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Che cosa fece l’Arcivescovo e il clero
Tra le rovine, che seminarono la morte nella ridente città, spirò come un alito di vita per il pronto, energico, efficace intervento dell’Arcivescovo e del Clero. Nei primi terribili momenti l’Arcivescovo corse in aiuto dei suoi Chierici, dei quali parecchi furono trovati morti sotto le macerie, parecchi gravemente feriti: coi superstiti, che diedero prove ammirabili di coraggio, poté sottrarre molti sepolti vivi sotto le macerie. Nel suo Episcopio, divenuto l’unico grande rifugio dei feriti e dei bisognosi, egli accolse quanti più poté, circondandoli delle cure più tenere. Accompagnato dai suoi Sacerdoti e dai Suoi chierici, Egli percorse tante volte la distrutta città, confortando i vivi, assistendo i moribondi, benedicendo i cadaveri, cooperando al lavoro di estrazione degli infelici rimasti sotto le macerie, battezzando i neonati. Provvide al ripristinamento del culto, deputando i Sacerdoti a celebrare e amministrare i Sacramenti nei vari posti dove i superstiti s’andavano raccogliendo. E così sulle rovine, in diversi punti, tra i singhiozzi indarno trattenuti, tra le calde lagrime dei presenti, fu vista levarsi l’Ostia di propiziazione e di pace; così il silenzio di morte, che regnava sovrano sulle macerie inerti, fu rotto dalla voce del Sacerdote annunziante la parola di Gesù, quella parola che sola poteva gettare un po’ di luce, portare un vero conforto tra gli orrori dell’immane disastro. E lo stesso Pastore, sulle macerie, spiegava il Vangelo, e recitava coi suoi fedeli il Rosario. L’Arcivescovo, con una costanza singolare che ad alcuni parve audacia, non ostante gli inviti e le insistenze fatte da ragguardevoli personaggi, non volle abbandonare il suo posto. Ormai é nota a tutti quella risposta che solo la grandezza del suo Cuore e l’affetto più che paterno per i suoi figli in G. C. potevano suggerirgli: “Finché resterà un Messinese, io resterò qui; quanto tutti saranno andati via, l’ultimo ad uscire sarò io.”
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Egli impedì la completa distruzione di Messina, decisa dalle Autorità, salvando così tante vite umane dalla minaccia del cannone che lo avrebbe spente sotto le macerie, donde esse già aspettavano una benefica mano salvatrice, e da un esilio che sarebbe stato fatale quanto il terremoto. E in mezzo ad un lavoro così molteplice, così febbrile, così vario, così febbrile, egli non trascurò il disbrigo degli affari della vasta Diocesi, devastata anch'essa in gran parte dal terremoto, e con una forza, che solo un profondo sentimento della sua grave missione in quel terribile frangente e un aiuto speciale del Signore potevano infondergli, sostenne le più gravi fatiche, i più grandi sacrifici.
E attorno a Lui, come a un faro luminoso da cui s’attingeva luce e forza, il Clero superstite, secolare e regolare, diede le migliori prove di carità e d’eroismo. I Carmelitani P. Alessi, P. Tornatore P. Lo Giudice, per metà ignudi, con la sola forza delle loro braccia trassero a salvamento quanti più poterono.
Dei Salesiani D. Farina lavorò per il salvataggio dei suoi colleghi e dei giovani del Collegio. Dei Gesuiti si distinsero tutti i Padri rimasti vivi, P. Mistretta, P. Catania, P. Franco, P. Calvi, il quale ultimo si slanciò perfino dal secondo piano per salvare un infelice rimasto sotto le macerie, E lo stesso deve dirsi dei Crociferi P. Indelicato e P. Sisto; dei Francescani P. Scotto e P. Bernardino; lo stesso delle Piccole Suore dei Poveri, delle Suore del Buon Pastore, delle Suore di Carità, delle Figlie di Carità e di altri Religiosi e di altre Suore. Fecero prodigi di valore ed hanno splendide pagine nella storia di quei giorni i Canonici Calì, Vitale, Sofio, Bruno, il Parroco Macrì, i Sacerdoti Battaglia, Briuglia, Condò, Spanò, Arena allora Diacono, e dopo pochi giorni D. Albera di Bagnorea, D. Orione - ora Vicario Generale – venuti da Roma, ed altri ancora.
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E vogliamo ricordare d’un giovane di 13 anni, alunno dei PP. Gesuiti, figlio della Sig.ra Vedova Pennisi Lella, che avendo visto sotto un muro crollante un suo compagno ferito, fattasi dare l’assoluzione, si slanciò per afferrarlo: appena usciti il muro crollò. Egli ricevette la medaglia d’argento con l’aggregazione onoraria da uno dei Collegi Austriaci.