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Il Beato Cottolengo

Il 30 Aprile sera la festa del Beato Cottolengo, un nome che è sempre accompagnato sem dalla benedizione generale di quanti ammirano la sua prodigiosa carità e il sacrificio che il Beato fece di tutto se stesso a sollievo dei poverelli.

La religione non ha bisogno di altro che di affidare alla terra un grano di senape, cui basta la benedizione del Signore per trarre da quello, in brev’ora, un albero tale sotto i cui rami vanno gli uccelli a riposare. (Matth. c. 13).

Anche Genova ha il suo Piccolo Cottolengo e, presto, piacendo al Signore, lo avrà anche Milano.

Il Piccolo Cottolengo sono centinaia d’individui che sostituiscono la famiglia della Divina Provvidenza. Essa - all’occhio della Provvidenza, quantunque siano pari quante sono sue creature - non può non prediligere i poveri, gli afflitti, gli orfani, gli infermi, i tribolati d’ogni maniera, dopo che Cristo li elevò all’onore di suoi fratelli, dopo che si mostrò loro modello e capo, sottostando anch’egli alla miseria e al dolore sino al martirio della croce.

Quanti sono gli sventurati, qualunque sia la specie di loro miserie: ciechi, sordomuti, ebeti e fatui, storpi, epilettici, vecchi cadenti, ragazzi scrofolosi, malati cronici, bambine e bambini da un anno in su, fanciulle nell’età dei pericoli: i Tommasini, la famiglia dei poveri giovanetti che mancano di mezzi per avviarsi al sacerdozio; i malati quelli che non possono essere ricevuti negli ospedali o ricoveri e che possono chiamarsi abbandonati: ecco che cos’è il Piccolo Cottolengo Genovese.

Niente impiegati, niente contabilità, che assomigli ad un’amministrazione. Nulla di tutto questo.

Tutto dipende dalla Divina Provvidenza, tanto che Don Orione neanche sta a Genova, non ci dorme mai, non ci viene che di passaggio e di fuga, perché vuole si veda che tutto dipende da Dio e che chi fa è la Divina Provvidenza e la generosità dei Genovesi.

Il Piccolo Cottolengo non ha redditi, va avanti giorno per giorno: panem nostrum

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quotidianum: il pane.

Iddio che pensa agli uccelli dell’aria e veste i gigli del campo, manda da mani benefiche il pane, giorno per giorno.

Gesù Bambino - che tiene fatta a sé stesso la carità usata nel Nome Suo e per l’amore Suo agli orfani e fanciulli derelitti o ai poveri vecchi cadenti, alle povere umili donne alle malate, ai sordi deficienti, ai s abbandonate, malati bisognosi di ricovero, di cure, ai deficienti, ai ciechi e agli im agli epilettici e infelici e a quanti infelici la cari Provvidenza del Signore e la carità genovese de’ cuori genov alimenta al Piccolo Cottolengo - benedica e ricolmi e ricolmi di grazie celesti i Benefattori.

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... essere consapevole e partecipe di una delle più delicate tenerezze della carità verso i suoi poverelli.

Il Leopardi nei suoi Pensieri (n. 110) dice che è curioso vedere che quasi tutti gli uomini che valgano molto, hanno le maniere semplici. (D. Bosco, D. Rua, D. Guanella).

Egli poi sapeva asservire agilmente il male al bene; cavar bene dal male - Insegna - Osteria del Brantatore: volta: Charitas Christi urget nos.

passò a prendere la mercede dal Padrone.

La mercede? Qual’è?

Chi sono i padroni? i nostri poveri tutti gli altri sono servi.

Nei poveri è Gesù.

Cesare Lombroso nel marzo nell’inverno del 1904 - Famiglia Eliane - lavandaie

Al Cottolengo Entrate nell’Istituto del Cottolengo e sentirete di gente che studia, di gente che prega, di gente che cura, di gente che semplicemente soffre: da una famiglia ad un’altra sovente è il tragitto di un viaggio; tanti piccoli mondi distinti, che solo si incontrano tre volte al giorno a consumare 300 sacchi di pane.