
uguale ed uguale calligrafia di indirizzo, mi giunse pure una lettera
villana, senza firma, si capisce. Bada, caro mio Benedetto, che io
sono ben lontano dal supporre che tu sia a conoscenza di simili
bassezze: ben
altra educazione ci ha dato la
nostra Madre!
Ma, vedi, caso! In essa lettera, si parla, per diritto e per
rovescio, dei nostri interessi, si parla della somma del chirografo,
ecc. - con insulti ed oltraggi volgarissimi che non mi toccano, ma
che sono degni di una persona che pare abbia voglia di andare a
finire in galera. Vedrò ciò che dovrò fare a tutela del mio buon
nome, ma sono risoluto a dare una lezione tale da mostrare a certa
gente che non sempre impunemente si attenta all’onore del prossimo.
Sarà bene, caro Benedetto, che si addivenga subito alla divisione, o
al più presto possibile, anche per sistemare la posizione dei
nipoti.
Io tengo a questo scopo a Tortona un procuratore legale, che è Don Sterpi, col quale potrai intenderti facilmente in proposito, data la mia lontananza.
Ti ringrazio della tua lettera e sta tranquillo che, malgrado i dispiaceri che ho passato dopo la morte del nostro Alberto, sono sempre il tuo aff.mo
Luigi