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[Da copia dattiloscritta]


Casa de Nuestra Señora de la Guardia

Iglesia de Victoria

Prog. Buenos Aires


Anime e Anime!

30 Marzo 1922


Caro Monsignore,


Ti sono in debito di molte, lunghe e care lettere, ma mi vorrai compatire. Ti ringrazio di avermi mandato Don Contardi, e misuro il sacrificio che hai fatto, e prego la SS. Vergine di ricompensartene largamente. Oggi non mi è possibile, mio malgrado, scriverti a lungo.

Mi limito a farti la biografia di un buon prete tortonese e, ricevuta la presente, ti prego di passarla a Mons. Albera, caso mai foste interpellati, onde vi sappiate regolare. Poi farete come Dio vi ispira; io ve ne posso ora scrivere, perché non vincolato al Segreto del S. Uffizio; - tuttavia la presente prego che resti segreta e che Mons. Albera, letta che l’abbia, la voglia subito distruggere. Il Can. Arturo P. avrà un 46 anni; è figlio unico, senza più sorelle, e di famiglia discretamente agiata e assai timorata di Dio. È di buona salute e di dignitosa presenza. Fu sempre, da chierico e da Sacerdote, di vita esemplarissima, distaccato dal danaro e da ogni sentimento secolaresco. Quando l’Amministrazione dell’Ospedale civile di Tortona tentò allontanare il Sacerdote e licenziare le Suore, fu messo Lui perché, col suo tatto, riuscisse ad impedire che i malati, i ricoverati e gli orfanelli ammessi a quell’opera pia, non venissero a mancare di assistenza religiosa, ed egli tanto seppe fare che impedì che l’Ospedale e le annesse istituzioni venissero laicizzate.

Fu poi mandato Direttore Spirituale al Seminario Minore e indi promosso Direttore del Seminario Teologico e fatto Canonico della Cattedrale. Non ha il titolo di Canonico Penitenziere, ma ben si può dire sia il Confessore del Clero, come delle persone più di spirito della città.















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È molto fine e prudente, e, mentre sembra tutto dedito alla vita interiore, egli riesce in ogni cosa cui pone mano, e dove altri che mostrerebbero più doti di lui in agibilibus non sempre riuscirono o non con quei felici risultati.

Ad es.: resasi vacante la Parrocchia di Redavale per morte di un Parroco più che trascurato, e dove la Chiesa era abbandonata e non per causa solo della propaganda socialista, il Vescovo mandò il Sac.te Perduca, il quale in breve rialzò le sorti di quella desolata Parrocchia. - Resasi vacante, dopo, la Parrocchia della città di Stradella, una delle prime Parrocchie della Diocesi e rocca del socialismo pavese, (dove parecchi sacerdoti s’erano fatta la guerra tra loro e anche non avevano lasciato buon nome di se, e ancora ve ne erano di condotta molto a desiderarsi), non fu trovato di meglio che mandarvi il Sac.te Perduca. Ed egli riuscì a ripopolare quella Chiesa che era diventata un deserto: fondò le Dame di S. Vincenzo, ricostituì un circolo Cattolico Giovanile, una Associazione di mutuo Soccorso, fece larga propaganda di buoni libri e di buoni giornali; la Mensa Eucaristica si vide molto più frequentata e la Dottrina Cristiana ripopolata di ragazzi. Prima di lui i preti difficilmente potevano attraversare le vie di Stradella senza sentirsi insultati o senza venir guardati con evidente disprezzo, - egli riuscì col suo lavoro continuo e con una dolcezza da S. Francesco di Sales a voltare l’opinione di buona parte della cittadinanza, e fin i soldati che erano di guarnigione ebbero istituito il loro circolo, egli riuscì a condurli tutti o quasi ai Sacramenti tra la generale meraviglia.

Avvenne un grave scandalo in una delle valli più importanti della Diocesi (Il Vicario Foraneo e Prefetto Regionale di S. Sebastiano Curone aveva dovuto fuggire, battuto di notte, per relazioni indegne; egli pubblicava un bollettino per tutte le Parrocchie della vallata e passava come dei più zelanti e fin in voce episcopabile), che mandare? Don Perduca! Nessun altro avrebbe potuto andare a quel posto, come nessun altro avrebbe fatto i risultati di bene che ottenne la prudenza e lo zelo illuminato di questo Sacerdote. Col suo santo esempio, con la sua predicazione soda, evangelica, col suo tatto di governo seppe conquistarsi la stima e il cuore di tutti e far dimenticare tutto.




















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Anzi avendo, l’Arciprete e Vicario Foraneo di Fabbrica Curone, che è a due ore da S. Sebastiano, ed egli pure nativo di S. Sebastiano, buttato l’abito e venuto ad abitare in S. Sebastiano, il Don Perduca si trovò a dover riparare anche quest’altro scandalo, ma non poté più stare in paese, e si allontanò comprendendo egli stesso che doveva fare così.

Il Don Perduca seppe trarre a se il Consiglio Comunale e il Sindaco: tutte le famiglie principali e il popolo. Creò delle opere di beneficenza e di utilità pubblica: Asilo Infantile, Ricovero di vecchi, sale per operazioni chirurgiche, Laboratori per ragazze, Ciroclo Giovanile per i giovani. Istituì le Madri Cristiane e l’Unione dei Padri di Famiglia, oppose ai giornali cattivi giornali buoni, abbonandovi le famiglie, e acquistò due case per dare stabilità a queste Istituzioni, e tutto fu pagato.

Anche là diventò il confessore dei Parroci della Valle come di molti fedeli dei dintorni. Ed egli - che è sempre in moto - porta dappertutto un’onda di serenità spirituale, e, mentre tutto fa, sa così fare che parrebbe che nulla faccia. Dà alcune ore al giorno allo studio sia della teologia che di quanto può servirgli per la predicazione ed è universalmente stimato dal clero; con cui Egli, per ragioni di Ufficio, ebbe a trovarsi più a contatto.

Temo che questa mia giunga a te e a Mg.r Albera in ritardo. Comunque nessuno deve sapere che vi ho comunicato queste notizie. In caso non occorre che discendiate molto al particolare e che si usino altre parole. Sarebbe un tipo uso Daffra, e ne abbiamo bisogno. Per la Congregazione è una perdita, perché si sarebbe fatto totalmente dei nostri, ma dobbiamo avere sopratutto di mira il bene della Chiesa.

Quando mi hai scritto, mi dicevi che, in Calabria, dopo Mons. Occhiuto, non c’erano state altre nomine, penso che a quest’ora ci sarà qualche altro Vescovo.